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"Il tuo capo non ti fa più vivere ?Il tuo lavoro è una pena ?Tua moglie è una scassapalle e vuoi cambiare vita ? " (ndr)«In nome di Dio, il pietoso, il compassionevole». La tradizionale invocazione islamica campeggia a lettere maiuscole in cima al modulo prestampato di adesione ad Al Qaeda, considerato dal tribunale di Miami prova a carico nel processo contro il cittadino americano Josè Padilla, riconosciuto colpevole di essersi offerto per compiere attentati terroristici negli Stati Uniti. Il testo originale in arabo del «Modulo sui dati del Mojaheddin», e la sua traduzione legalmente certificata in inglese, sono stati resi pubblici dal quotidiano Miami Herald consentendo di alzare il velo sulle assai scrupolose modalità di adesione all’organizzazione di Osama bin Laden, responsabile degli attacchi dell’11 settembre 2001 che costarono la vita a tremila persone. La meticolosità delle richieste contenute nel formulario lascia intendere che Al Qaeda assomiglia più a una vera e propria azienda del terrore che a un gruppo di martiri volontari in cerca di avventura in nome di un’ideologia omicida. Il modulo «Nuovi arrivi» è intestato a «Amministrazione militare, settore del personale» e contiene nella prima pagina i dati anagrafici, l’indicazione del nome islamico (Abu Abdallah al Muhajir scelto da Padilla dopo la conversione), delle lingue parlate, del grado di istruzione raggiunto e della professione, con la richiesta - a dir il vero assai ingenua - di indicare anche i telefoni dove poter essere contattati. Nella seconda parte relativa alle «informazioni religiose» il candidato terrorista deve dire se ha «studiato sotto la supervisione di uno sceicco» - indicandone eventualmente il nome - quali materie ha studiato (nel caso di Padilla, arabo e Corano), se è in grado di pronunciare dei sermoni dentro una moschea e «quanti versi del Corano» riesce a memorizzare. La memorizzazione delle sure è infatti un elemento centrale per identificare l’impegno profuso nell’assimilazione della legge islamica. Il terzo gruppo di domande riguarda lo «Status di sicurezza» del candidato, ovvero se si tratta di un mojaheddin genuino, di un militante affidabile oppure di una spia. La prima è «Puoi tornare nel tuo Paese?» e se la risposta è «no» bisogna spiegare «perché». Subito dopo viene chiesto di ricapitolare «come sei arrivato in Afghanistan» e «quali problemi hai incontrato nel raggiungerci», con la precisazione di «scrivere l’itinerario fatto» all’evidente fine di evitare il rischio di infiltrazioni. Lo spazio lasciato per la voce «itinerario» è ampio, segno che arriva in Afghanistan facendo percorsi lunghi e complessi. Sempre in tale ambito si deve mettere nero su bianco i nomi dei Paesi già visitati e i motivi dei soggiorni. Padilla scrisse: «Egitto per studiare, Arabia Saudita per il pellegrinaggio, Yemen per arrivare alla Jihad». Arrivato a questo punto il potenziale mojaheddin è tenuto a descrivere la preparazione militare: se ha vestito una divisa, di quale esercito, se ha mai combattuto e, infine, «qual è la tua destinazione di preferenze per futuri compiti». È qui che bisogna spiegare se il desiderio è di combattere in operazioni tradizionali, come quelle dei taleban, lanciarsi in attacchi suicidi in Afghanistan o Iraq, oppure essere inviati in missioni all’estero come fu quella dei 19 kamikaze guidati dall’egiziano Mohammed Atta l’11 settembre 2001.L’ultima parte del questionario è dedicata alle informazioni sullo stato di salute - incluse le eventuali ferite - lo stato civile, la presenza di figli, le affiliazioni politiche e anche gli «hobbies». Per chi è riuscito ad arrivare fino in fondo l’ultima richiesta è firmare il «Giuramento» ad Al Qaeda (cosa che Padilla fece il 24 luglio 2000) che è il seguente: «Io sottoscritto Abu Abdallah Al Muhajir attesto che le informazioni menzionate sopra sono corrette, che sono totalmente responsabile per ogni frase e che Allah è mio testimone». Fino al martirio. (La Stampa 18.08.07)"Cose da pazzi !"