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Post N° 255


MATERA PRIMA CITTA' DEL MEZZOGIORNO INSORTA IN ARMI CONTRO IL NAZIFASCISMO DEL 21 SETTEMBRE 1943
Qualche giorno dopo l'armistizio, il quartier generale della Milizia abbandonò l'edificio, che fu occupato da un gruppo di circa 30 soldati tedeschi della divisione Panzer. Un altro gruppo di circa 200 militari tedeschi si era già accampato dal 7 settembre sulla strada per Gravina, poco fuori città. In quei giorni, numerose furono le rapine, i furti e gli atti di prepotenza che compivano i nazisti, soprusi intollerabili che fecero crescere l'esasperazione della popolazione fino alle azioni armate antitedesche, come vedremo in seguito. Il loro compito consisteva nell'ostacolare l'avanzata degli anglo-americani e di coprire il ritiro delle loro truppe che risalivano in direzione nord. I soldati tedeschi si allontanarono da Matera la sera del 21 settembre.IL MAGGIORE WOLF WERNER GRAF VON DER SCHULENBURGEntrambi i gruppi erano agli ordini del Maggiore Wolf Werner Graf von der Schulenburg, comandante del 1° battaglione paracadutisti. (segue una nota biografica)20 SETTEMBREIl pomeriggio del 20 settembre furono arrestati e condotti alla Milizia dieci italiani, cinque civili e cinque soldati, per essere identificati ed interrogati da un ufficiale tedesco. Alcuni  furono rilasciati la sera stessa ed altri la mattina successiva. Fra gli arrestati c'erano quattro civili provenienti da Martina Franca, che viaggiavano nella stessa auto e che venivano a Matera per una causa: Avv. Greco Mario, Semeraro Raimondo, Speciale Tommaso e Lecce Francesco. Questi signori furono interrogati e rilasciati, ma era stato loro ordinato di presentarsi nuovamente l'indomani presso la Milizia. Così fecero e furono trattenuti definitivamente, perchè erano sospettati di spionaggio e di fornire informazioni agli inglesi.21 SETTEMBRE - mattina e primo pomeriggioLa mattina, due soldati materani, Tataranni Pietro e Farina Natale, rientravano a casa attraversando la campagna tra Santeramo in Colle e Matera. Nonostante l'invito di un contadino incontrato in una masseria a non andare in città per la presenza dei tedeschi ed il rischio di essere arrestati, verso le ore 13 i due proseguirono decisi. Nel primissimo pomeriggio, verso le ore 16,  furono visti passare sopra un sidecar tedesco, che si dirigeva verso la Milizia. Farina Francesco, padre di Natale, avvisato dell'accaduto si precipitò verso la Milizia con 50.000 lire per riscattare la vita del figlio, ma fu trattenuto insieme agli altri.ORE 16.00 - 19.00Le azioni di guerriglia contro le truppe tedesche ebbero inizio in via San Biagio, nella oreficeria di Caione Michelina, a seguito delle minacce di due soldati tedeschi di farsi consegnare alcuni oggetti. Nel piccolo negozio irruppero alcuni militari italiani che cercarono di convincere i tedeschi ad uscire, ma la reazione di questi fu minacciosa, non lasciando dubbi sull'imminente uso delle armi. Il coraggio degli italiani impedì questo epilogo ed i due tedeschi furono anticipati e sparati. Uno di loro cadde nel negozio e l'altro fu colpito mentre cercava di fuggire. In un primo momento, quest'ultimo fu nascosto sotto l'arco di Via Rosario e successivamente sulle scale della cosiddetta "scaricata", poco più avanti. Dal libro di Vito Sebastiani, si apprende che si trattava dei soldati Karl Reigler e Olen Gent Kupwess.MANICONE EMANUELE, 44 anniRUTIGLIANO VINCENZO, 41 anni BENEVENTI RAFFAELE, 48 anniContemporaneamente, poco distante, nella sala da barba di Nicola Campanaro, in Piazza Vittorio Veneto, un altro soldato tedesco fu vittima della reazione popolare. In questa vicenda, è Manicone Emanuele (ex combattente ed esattore della Società Lucana di Elettricità), che, pervaso dal desiderio di incitare la popolazione a ribellarsi ai soprusi dei tedeschi ed a cacciarli, entrò nella sala puntando la sua pistola contro il tedesco, tirò il grilletto, ma si apri il caricatore e caddero tutti i proiettili. Allora Manicone uscì furioso dal locale e rientrò poco dopo ancora più infuriato brandendo una baionetta con la quale lo trafisse, lasciandolo ferito per terra. Vito Sebastiani precisa che era il maresciallo austriaco Michael Alfons, 19enne, studente universitario di medicina. Seguì una violenta guerriglia che durò circa tre ore nei pressi del Palazzo del Governo, che i tedeschi intendevano occupare e che i militari italiani difendevano con le armi. Lo stesso Manicone fu chiamato dai pochi finanzieri disarmati che erano di guardia al magazzino in piazza Vittorio Veneto e gli fu chiesto di informare dell'accaduto il comandante della stazione, che allora si trovava in via Cappelluti. Così fece e riuscì ad avvertire i finanzieri, che disseppellirono le armi nascoste nell'orto e, insieme al Manicone, uscirono armati in quattro dalla caserma, fra cui Rutigliano Vincenzo. Nascosti dietro le siepi del giardino della Camera di Commercio, gli italiani intrapresero difficili combattimenti contro i tedeschi, che erano più numerosi e meglio armati. Con coraggio e determinazione, affrontarono uniti la situazione per molto tempo, fino a quando, all'altezza di Via Torraca, sei soldati a bordo di due motocarrozzette tedesche spararono con le loro pistole mitragliatrici sugli italiani, che risposero al fuoco. Rutigliano cadde senza vita e Manicone, gravemente ferito, riuscì a raggiungere una casa di via Torraca, dove spirò poco dopo. Nel frattempo, anche il Dott. Raffaele Beneventi (farmacista) si armò e prese parte alla guerriglia sparando dalla finestra della sua abitazione, in via Torraca, ma anch'egli fu colpito a morte dalle raffiche e restò penzoloni dalla sua finestra. Durante questi furiosi combattimenti, i materani furono sorpresi dal boato di una potente esplosione, ma nessuno sapeva ancora che era saltata in aria la caserma della Milizia. Nella concitazione di quei momenti, il sedicenne Vincenzo Luisi, impiegato dell'U.N.P.A. (Unione Nazionale protezione Antiaerea) in servizio presso la Prefettura, incuriosito dagli spari uscì per vedere cosa stesse succedendo, forse pensando che fossero arrivati gli alleati, ma non fece più ritorno.La torretta del campanile della chiesa Materdomini, servì a Di Cuia Nicola a stabilire la sua strategica postazione, dandogli la possibilità di tenere sotto controllo la piazza con fucili e bombe a mano e di fare fuoco sui tedeschi, impedendo loro di avvicinarsi alla Prefettura.FRANCESCO PAOLO NITTILa guerriglia, ormai, imperversava per le strade della città e coinvolgeva sempre più la popolazione, semplici cittadini ed anche i militari. Senza esitare, il valoroso sottotenente F.P. Nitti distribuiva le armi e le munizioni, incitava a difendere la Prefettura, organizzava le azioni e provvedeva ai rifornimenti delle munizioni. 21 SETTEMBRE - ORE 17Un gruppo di circa sessanta tedeschi, con lo scopo di lasciare la città senza energia elettrica, circondò la sede della S.L.I.I. e cercò, senza riuscirvi, di farla saltare dopo averla minata. I presenti furono costretti ad uscire e furono mitragliatli senza motivo e senza pietà. Caddero senza colpa: FRANGIONE MICHELE, 19 anniFRANGIONE SALVATORE, 46 anniPAPINI RAUL, 47 anniZIGARELLI PASQUALE, 40 anniORE 17.30 - 18.00Il signor Domenico Di Noia, che abitava in una fattoria distante circa 150 mt dalla Milizia, raccontò che un soldato tedesco gli chiese i documenti e gli ordinò di salire sulla sua motocicletta per accompagnarlo alla Milizia, dove lo rinchiuse. Dinanzi, c'erano già delle automobili piene di ufficiali tedeschi, sul punto di partire. Il Di Noia riuscì a fuggire da una finestra posta sul retro dell'edificio e si diresse di corsa verso la sua masseria. Appena giunto, udì una forte esplosione e vide che era saltata la Milizia.Anche il signor Girolamo Marazia, che abitata a circa 300/400 mt dalla caserma, notò i movimenti delle truppe tedesche che si allontavano con i loro mezzi. Dopo alcuni minuti, vide un soldato tedesco scendere dalla sua motocicletta, inginocchiarsi, accendere un fiammifero e ripartire velocemente. Dopo pochi secondi sentì una forte esplosione e vide la Milizia saltare in aria tra il fumo e la polvere.Questi due testimoni furono i primi ad arrivare tra le rovine ed a rendersi conto della strage. Cinque corpi giacevano senza vita, altri, coperti dalla macerie e dalle fiamme, si lamentavano dilaniati dalle ustioni, muovendosi lentamente prima di spirare. Brandelli di corpi devastati dall'esposione erano disseminati ovunque.Le persone rinchiuse nella Milizia risultano essere:CALDERARO GIUSEPPE soldatoDE VITO PIETRO, 25 anni, soldatoNOCERA ANTONIO, 37 anni, soldatoFARINA NATALE, 19 anni, soldatoTATARANNI PIETRO, 29 anni, soldatoSconosciuto (forse Cairo Sebastiano, bersagliere)GRECO MARIO, 37 anni, civileSEMERARO RAIMONDO, 37 anni, civileSPECIALE TOMMASO, 34 anni, civileLECCE FRANCESCO, 36 anni, civileFARINA FRANCESCO, 44 anni, civileLUISI VINCENZO, 16 anni, civileSopravvisse Calderaro Giuseppe, 21 enne originario di San Donato di Lecce, che era fra gli italiani imprigionati la sera del 20 settembre. Fu ritrovato la mattina del 22 settembre in una capanna vicino la Milizia, completamente nudo, ansimante per le ustioni che gli ricoprivano il corpo. Fu ricoverato presso l'ospedale e fu dimesso l'11 novembre. Raccontò che durante i due giorni dell'arresto nessuno dei prigionieri ebbe da mangiare e da bere. 22 VITTIME, FORSE DI PIU'Secondo la sua ricostruzione, le persone rinchiuse erano sedici e non tredici, perciò si pensa che due delle bare dove erano state ricomposte le spoglie, contenessero i resti di più persone. Sul libro di Vito Sebastiani "Voglia di riscatto" si avanza l'ipotesi che fra i resti non ricomposti e non riconosciuti ci fossero quelli di un soldato inglese in perlustrazione, ferito dai tedeschi il giorno precedente e portato alla Milizia, dove morì poco dopo. La sua salma fu deposta in una camera a piano terra, forse vicino a quella dove fu rinchiuso il bersagliere Cairo Sebastiano, considerato una spia, commilitone ben conosciuto dal sopravvissuto Calderaro. La forte esplosione e le macerie avrebbero ridotto i corpi in piccoli brandelli irrecuperabili.Nelle campagne e nelle strade della città, inoltre, furono mitragliati:1) GUIDA EUSTACHIO, 43 anni2) LOPERFIDO FRANCESCO PAOLO, 44 anni3) LAMACCHIA ANTONIO, 69 anni4) PARADISO EUSTACHIO, 77 anniSi sa che i tedeschi, nella fase di allontanamento, lanciarono delle bombe alla rinfusa sulla città. Le schegge di una di queste colpì il bassorilievo di Santa Teopista, posto a sinistra della facciata della Cattedrale, altre caddero nell'atrio dell'ospedale e sulle case del Sasso Barisano. Una attraversò il tetto della canonica di San Giovanni e rimase inesplosa sul pavimento.22 SETTEMBREI materani temevano il ritorno dei tedeschi, ma, all'alba, entrò nella zona sud della città una pattuglia del battaglione "B" del 4° Canadian Reconnaissance Regiment e più tardi altre formazioni alleate raggiunsero Matera, ricevendo una calorosa accoglienza.