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Post N° 331


E il fiume cambiava colore, profondità e velocità e persino acqua, l’acqua leggera e canterina che correva bassa sui ciottoli non era quella verde e lenta che stagnava vicino le radici, l’acqua gelida sotto il ponte non era l’acqua bianca di schiuma che si buttava a capofitto giù dai lastroni, e diventava corrente pericolosa, dove noi incoscienti ci sfidavamo a chi si avvicinava di più al punto fatale in cui si arrotolava in mulinelli gelidi. C’erano tante acque e tanti pensieri che ronzavano tra il sole, la mia testa e il fango secco che mi faceva da cuscino. Guardavo Selene che preparava uno zufolo di canna e lo scolpiva coi dentini, i suoi occhi verdazzurri un po’ strabici e i capelli di frumentone, e non avrei voluto che la lenza me la portasse via, magari usando come esca una fragolina, di cui era ghiotta. E lei mi guardava di sbieco, un po’ rosicchiava la canna e un po’ sorrideva e io mi sentivo strano. Non sapevo se quello era l’amore, ma non avrei voluto essere in nessun altro posto…….. Mi venne da pensare che anche noi eravamo pesciolini e da un momento all’altro una grande pietra poteva calare sulla nostra vita, e noi non eravamo importanti per quella pietra, non contavamo nulla.Per l’età che avevo era un pensiero molto precoce ma triste, come quei bimbi che disegnano solo scheletri e la mamma gli dice “bravo”.Allora abbracciai Selene e lei non si tirò indietro. Tremava e mi carezzava un dito del piede. Era tutta liscia e profumava di sapone…..