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Crisi


Crisi, la Cgil analizza 7 anni di previsioni sbagliate“Dopo sette anni di errori reiterati, anche per il 2015 i modelli previsionali calcolano una ripresa che non ci sarà”. Questo il secco giudizio dell’Ufficio economico della Cgil nazionale sulle previsioni diffuse in questi giorni dai principali istituti nazionali ed internazionali, impegnati a ricalcolare le stime di crescita nel nostro paese alla luce di alcune variabili esogene (quantitative easing, flessione del prezzo del petrolio, svalutazione dell’euro, riduzione dei tassi d’interesse). Secondo le elaborazioni dell’Ocse, riporta lo studio, negli ultimi sette anni il Pil italiano sarebbe dovuto crescere complessivamente dell’1.6%, dato ottenuto dalla somma delle singole previsioni d’autunno effettuate dall’istituto parigino tra il 2007 e il 2013. Applicando lo stesso calcolo alle stime che i vari Ministeri dell’economia e delle finanze hanno elaborato in funzione delle leggi di stabilità, il prodotto interno lordo della penisola avrebbe dovuto registrare un incremento complessivo di ben 5.4 punti percentuali. Numeri smentiti, ogni anno, dai dati effettivi diffusi dall’Istat: il gap previsionale, ovvero lo scostamento cumulato tra le previsioni e il dato definitivo, nel corso di questi ultimi sette anni, oscilla tra i meno 10.5 punti percentuali dell’Ocse e i meno 14.3 dei governi italiani.“Errori che in termini assoluti si traducono in un ammanco, dall’inizio della crisi, di 200 miliardi per quanto riguarda l’Ocse e addirittura di 330 miliardi di euro per i governi italiani”,  spiega il segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi.  Per il dirigente sindacale dall’inizio della crisi sono stati commessi “errori clamorosi”, che dimostrerebbero come “la metodologia di calcolo venga piegata dalle contingenze politiche”. “Per sei degli ultimi sette anni è stato replicato sempre lo stesso sbaglio: una sovrastima della crescita per l’anno successivo”, sottolinea Danilo Barbi: ma siamo di fronte ad un clamoroso errore scientifico o questo ”ottimismo per l’anno dopo” nasconde l’intento di ostacolare un dibattito sulle alternative necessarie circa la politica economica?.In particolare, lo studio evidenzia che nonostante le ripetute previsioni ottimistiche, con i ritmi di crescita calcolati, si tornerebbe ai livelli pre-crisi di crescita solo nel 2026 e di occupazione nel 2031. Anche analizzando le ancor più rosee stime del Centro studi di Confindustria, diffuse a fine gennaio, al Pil italiano, esaurita la spinta esogena, mancherebbero comunque 4.7 punti percentuale per tornare ai livelli pre crisi, da realizzare nel 2017-2018, cioè nell’arco della presente legislatura. Una crescita “irrealizzabile” secondo la Cgil “se non attraverso un Piano del Lavoro come quello che abbiamo avanzato”.