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VERSAILLES D'ITALIA


LA REGGIANon ha nulla da invidiare a Versailles, ma fino a poco tempo fa nessuno lo sapeva. L'autunno però sarà per la Reggia di Venaria l'inizio di una primavera. Il 12 ottobre l'edificio sarà riaperto al pubblico. E chi ha già visto i giardini, inaugurati da poco più di un mese, ha chiaro che dietro questo immenso restauro, che dura ormai da 8 anni, c'è qualcosa di più di una semplice restituzione. L'idea è quella di rianimare il luogo, non soltanto attraverso la sua storia, ma arricchendolo con un soffio di vitalità tutta contemporanea. Al passato si sovrappone la magia del presente che diventa una ragione di più, come direbbe la canzone. Nel caso della Reggia l'effetto speciale si chiama Peter Greenaway, al quale è stato affidato un film che riabita in modo un po' visionario sale e saloni; per lo spazio esterno il valore aggiunto porta il nome di Giuseppe Penone, esponente dell'Arte povera che quest'anno rappresenta l'Italia alla Biennale di Venezia, chiamato a far rivivere con il suo tocco poetico un percorso tra le piante. I suoi tappeti di gusci di nocciole, l'impronta del dito che vibra sull'acqua, i legni solenni e misteriosi come totem sembrano davvero far respirare i giardini, un po' come succedeva a Compton House nel primo film di Greenaway. Così, tanto per chiudere il cerchio. Dieci anni fa il complesso della Venaria Reale è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Un riconoscimento importante ma, per così dire, sulla fiducia. Perché all'epoca dello straordinario monumento non c'erano che tracce. Un lungo periodo di abbandono aveva trasformato Venaria in una rovina. Suggestiva, per carità, ma disastrata. Era stata una caserma, era diventata un deposito, qualcuno l'aveva addirittura proposta come abitazione dei senza casa. Eppure vi hanno lavorato i più importanti esponenti del barocco piemontese: da Amedeo Castellamonte al genio inventivo di Filippo Juvarra. Nonostante questo, però, sembrava un luogo senza speranza: mura scrostate, arredi volati chissà dove, giardini incolti. Oggi il complesso, realizzato tra il XVII e il XVIII secolo come luogo di svago, di caccia e di piacere della corte sabauda, viene presentato a Roma - perché è un fatto nazionale, anzi è il più grande cantiere europeo - dal ministro Francesco Rutelli, come un luogo simbolo della gestione dei Beni culturali del paese. «Quando mi chiedono qual è in questo momento la sfida maggiore che affronta il ministero io rispondo Venaria. Perché è un patrimonio enorme che ha infinite possibilità». Insomma, Venaria vuole affiancarsi a Versailles, a Schön-brunn, alla magnificenza delle regge europee, ma anche inserirsi nel contesto delle residenze storiche italiane: dalla Reggia di Caserta alla Villa Reale di Monza passando, magari, per le ville medicee: spazi nati per svagarsi, per cercare il piacere tra la bellezza della natura, il fasto degli arredi, la solennità dell'architettura. Ma c'è dell'altro. «Le residenze sabaude aspirano a diventare i nostri castelli della Loira», dice convinto l'assessore alla Cultura della Regione Piemonte Gianni Oliva. Per questa ragione sono state recuperate alcune opere perdute che resteranno qui in pianta stabile. L'esempio più eclatante è quello del salone di Diana, il cuore della Reggia: gli affreschi con le storie della dea sono stati restaurati insieme agli stucchi. Ma c'erano anche 20 tele: 10 di queste, le scene di caccia di Jan Meil tornano qui dai musei civici e i personaggi della corte a cavallo sono stati ritrovati quasi tutti. «Fino a quattro anni fa non si sapeva che fine avessero fatto - spiega la Soprintendente Carla Enrica Spantigati -, alcuni sono stati ritrovati avvoltolati in un deposito di Racconigi. Ora sono tornati a splendere». E con loro magari anche la città - cresciuta dando le spalle alla Reggia, come se fossero due entità estranee - che oggi ha invece la determinazione di voler diventare un luogo da raggiungere, da visitare, la tappa di un itinerario a caccia di bellezze. Per tutti: per un pubblico curioso di arte e storia che visiterà la grande mostra di apertura «La Reggia di Venaria e i Savoia. Arte, magnificenza e storia di una corte europea» (più di 400 opere che arrivano da tutto il mondo), ma anche per i bambini che giocheranno nel Parco della Mandria. Rutelli, tra l'altro, promette che questo posto avrà un ruolo fondamentale nelle celebrazioni del centocinquantenario dell'Unità d'Italia: «La Reggia per una festa che appartiene alla Repubblica». Ed è così che il destino di Venaria, che aspira a essere ancora luogo del piacere, si colora di simbolo. Neanche fosse la Bastiglia!P.s. mio commento: eh no la Reggia appartiene ai cittadini del Piemonte non alla Repubblica che si ricorda di noi altri solo quando vuole soldi e non considera Torino per preferire la grigia e cupa milano. Teniamoci i nostri gioielli.