THE ROCK
Quest blog è l'evoluzione, o meglio, il figlio legittimo di uno stile intramontabile...il blues! Se volete fare un tuffo nella musica con ordine, cliccate su: TUTTO DI BLUES e Mr. Black. A presto!
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Salve a tutti e benvenuti in questo blog. Mi piacerebbe tanto fare un viaggio musicale attraverso foto, video, album, recensioni ma soprattutto con i vostri commenti. Come ho scritto nel titolo, per fare questo viaggio con ordine, sarebbe meglio partire dalle origini...cioè da dove è nato il rock! Cliccate su http://blog.libero.it/BUESHOUSE/view.php TUTTO DI BLUES, http://blog.libero.it/WorldBlues/view.php?nocache=1201612547 ontheroad e a seguire, http://blog.libero.it/MrBlack/ Mr. Black. Spero di poter stuzzicare la vostra voglia musicale.
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HIGHWAY TO HELL
Post n°1 pubblicato il 12 Febbraio 2007 da backtherock
Volendo classificare questo periodo lo si potrebbe considerare la fase embrionale del Rock, con intensi riferimenti al panorama sociale dell'epoca. Il prodotto che nascerà in questo decennio, il cosiddetto Rock'n'roll, rappresenterà di fatto l'anello comunicante fra le culture radicate negli Usa dei bianchi e dei neri, che con la musica troveranno un primo ponte di dialogo e confronto. La nuova musica nascente fondeva i "riff" ritmati del blues e dell'R&B con le melodie folk e country e questo connubio non sarebbe stato possibile se non grazie alla radio, elemento mediatore in mezzo a due realtà così differenti. Non a caso i vari artisti, a seconda del ceppo "etnico" di provenienza, hanno tutti iniziato con i generi delle rispettive tradizioni, giungendo però al loro superamento con l'innovazione. Chuck Berry, famoso per la sua chitarra dagli assoli veloci e trascinanti ("Johnny Be Good") ha iniziato con la musica blues, mentre Elvis Presley si è cimentato a lungo con il country prima di ottenere il successo che tutti sappiamo. In questo quadro Jerry Lee Lewis rappresenta un po' l'eccezione che conferma la regola; il pianista, infatti, sin da giovane era solito suonare in un club per neri ed in questo senso fu l'emblema vivente della sintesi musicale. La nascita del rock'n'roll non fu puramente una questione musicale ma anzi, ebbe un notevole impatto sociale su un paese, gli Stati Uniti, che a quel tempo era impregnato dei valori borghesi del "perbenismo" e della religione. La musica ed i vari artisti si trovarono così di fronte ad un muro, che definiva il rock come "la danza del diavolo", per il ritmo sfrenato che induceva ad ondeggiarsi, oppure come "esempio immorale", per l'ambiguità dei testi dai doppi significati a sfondo sessuale. Le radio, imperterrite, continuavano a trasmettere i dischi ma intanto si stava originando una vera e propria battaglia sociale nel nome della musica; il rock diede voce a tutti i pensieri che i giovani degli anni '50 vedevano sbarrati dalle rigide imposizioni convenzionali di uno stato che in fondo era più corrotto di quello che sembrava. Little Richard fu in questo senso una persona curiosa, da scatenato rocker si rese conto di voler servire Dio con la sua musica e passò ai gospel, ma poco dopo si riconvertì alla "musica del diavolo", altalenando di continuo questa sua posizione indecisa. Ritornando allo stretto ambito musicale si devono spendere due parole su quello che fu uno dei primi promotori del Rock'n'roll, nonché il padre del suo nome: Alan Freed. Freed fu il primo deejay a trasmettere nel suo programma radiofonico il nuovo sound e si pose così come un elemento chiave per la sua diffusione; sfortunatamente i buoni propositi iniziali non furono seguiti da un altrettanto buon comportamento, i privati intravidero in questo forte elemento catalizzatore un possibile ritorno pubblicitario e così Freed fu immischiato in un processo per corruzione promozionale. Dal punto di vista tecnico Chuck Berry fu il più importante innovatore del rock'n'roll, tanto che si può accostare la sua funzione chitarristica a quella che avrà poi Hendrix negli anni 60';il caratteristico carisma ed la teatralità scenica completavano la sua figura che non era solo di virtuoso della sei corde ma anche di front man. Elvis fu certamente il personaggio più in vista di questo decennio, eletto come "il figlio che tutte le mamme vorrebbero avere", rappresentò l'emblema del conformismo americano, abbandonando tutte quelle pose provocatorie che gli fecero raggiungere il successo. Nel suo caso l'artista si piegò alla società diventandone lo "sponsor" principale, basti pensare alle patriottiche foto di Elvis militare. Paradossalmente Jerry Lee Lewis fu il suo opposto e pagò a caro prezzo le sue scelte musicali e di vita. Storie ed aneddoti a parte, il rock era oramai nato ed era pronto ad affrontare la sua fase di maturazione che si verificò nel decennio successivo. Dal sito web.tiscali.it |
Post n°3 pubblicato il 14 Febbraio 2007 da backtherock
ELVIS PRESLEY Elvis Aaron Presley (Tupelo, 8 gennaio 1935 - Memphis, 16 agosto 1977), noto anche come Il re del rock and roll (o anche solo Il re, The King in inglese), è stato uno dei più celebri musicisti rock and roll e rockabilly di tutti i tempi. La sua presenza scenica pressoché inimitabile, ha avuto un impatto sulla cultura statunitense e mondiale senza precedenti. Molto stimato da fans e critici, come altre personalità dello star system del suo tempo - da Marilyn Monroe ai Beatles - ha saputo andare oltre l'arte che rappresentava, quella musicale, finendo per diventare una vera e propria icona della cultura pop del XX secolo.Tra gli altri soprannomi con il quale era - ed è tuttora - conosciuto vi sono The Hillbilly Cat, con il quale iniziò la sua carriera, e Elvis the Pelvis, per il suo esuberante stile di esibizione caratterizzato da bruschi (ed ammiccanti) ondeggiamenti del bacino (in lingua inglese, appunto, pelvis). The Hillbilly Cat è un soprannome che non è mai stato molto gradito da Elvis. Eccetto cinque concerti tenuti in Canada, non si esibì mai fuori dagli Stati Uniti. La sua morte, prematura ed improvvisa, gettò nella disperazione milioni di fan sparsi ai quattro angoli della Terra. DAL SITO: www.wikimedia.org |
Post n°5 pubblicato il 15 Febbraio 2007 da backtherock
Il demonio del rock... Lui non è ne il "re" ne il "Boss"...lui è il "Killer". ...Ma sai che è strano, la stessa musica per cui sono stato espulso da scuola è lo stesso genere di musica che oggi suonano nelle loro chiese. La differenza è che io so di suonare per il diavolo e loro no". (J. L. Lewis) Nato a Ferryday, Louisiana, il 29 settembre 1935, Jerry Lee Lewis è uno fra i più turbolenti e selvaggi figli del rock'n'roll. Miscelando rhythm & blues e boogie-woogie coniò uno stile personalissimo che avrebbe fatto la storia del rock'n'roll. A differenza di molti suoi contemporanei si accompagnava al pianoforte che suonava con straordinaria velocità e accanimento tali da sembrare posseduto. La sua musica era ipnotica, demoniaca. I suoi testi erano continue provocazioni al senso pubblico del pudore. Durante le sue performance ignorava i costumi sociali lasciandosi andare a quell'energia ribelle e libidinosa che il rock'n'roll gli trasmetteva come nessun altro musicista bianco prima. Vi invito ad entrare in questo sito www.jerryleelewis.com Testo Dal sito: www.musicclub.it |
Post n°6 pubblicato il 18 Febbraio 2007 da backtherock
Gli anni d'oro e il rock sinfonico. Come già si è detto, la nascita del prog è segnata dalla pubblicazione di "In the court of Crimson King" nel '69. Dall'uscita di questo fondamentale album dei King Crimson si è assistito ad un proliferare di band molto innovative per l'epoca, che tendevano ad inserire nella loro musica elementi di derivazione della musica classica o della tradizione folkloristica; si andava oltre le canzoncine di 3 minuti con i refrain immediatamente memorizzabili e si dava ampio spazio a lunghe esecuzioni strumentali. |
Post n°9 pubblicato il 25 Febbraio 2007 da backtherock
Emerson, Lake & Palmer I virtuosi del progressive
"Emerson",nato nella cittadina inglese di Todmorden, nello Yorkshire,fin da bambino si trasferisce con la famiglia a Worthing, Sussex, dove cresce e inizia a sviluppare la propria passione per il pianoforte. Il giovane Emerson comincia a farsi un nome negli anni 60, suonando con i Nice, un gruppo che amava mescolare il rock con la musica classica senza disdegnare incursioni nel jazz. Proprio per questa ragione, Emerson ha potuto ben presto mettere in mostra le sue doti di virtuoso del piano, dimostrandosi un maestro anche nell’uso dell’organo Hammond. Dopo 6 album realizzati i Nice si sciolgono ed Emerson fonda un nuovo gruppo con altri due musicisti che già godevano di una certa fama. Nascono così gli Emerson Lake and Palmer, che diventeranno uno dei più significativi gruppi di rock progressivo degli anni 70. Essenzialmente legato al piano e all’organo nel primo disco, a partire dal secondo album Emerson si circonda di un vero e proprio muro di tastiere elettroniche (Moog, sintetizzatori) sviluppando contemporaneamente una presenza scenica notevole. Restano famose le performance durante le quali Emerson si gettava a terra tirandosi l’Hammond sulla pancia, oppure tirando coltellate alle sue tastiere, il tutto continuando a suonare. Dopo aver raccolto successi a piene mani, agli inizi degli anni 80 il gruppo si sciolse ed Emerson si lanciò in una carriera solista che lo portò, tra l’altro, a comporre colonne sonore. Già ai tempi di ELP, comunque, Emerson aveva realizzato un singolo di grande presa, in stile Honky Tonk, (Honky tonk train blues ) che deve il suo successo anche al fatto di essere stato la sigla del programma televisivo Odeon della televisione italiana. "Greg Lake" (Poole, Dorset, 10 novembre 1948) è un uno dei più interessanti musicisti della musica rock britannica. Suona il basso elettrico, ma possiede anche un'ottima voce e non di rado lo si vede alla chitarra, soprattutto acustica, su cui egli permette di intuire dei suoi studi classici. Veramente pochi songwriters possono vantare i talenti di Greg Lake: il livello compositivo, la preparazione musicale, la profondità dei suoi testi lo hanno fatto avvicinare dalla critica "colta" a Leonard Cohen , Bob Dylan o Paul McCartney ; il visionario talento come produttore, l'abilità come bassista e chitarrista e, soprattutto, l'incredibile voce: una delle migliori e più imitate di tutta la storia della musica rock. "Carl Frederick Kendall Palmer", nato nel quartiere di Handsworth a Birmingham (Regno Unito), il 20 marzo 1950, figlio d’arte, inizia il suo approccio alla musica suonando il violino, ma quasi subito capisce che il suo strumento è la batteria. Il suo ingresso nel professionismo avviene suonando nel gruppo di Chris Farlowe, per poi passare ai Crazy World di Arthur Brown. Ancora in cerca di una precisa identità, nel 1969 fonda con il chitarrista Vincent Crane gli Atomic Rooster il cui primo album ottiene un buon successo. Tanto basta perché l’anno dopo Palmer venga contattato da Keith Emerson per dare vita con Greg Lake a uno dei più importanti gruppi del rock progressivo: Emerson Lake and Palmer, coi quali raggiungerà grande fama. Il suo nome apparirà spesso come miglior batterista nei sondaggi lanciati dalle varie riviste musicali. Finita l’avventura col trio, Palmer mette in piedi un altro gruppo, i PM, che però hanno vita breve perché nel 1981 il batterista finisce negli Asia, gruppo in cui sono confluiti grandi musicisti provenienti da altre formazioni: Steve Howe, ex Yes, Geoff Downes ex Buggles e Yes e John Wetton ex Uriah Heep, King Crimson. Nel 1992 la collaborazione con gli Asia si interrompe, per il momentaneo ritorno con Emerson e Lake, coi quali però non riuscirà a riagguantare lo stesso successo avuto negli anni '70. Infine Palmer mette in piedi un proprio trio che attualmente ha al suo attivo due CD. Discografia: 1970 - Emerson Lake and Palmer/1971 - Tarkus/1971 - Pictures at an Exhibition (live)/1972 - Trilogy/1973 - Brain Salad Surgery/1974 - Welcome Back My Friends (live)/1977 - Works vol. 1/1977 - Works vol. 2/1978 - Love Beach/1979 - In Concert (live)/1987 - Emerson Lake and Powell/1992 - Black Moon/1993 - Live at the Royal Albert Hall (live)/1994 - In the Hot Seat/ 1998 - Then And Now Dal sito: http://it.wikipedia.org
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Post n°10 pubblicato il 05 Marzo 2007 da backtherock
L'hard-folk progressivo di Michele Chiusi Pochi gruppi possono vantare una longevità e una coerenza artistica come i Jethro Tull, in tal senso secondi solo ai Rolling Stones, e per pochi gruppi come i Tull si è creata e cronicizzata una dicotomia così netta tra considerazione critica e successo di pubblico, che tutt'ora, se non premia il gruppo come vendite, accorre numeroso ai concerti del gruppo. I Jethro Tull esordiscono discograficamente nel 1968 con This Was, che propone una musica incentrata sulla chitarra di Mick Abrahams ma soprattutto sul flauto di Jan Anderson, già all'esordio leader del gruppo. Il disco è lontanissimo dal progressive che tra l'altro era ancora in gestazione, concretizzando invece un folk-rock dalle tinte blues, con a tratti qualche attitudine hard, caratterizzato dall'uso massiccio del flauto, utilizzato sia in chiave solistica che contrappuntistica, sia in chiave lirico/melodica che ritmico/aggressiva. Il gruppo ha un sound molto compatto ed efficace, ma quello che colpisce fin da subito è la grande capacita e fluidità di scrittura di Anderson. L'anno successivo via Abrahams e alla chitarra arriva Martin Barre, che da allora sarà l'unico elemento ad apparire in tutte le varie formazioni del gruppo, tanto da diventare l'alter ego del deus ex machina Anderson. Il prodotto della nuova formazione è Stand Up, il primo capolavoro, in cui le idee del primo disco vengono meglio focalizzate in pezzi di nitida struttura melodica, espressione del talento del leader in stato di grazia, ora in tenui ballate ora in brani più aggressivi con forti aperture armoniche; la componente blues è stemperata in un folk progressivo efficacissimo nelle melodie mai banali e negli arrangiamenti complessi e raffinati. La musica del gruppo ha un impatto molto forte, coniugando rock viscerale con raffinatezze espressive, lirismo e aggressività. Il flauto di Anderson imperversa in splendidi arabeschi armonici e in clamorosi stacchi che caratterizzeranno tutta le sua carriera, ma è tutto il gruppo ad essere in piena forma; massiccia ma raffinata la sezione ritmica, e Barre dimostra di essere fin da subito a suo agio con interventi efficaci e misurati. Il disco contiene alcuni classici del gruppo come "A new day yesterday", "Back to the family", "Nothing is Easy" e le ballate "We used to know" e "A reason for waiting", ma soprattutto la celeberrima "Bourree" derivata da un pezzo di Bach ma riarrangiata in modo potente ed elegante in chiave quasi jazzata. Il disco ha grande successo ma già il gruppo comincia ad alienarsi, complice anche gli atteggiamenti poco accomodanti di Anderson, le simpatie della stampa specializzata inglese. L'anno successivo, il 1970, esceBenefit, disco molto lineare ma di minore impatto rispetto al precedente, strumentalmente molto calibrato ma anche con alcuni pezzi deboli; appaiono per la prima volta le tastiere suonate da un membro esterno, John Evan, che avrà la sua parte nell'evoluzione successiva del gruppo, mentre Anderson riduce la presenza delle parti flauto e Barre acquista spazio;Benefit è comunque un ottimo disco con il limite di essere schiacciato tra due capolavori come Stand Up e il successivo Aqualung, il disco più celebre dei Tull e una pietra miliare del rock. In Aqualung il gruppo materializza ambizioni che oltrepassano la musica dei dischi precedenti, le venature blues sono un ricordo, gli arrangiamenti si articolano e sovrastrutturano, l'interplay tra la chitarra e il flauto è perfetto, il progressive è dietro l'angolo, tanto che si può parlare di hard folk progressivo. Il disco contiene alcuni brani killer tra i classici senza tempo dei Tull ("Aqualung", "Locomotive breath", "My god"), alternati a brevi e straordinari brani acustici; i pezzi sono quasi tutti al contempo complessi e intelleggibili, caratteristica questa di tutta la produzione di Anderson, coinvolgenti ma raffinati, espressione di una altissima cifra stilistica. Le grandi melodie e gli indimenticabili riff dei Jetro Tull hanno un successo planetario, ma il gruppo non dorme sugli allori e l'anno successivo, il 1972, esce, dopo un doppio celebrativo quasi tutto di inediti ("Living in the past"), Thick as a brick, foriero di nuove mutazioni. Anderson prova la via della suite in un lungo brano, omonimo, di oltre 40 minuti che iscrive ufficialmente il gruppo al genere progressive. Le tastiere entrano prepotentemente nel sound del gruppo, il flauto assume un ruolo di ricamo più che solistico, il disco è arrangiato superbamente alternando parti acustiche ed elettriche molto efficaci e coinvolgenti specie nella prima parte, che è un susseguirsi di invenzioni melodiche e strumentali. A differenza di altri gruppi di genere, che spesso hanno affrontato la forma della suite, però il focus di Thick as a brick non è né lirico né epico né favolistico, né si concretizza alcuna forma di narcisismo strumentale o di velleitarismo sinfonico, imponendosi piuttosto per il tono eclettico e in una certa misura anche orecchiabile della composizione. Il disco suscita entusiasmo nei nuovi fan e qualche perplessità tra i nostalgici del vecchio corso, in realtà rimane, a trent'anni di distanza, una delle pietre miliari del gruppo. Nel 1973 esce, dopo lunga e travagliata gestazione, un altro disco contenente un'altra suite, intervallata da un breve intervallo cabarettistico:A Passion Play. Le differenze con il precedente sono più evidenti delle similitudini. A Passion Play è molto più cupo, più faticoso e meno fluido, manca l'effervescenza del precedente lavoro, mentre si predilige una dimensione descrittiva, a pannelli musicali subentranti; però la strutturazione del brano è mirabile, un capolavoro ad incastro, gli arrangiamenti sono ricchissimi di sfumature, Anderson riduce il suo estro flautistico per lasciare spazio ad altri strumenti a fiato come il sax.A Passion Play è il disco progressive dei Jethro Tull, molto piu di Thick as a brick, per via del pathos che lo pervade e delle musicalità profonda che lo sottende, una musicalità studiata, iperstrutturata e piena di sfumature, ma caratteristica della scrittura di Anderson, mai cervellotica, con melodie aperte ed estroverse ma mai banali. Per la critica, specie quella inglese, è un disco noioso e pretenzioso, affermazioni in parte anche vere, per molti fan è la summa dell'artigianato sonoro dei Tull e del loro leader, per chi scrive il loro più grande capolavoro. Dopo tale gioiello, il gruppo uscirà dagli stilemi del progressive, almeno intesi in senso restrittivo, per non rientrarvi più.La gestazione di A Passion Play è faticosa e logorante come logorante è il tour successivo, Anderson è stanco e sempre in lite con la stampa e i risultati si vedono l'anno successivo, quando esce il modesto War Child, dove si recupera la forma canzone con risultati ben poco interessanti. Molti decretano la fine artistica del gruppo quando nel 1975 esce un altro capolavoro, forse l'ultimo, questa volta misconosciuto: Minstrel in the Gallery, disco dominato, almeno nella seconda parte, da parti acustiche contrappuntate dagli archi in brani di grandissima suggestione ( la mini suite "Baker Street Muse", "Requiem" ). L'anno successivo esce Too Old To Rock and Roll Too Young To Die, uno dei dischi più noti ma anche uno dei più banali e raffazzonati. L'album contiene uno dei brani inspiegabilmente più famosi del gruppo, la title track, e sfoggia una copertina che farà da iconografia per i Tull negli anni a venire. Molto meglio il successivo Song From The Wood, uno dei loro dischi più famosi, dove si ritorna prepotentemente ad un hard-folk progressivo con risultati notevoli in alcuni brani, come la title track o "Velvet Green" , un po' noiosi e manieristici in altri ("Cup of Wonder"). Lo stile del gruppo vira in alcuni brani decisamente verso il folk elettrico, evitando però le pastoie del pastoralismo grazie alle solite venature hard e all'eclettismo strumentale. Sulla stessa falsariga stilistica, anche se meno efficace, è il successivo Heavy Horses, mentre l'ottimo Stormwach del 1979 recupera una dimensione rock e chiude una stagione nel migliore dei modi, con grandissimi brani come "Elegy", "The Flying Duchmann" e " Dun Ringill". Nel 1978 i Tull suggellano la loro notorietà in un famoso concerto al Madison Square Garden trasmesso, ed è la prima volta, in mondovisione. Nel 1980 la svolta stilistica di A in cui appare per la prima volta un misurato uso dell'elettronica, in linea con i tempi. I risultati però sono deludenti e nell'1982, con Broadsword and the beast, si torna all'antico con risultati più che discreti. In tale disco esordisce alle tastiere Peter John Vettese, proveniente da un gruppo new wave (i RAF), ma se il suo contributo in Broadsword è minimo, nel disco successivo, Under Wraps, di cui è coautore di molti brani, imperversa, sconvolgendo il sound del gruppo, votato alla modernità, con l'elettronica delle sue tastiere. Peccato che i risultati siano modesti e che il disco risulti uno dei meno convincenti di tutta la produzione. Licenziato Vettese, si ritorna su lidi più consoni con Crest Of a Knave, ottimo disco che contiene due brani destinati a diventare dei classici come "Budapest" e "Farm on a Freeway". L'album inoltre vince, curiosamente, un Grammy Award come miglior disco di hard rock, pur non essendo un disco di hard rock, ma in tali ambiti, si sa, i giudici non brillano per competenza. La carriera del gruppo prosegue con altri dischi, sempre più radi,(Rock Island, Catfish rising, Roots to Branches, fino all'ultimo Dot Com), sempre con risultati buoni, anche se i capolavori del passato sono lontani. Gruppo invecchiato benissimo, i Jethro Tull non hanno mai battuto i sentieri ispidi dell'avanguardia né preteso di convogliare temi generazionali, ma hanno sempre e solo voluto creare musica e hanno sempre voluto che si giudicasse solo questa. Grazie al talento straordinario di Jan Anderson, personalità anticonformista e scomoda, forse più artigiano che artista, hanno lasciato una discografia che complessivamente è tra le più significative, sia quantitativamente che qualitativamente, nella storia del rock. Gruppo di espressività a volte anche limitata, incapace di creare immaginifici paesaggi sonori e di aprire visioni prospettiche, hanno però concretizzato un corpus musicale straordinariamente ricco di inventiva e talento. I brani di Anderson spesso non sono né interessanti né rivoluzionari né evocativi. Sono semplicemente belli. Discografia: This Was (1968)-Stand Up (1969)-Benefit (1970)-Aqualung (1971)-Thick as a Brick (1972)-Living in the Past (1972)-A Passion Play (1973)-War Child (1974)-Minstrel in the Gallery (1975)-Too Old to Rock 'n' Roll: Too Young to Die! (1976)-Songs from the Wood (1977)-Heavy Horses (1978)-Bursting Out (live) (1978)-Stormwatch (1979)-A (1980)-The Broadsword and the Beast (1982)-Under Wraps (1984)-Crest of a Knave (1987)-Rock Island (1989)-Live at Hammersmith '84 (1990)-Catfish Rising (1991)-A Little Light Music (1992)-Nightcap (1993)-Roots to Branches (1995)-J-Tull Dot Com (1999)-Living with the Past (2002)-The Jethro Tull Christmas Album (2003)-Nothing Is Easy: Live at the Isle of Wight 1970 (2004)-Aqualung Live (2005) Dal sito: www.ondarock.it |
Post n°11 pubblicato il 12 Marzo 2007 da backtherock
I cinque ragazzi che un giorno sarebbero diventati le mitiche pietre rotolanti erano molto diversi tra loro per provenienza ed estrazione sociale. Lewis Brian Hopkin Jones, nato il 28 febbraio 1942 a Cheltenham nel Glouchestershire, è di origini gallesi e figlio di due insegnanti; Michael Philip Jagger, nato il 26 luglio 1943 a Dartford nel Kent, con il padre insegnante e la madre parrucchiera; Keith Richards nato a Dartford il 18 dicembre 1943, anche lui di origini gallesi, viene da una famiglia operaia; William George Perks, nato il 24 ottobre 1936 a Londra, con padre muratore e mamma che fa la donna di servizio; Charles Robert Watts nato a Londra il 2 giugno 1941, il cui padre dopo il congedo dalla RAF è assunto come macchinista alla British Railways. In aggiunta a questo che è il nucleo storico del gruppo c'era poi Ian Stewart, nato il 18 luglio 1938 a Sutton. Tutti quanti da bambini sono stati toccati dalla guerra anche se erano troppo piccoli per capire cosa stava accadendo e, quando il conflitto finisce, sono sui banchi di scuola e tutti tranne Brian Jones vivono a Londra. La musica diventa sempre più importante nelle loro vite, provano diversi strumenti e iniziano a cullare l'idea di formare un gruppo. Bill Wyman a 18 anni, mentre gli altri ancora vanno a scuola, è chiamato nell'esercito. Anche Ian Stewart viene chiamato nell'esercito ma dopo una settimana lo congedano. Nel 1956 Mick fa amicizia con un ragazzo che frequenta la sua stessa scuola, Dick Taylor, e con altri due compagni iniziano a suonare insieme senza mai però esibirsi in pubblico. Nell'estate del 1960 Jagger suona con gli amici nel salone parrocchiale della chiesa di Dartford e canta una canzone di Buddy Holly. Lavora part-time vendendo droga fuori dalla biblioteca comunale e un giorno un ragazzo con le orecchie a sventola, Keith Richards, compra una panetta di coca: è il loro primo incontro. Keith si ricordava le canzoni dopo aver ascoltato un disco o la radio, non gli piaceva andare a scuola e già allora non lasciava mai le sigarette. Nel 1960 a scuola conosce Dick Taylor, amico e compagno di banda di Mick. Ricorda Keith: "Dick Taylor fu il primo ragazzo con cui suonai". L'Inghilterra degli anni Cinquanta non è solo rock'n'roll in quanto si sta affermando lo skiffle un tipo di jazz, suonato con chitarre e strumenti a percussione improvvisati, impregnato di blues che influenzerà anche i futuri Stones. L'esordio ufficiale avviene in uno dei templi del rock, il Marquee di Londra, il 12 luglio 1962. Fin dall'inizio costituiscono l'alternativa "sporca e cattiva" ai Beatles con una musica che attinge alle radici del rock'n'roll e del blues. Il successo fin dalla prime canzoni è grandissimo. Nei primi anni di attività i Rolling Stones si cimentano solo in rivisitazioni di brani del repertorio americano di rock & roll, blues e rhythm'n'blues come nei casi di Buddy Holly ("Not Fade Away"), Chuck Berry ("Carol") ma anche di Lennon/McCartney ("I Wanna Be Your Man"). Tra il 1964 ed il 1965 Jagger e Richards cominciano a incidere canzoni loro: "The Last Time" (un cui campionamento è stato riutilizzato più di 30 anni dopo dai The Verve per la loro Bittersweet Symphony), "Get Off of My Cloud" e, soprattutto, "(I Can't Get No) Satisfaction". Dal sito: http://it.wikipedia.org/wiki/The_Rolling_Stones |
Post n°12 pubblicato il 12 Marzo 2007 da backtherock
E proprio con "Satisfaction" (1965) che i Rolling Stones si impongono definitivamente. Nel 1966 arriva il primo disco composto solamente da canzoni loro. È Aftermath, e segna un deciso affinarsi dei gusti musicali. Brian Jones si rivela, oltre che un gran chitarrista di scuola blues, un vero e proprio strumentista poliedrico: suona anche dulcimer e sitar. Seguono canzoni meno legate al blues: "Lady Jane" (quasi medievaleggiante), "Mother's Little Helper" (psichedelica), "Under My Thumb" (divenuta poi un classico del r'n'b). Dopo Aftermath segue un biennio di noie giudiziarie e mezzi passi falsi. Between the Buttons e, soprattutto, Their Satanic Majesties Request (entrambi del 1967) vorrebbero essere repliche alla dilagante moda beat e a Sgt. Pepper's; in particolare, dei due dischi, si ricordano "Ruby Tuesday", "Yesterday's Papers" (da Between the Buttons) "She's a Rainbow" (da Their Satanic....): la psichedelia beat non è nelle corde degli Stones. E così, il 24 maggio 1968 esce un singolo che rimette le cose al loro posto: "Jumping Jack Flash" / "Child of the Moon". Nuovamente un r'n'b sulfureo dominato da un riff immortale la cui paternità, inizialmente attribuita a Keith Richards, in realtà pare essere del bassista Bill Wyman. Segue poi un filotto di dischi che assicurano a Jagger e compagni il titolo di Greatest rock'n'roll band in the world. Beggars Banquet (con la celebre canzone Sympathy for the Devil), Let It Bleed, Get Yer Ya-Ya's Out!, Sticky Fingers e Exile on Main Street: ciascuno di questi viene citato in qualsiasi classifica di migliori dischi rock di sempre. Ma la fama ed il successo mondiale vogliono un loro prezzo. Ed è pesantissimo. Nel 1969 Brian Jones viene estromesso per divergenze con il gruppo e pochi mesi dopo annegherà nella sua piscina durante un party, in circostanze mai del tutto chiarite, e viene sostituito da Mick Taylor, il quale poi abbandonerà il gruppo nel 1974. Nel successivo tour americano del 1975 al suo posto subentra Ron Wood, già al fianco di Rod Stewart nel Jeff Beck Group e nei Faces. Durante gli anni Ottanta il gruppo attraversa un periodo di profonda crisi, sia creativa sia personale e nel 1986, all'indomani dell'uscita di Dirty Work, "Lavoro Sporco" appunto, (non supportato da alcun tour), si parla apertamente di separazione a causa di notevoli dissapori tra Jagger e Richards. Seguono quindi progetti individuali dei due capibanda: Jagger con She's the Boss, Primitive Cool e Wandering Spirit e Richards si segnala con i suoi Expensive Winos e con gli album Talk Is Cheap e Main Offender. Sia Richards che Jagger fanno anche concerti solisti. Jagger arruola Jeff Beck come chitarra solista nella sua tournée. |
Post n°13 pubblicato il 12 Marzo 2007 da backtherock
Nel 1990, visto che i Glimmer Twins non hanno riscosso un particolare successo con i loro progetti solisti, si torna all'ovile e con Steel Wheels si riaprono i battenti della premiata ditta Stones. Segue immancabile tournée mondiale e album live. Ecco fino al 1997 si procede così: album ogni tre anni tour e poi, inesorabile, disco dal vivo. Dal 1997 con Bridges to Babylon nulla più, se non qualche traccia inedita nell'ennesima antologia (40 Licks) che celebra il quarantennale della Band.Per strada si è perso Bill Wyman che dai primi anni '90, annoiato dalla pantomima, ha mollato il colpo e ora si diverte con una nuova band "The Rhythm Kings" deputata solamente ad una musica energetica e di puro divertissement; è stato sostituito da Darryl Jones, però come collaboratore non come membro ufficiale della band.Nell'agosto del 2005 ripartono per una nuova tournèe, mondiale ovviamente e il 2 settembre 2005 ha visto la luce A Bigger Bang un disco di canzoni nuove che dopo circa 8 anni dà un seguito a Bridges to Babylon. Pare che ci sia anche una canzone velatamente dedicata a Condoleezza Rice ("Sweet Neocon"). Al loro concerto a Rio de Janeiro hanno partecipato oltre 1.500.000 persone. Discografia:1964 - The Rolling Stones (UK, aprile)-1964 - England's Newest Hit Makers (US, maggio)-1964 - 12 x 5 (US, 24 ottobre)-1965 - The Rolling Stones No.2 (UK, 15 gennaio)-1965 - The Rolling Stones, Now! (US, 13 febbraio)-1965 - Out of Our Heads (UK-US)-1965 - December's Children (US)-1966 - Aftermath (UK-US)-1967 - Between the Buttons (UK-US)-1967 - Flowers (US)-1967 - Their Satanic Majesties Request-1968 - Beggars Banquet-1969 - Let It Bleed-1971 - Sticky Fingers-1972 - Exile on Main Street-1973 - Goat's Head Soup-1974 - It's Only Rock'n Roll-1976 - Black and Blue-1978 - Some Girls-1980 - Emotional Rescue-1981 - Tattoo You-1983 - Undercover-1984 - Rewind-1986 - Dirty Work-1989 - Steel Wheels-1994 - Voodoo Lounge-1997 - Bridges to Babylon-2005 - A Bigger Bang |
Post n°14 pubblicato il 18 Marzo 2007 da backtherock
I Beatles erano un gruppo musicale britannico, originario di Liverpool e in attività dal 1960 al 1970. Hanno segnato un'epoca non solo nella musica ma anche nel costume, nella moda e nell'arte moderna. Sono considerati uno dei maggiori fenomeni di influsso sulla musica contemporanea, tale da condizionare in maniera determinante la cultura pop del XX secolo. A distanza di diversi decenni dal loro scioglimento ufficiale - e dopo la morte di due dei quattro componenti - i Beatles contano ancora su un vasto seguito. I loro dischi vengono regolarmente commercializzati in versione digitale, ed arricchiti dal recupero di materiale inedito. Numerosi sono i fan club a loro dedicati, esistenti in ogni parte del mondo. Inoltre l'aura - per molti versi non sempre codificabile secondo canoni comuni - che circonda tanto lo sviluppo del loro sorprendente successo come parte dei moderni media, quanto lo straordinario esito artistico - in senso innovativo - della loro attività di musicisti rock, sono tuttora oggetto di studio da parte di persone appassionate o estranee al mondo della musica. Storia del gruppo- Sabato 6 luglio 1957, nella chiesa di san Pietro a Liverpool, era in corso un'esibizione dei Quarry Men, il gruppo skiffle del diciassettenne John Lennon, in occasione della festa annuale della parrocchia. Ivan Vaughan, già compagno delle elementari di John, gli presentò il quindicenne Paul McCartney, all'epoca suo compagno di scuola al Liverpool Institute. Paul si presentò suonando Long Tall Sally di Little Richard e Twenty Flight Rock di Eddie Cochran. Durante le sue esibizioni John usava cambiare parole e accordi a suo piacimento; rimase quindi colpito dalla memoria di Paul che ricordava alla perfezione testi e melodie. Sebbene John ben sapesse che invitare Paul a far parte del gruppo avrebbe significato condividerne la leadership, si risolse ben presto a chiedergli di entrare nei Quarry Men. Dopo l'arrivo di Paul, il gruppo abbandonò il rock sostenuto per avvicinarsi a linee melodiche pur sempre ritmate ma più vicine alla sensibilità dei giovani dell'epoca. Un anno dopo l'ingresso di Paul nel gruppo, questi contattò per un provino un altro ragazzo del Liverpool Institute, l'amico e compagno di scuolabus George Harrison. John ammise George nel gruppo dopo il provino. Nel 1960 fu un compagno di classe di John, lo scozzese Stuart "Stu" Sutcliffe a divenire il bassista dei Quarry Men. Più tardi, quell'anno, in onore dei Buddy Holly's Cricket (grillo, in inglese), il complesso prese il nome di Beatles (dopo essere passati per Beetles - scarafaggi -, Silver Beetles e Beatals). Il primo batterista era Thomas Moore, sostituito poco dopo da Pete Best. Gli inizi furono, come accadeva all'epoca a quasi tutti i gruppi rock, fatti di dura gavetta: lunghe sessioni di prova negli studi di registrazione, concerti in piccoli locali (storico è diventato il nome del Cavern Club di Liverpool che ospitò le loro prime performance), faticose trasferte in piccoli teatrini di periferia e, talora, frustranti (e sottopagati) tour all'estero, come nel caso della lunga permanenza ad Amburgo negli anni immediatamente precedenti la notorietà. |
Post n°15 pubblicato il 18 Marzo 2007 da backtherock
Tornati in Gran Bretagna a causa di alcuni problemi con la polizia tedesca (George era minorenne; John e Paul, sfrattati dal loro appartamento di Amburgo, rientrando nottetempo per prendere le loro cose, illuminavano la stanza per mezzo di alcuni profilattici appesi alle pareti cui davano fuoco, incendiando così la carta da parati, evento che provocava la loro espulsione), trovarono un manager in Brian Epstein che, all'epoca, gestiva un negozio di dischi a Liverpool e teneva sotto contratto alcuni gruppi locali, nella speranza che essi assurgessero alla fama. Epstein riuscì a far ottenere un provino ai Beatles per il giorno di capodanno del 1962. Fu così che Mike Smith, osservatore della Decca Records, partì alla volta di Liverpool per ascoltare i Beatles e un altro gruppo locale. Nonostante il gradimento di Smith, la Decca preferì mettere sotto contratto l'altro gruppo. Il fatto divenne aneddotico ed entrò a far parte della classica galleria di errori di valutazione della serie La parola agli esperti. Ad ogni modo, al di là dell'aneddotica, è necessario ricordare che in realtà la Decca, quantomeno, concesse ai Beatles un'audizione, laddove la stessa EMI, che poi finì per pubblicare i primi dischi del gruppo, di essi all'inizio non voleva saperne (e comunque, un paio d'anni dopo, la Decca, per ironia della sorte su raccomandazione di George Harrison, mise sotto contratto i Rolling Stones). Fu solo l'insistenza di Brian Epstein e le sue minacce di boicottare l'etichetta discografica londinese nei suoi negozi di Liverpool a convincere finalmente i dirigenti della EMI, che demandarono a George Martin il compito di ascoltare qualche traccia incisa dai Beatles. Martin, all'epoca, era responsabile per la EMI dell'etichetta sussidiaria Parlophone, che si occupava di jazz e musica classica. Non era molto sintonizzato quindi con lo stile dei Beatles, ma avendo ascoltato su insistenza di Epstein parte del materiale da essi prodotto, decise di concedere loro un'audizione che si tenne il 6 giugno 1962 a Londra. Furono registrati quattro pezzi, tra cui una versione del classico Besame Mucho cantata da Paul, e tre composizioni originali: Love Me Do, P.S. I Love You e Ask Me Why, sulle quali l'assistente di studio di George Martin, Ron Richards (che si fece carico della seduta di registrazione in attesa dell'arrivo di Martin), riteneva si potesse lavorare. Fu solo a quel punto che i Beatles poterono avere un vero contratto discografico, anche se non molto vantaggioso per loro. Martin non era molto convinto del look e del nome del gruppo, visto che a quei tempi andava di moda il nome del front-man seguìto dal gruppo d'accompagno (es. Rory Storm & The Hurricanes oppure Bill Haley & The Comets), ma li ingaggiò ugualmente. Quando il 4 settembre 1962 i Beatles si ripresentarono in sala d'incisione, Ringo Starr appariva alla batteria al posto di Pete Best, sostituito il 16 agosto per motivi mai chiariti. Love Me Do fu il primo brano a essere inciso, ma Martin non era soddisfatto del risultato; in particolare non era contento della prova di Ringo alla batteria. Decise così di chiamare un batterista di sala di incisione, Andy White, che registrò Love Me Do e P.S. I Love You. Ringo si adattò a suonare il tamburello come rinforzo al rullante in Love Me Do, mentre in P.S. I Love You era alle maracas. Martin non era comunque ancora soddisfatto, visto che, alla fine, decise di pubblicare come singolo la versione con Ringo alla batteria, mentre sul lato B c'era P.S. I Love You. Il disco raggiunse il diciassettesimo posto nelle classifiche di vendita del Regno Unito, ma a Liverpool vendette moltissimo. Una leggenda mai confermata vuole che il successo di vendite a Liverpool fu dovuto all'acquisto di diecimila copie da parte di Brian Epstein. Sul primo album dei Beatles, Please Please Me, venne invece pubblicata la versione con Ringo al tamburello. Si decise di utilizzare questa come versione standard, e il master dell'altra versione venne distrutto, o andò perduto. Riemerse anni più tardi, e la versione di Love Me Do con Ringo alla batteria venne pubblicata nella compilation Past Masters, Volume One. |
Post n°16 pubblicato il 18 Marzo 2007 da backtherock
I primi contrasti. Il 1968 si apre con un travagliato viaggio in India presso il Maharishi Mahesh Yogi. Da quella contrastante esperienza nasce il doppio The Beatles (soprannominato White Album per la copertina completamente bianca), in cui è evidente che il gruppo sta perdendo la sua coesione. Per rimediare ai sempre più frequenti contrasti (dovuti anche alla presenza ingombrante della nuova compagna di Lennon, Yoko Ono), nasce l'idea di "tornare alle origini" con un disco più spontaneo e meno ricercato. Il progetto, dal nome Get Back, prevede anche un film sulla realizzazione e un ritorno alla dimensione "dal vivo". Il 30 gennaio 1969 tennero quindi l'ultima apparizione pubblica esibendosi nel loro estemporaneo (quanto non si sa) concerto d'addio, destinato a restare - e a farli restare - nella storia della musica pop. Il palcoscenico, l'ultimo stage, era la terrazza del loro quartier generale londinese, la Apple, al numero 3 di Savile Row. Il pubblico era costituito, oltre che dagli operatori addetti alle riprese cinematografiche del concerto, da una manciata di curiosi, per lo più impiegati dello stesso stabile accorsi fra i comignoli senza forse immaginare che sarebbero stati testimoni di un evento. Per strada, per contro, decine di bobbies faticavano a tenere a bada ancora una volta (l'ultima) nugoli di fans che avevano appreso in qualche modo la notizia della performance. Ma subito dopo l'interesse dei quattro per Get Back cala e si dedicano a diversi progetti solisti. I componenti del gruppo erano: John Lennon (John Winston Lennon, Liverpool, UK, 9 ottobre 1940 - New York, USA, 8 dicembre 1980). Voce solista, suonava la chitarra ritmica, l'armonica e il pianoforte; era - insieme a Paul McCartney - l'autore della maggior parte dei brani. Fu ucciso davanti al Dakota Building di New York, dove abitava, l'8 dicembre 1980 da Mark David Chapman, un suo squilibrato ammiratore. Paul McCartney (James Paul McCartney, Liverpool, UK, 18 giugno 1942). Basso, voce solista, chitarra, pianoforte; condivide insieme a John Lennon la paternità della stragrande maggioranza dei brani dei Beatles; dopo i Beatles fondò il complesso dei Wings, sciolto nel 1980. È tuttora in piena attività. Particolare curioso: sua è la batteria in Back in the USSR, Dear Prudence e The Ballad of John and Yoko, brani registrati in assenza di Ringo Starr. George Harrison (Liverpool, UK, 25 febbraio 1943 - Los Angeles, USA, 29 novembre 2001). Chitarra solista, sitar, talvolta voce solista e autore dei brani. Suoi sono brani spesso innovativi e diversi dalla linea melodica del gruppo, come Don't Bother Me o Within You Without You. Per i Beatles ha scritto, tra l'altro, anche While My Guitar Gently Weeps e Something. È morto il 29 novembre 2001 durante un soggiorno a Los Angeles (California) a causa di un carcinoma maligno. (Harrison ha sempre sostenuto di essere nato il 24 febbraio del 1943, sostenendo che il suo certificato di nascita fosse sbagliato, ma non gli è mai importato molto di correggere tale errore della sua biografia, per cui la data del 25 febbraio è valida). Ringo Starr (Richard Starkey jr., Liverpool, UK, 7 luglio 1940). Batteria, percussioni e talvolta voce solista. La sua composizione più famosa per i Beatles è Octopus's Garden, ma è anche la voce solista di Act Naturally, Yellow Submarine e With a Little Help From My Friends. Rivelatosi particolarmente portato alla recitazione, fu il protagonista del film Help!, e mentre faceva ancora parte del gruppo recitò nel film The Magic Christian insieme a Peter Sellers. Quelli che seguono sono personaggi che hanno caratterizzato il gruppo sia prima della sua esplosione che durante la sua attività. Hanno preso parte a vario titolo alle vicende dei Beatles e sono, comunque, meritevoli di citazione.Stuart "Stu" Sutcliffe (Stuart Fergusson Victor Sutcliffe, Edimburgo, UK, 23 giugno 1940 - Amburgo, Germania, 10 aprile 1962). Considerato a lungo il "Quinto Beatle", "Stu" Sutcliffe - figlio di un marinaio scozzese che si stabilì a Liverpool dopo la guerra - conobbe il coetaneo John Lennon alla scuola d'arte di quella città. Bassista della band, quando i Beatles nel 1961 tornarono in Inghilterra rimase ad Amburgo per continuare i suoi studi artistici e soprattutto per amore di Astrid Kirchherr (Amburgo, Germania, 1938), la fotografa e stilista tedesca che inventò le pettinature del gruppo e con la quale si era fidanzato. Un aneurisma cerebrale uccise il giovane Stu nel 1962, che morì tra le braccia della sua fidanzata. Pete Best (Peter Randolph Best, Madras, India, 24 novembre 1941). Batterista, era uno dei migliori strumentisti (nonché uno dei più famosi musicisti) di Liverpool. Molto del successo iniziale dei Beatles prima delle prime incisioni discografiche fu dovuto proprio alla sua notorietà. Per motivi mai del tutto chiariti, fu "licenziato" da John Lennon e Paul McCartney qualche settimana prima della messa sotto contratto da parte della Parlophone (agosto 1962). Il suo posto fu preso da Ringo Starr. Successivamente, pur non rimanendo mai del tutto fuori dalla scena musicale, si impiegò in un ufficio pubblico a Liverpool, dove rimase fino alla pensione. Recentemente, dopo la pubblicazione, da parte dei Beatles superstiti, di alcuni brani inediti che lo vedevano alla batteria, pare che Pete Best sia stato gratificato di un assegno dell'ordine del milione di sterline, risarcimento postumo per il licenziamento imprevisto di più di trent'anni prima. Andy White (1930). Batterista professionista, session-man della EMI. Negli anni '60 era consuetudine registrare in studio usando strumentisti professionisti da sala, e i Beatles non sfuggirono alla prassi: siccome George Martin non si fidava appieno di Ringo Starr, chiamò Andy White a incidere la batteria in Love Me Do e in P.S. I Love You, mentre Ringo suonava il tamburello. Successivamente Ringo re-incise la batteria per quei brani. La batteria nella versione conosciuta di Love Me Do, comunque, è quella incisa da Andy White. Jimmy Nicol (Liverpool, UK, 3 agosto 1939). Batterista. Abbastanza noto sulla scena di Liverpool, fu scelto da Brian Epstein - di comune accordo con i Beatles ma con qualche riluttanza soprattutto da parte di George Harrison - per sostituire Ringo Starr, operato alle tonsille, durante il tour del 1964. Nicol si esibì nei concerti di Copenaghen (Danimarca), Hong Kong, e in quattro concerti australiani, tre a Sydney e uno a Melbourne. Billy Preston (William Everett Preston, Houston, Texas, USA, 9 settembre 1946, Scottsdale, Arizona, USA, 5 giugno 2006). Tastierista jazz-blues, ha collaborato con i Beatles nell'ultimo periodo di attività del gruppo. È, tra l'altro, l'unico musicista con il quale i Beatles abbiano condiviso il nome sull'etichetta di un disco: il singolo Get Back (1969), infatti, figura eseguito da «I Beatles con Billy Preston». Ha collaborato anche a brani come Let it Be, I Me Mine e I've Got a Feeling. In seguito, avrebbe avuto un discreto successo come autore di You're So Beautiful (scritta per Joe Cocker) e come interprete, in coppia con Syreeta Wright, del brano With You I'm Born Again (1980). Deceduto nel 2006 dopo alcuni mesi di coma, a causa di complicanze di una ipertensione maligna. Due persone in particolare, tra le molte che circondavano il quartetto, ebbero un peso determinante: Brian Epstein (Brian Samuel Epstein, Liverpool, UK, 19 settembre 1934 - Londra, UK, 27 agosto 1967), titolare di un negozio di dischi a Liverpool, fu lo "scopritore" del complesso, di cui diventò manager alla fine del 1961. Curò gli interessi del gruppo (talvolta in modo avventato ed inesperto) fino alla morte, avvenuta per overdose di medicinali, forse intenzionale. George Martin (Londra, UK, 3 gennaio 1926) fu il produttore di tutti gli album dei Beatles (con l'eccezione di Let It Be). Di formazione classica, è considerato da molti la persona che fu capace di tradurre le idee dei quattro, del tutto digiuni di teoria musicale, negli arrangiamenti divenuti storici e nell'innovativa tecnica del suono. |
Post n°17 pubblicato il 18 Marzo 2007 da backtherock
Dicografia Nella lista degli album inglesi si comprende per tradizione il doppio EP Magical Mystery Tour, che in USA uscì come album con l'aggiunta di brani già pubblicati su singolo: tale versione è alla base dell'edizione su compact disc. Tutti i dischi fino a Magical Mystery Tour uscirono su etichetta EMI/Parlophone. Dal White Album in poi uscirono su etichetta Apple, di proprietà degli stessi Beatles, ma in realtà si trattava comunque di edizioni EMI. Please Please Me - 22 marzo 1963 -With the Beatles - 22 novembre 1963 -A Hard Day's Night - 10 luglio 1964 -Beatles for Sale - 4 dicembre 1964 -Help! - 6 agosto 1965 -Rubber Soul - 3 dicembre 1965 -Revolver - 5 agosto 1966 -Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band - 1 giugno 1967 -Magical Mystery Tour (doppio extended play) - 8 dicembre 1967 -The Beatles (doppio LP, noto anche come White Album) - 22 novembre 1968 -Yellow Submarine - 13 gennaio 1969 -Abbey Road - 26 settembre 1969 -Let It Be - 8 maggio 1970 |
Post n°18 pubblicato il 25 Marzo 2007 da backtherock
Creedence Clearwater Revival Il trio originario, The Blue Velvets, costituito da John Fogerty, Cook e Clifford, si forma nel 1959 a El Cerrito, California. Reclutato Tom Fogerty, a metà degli anni '60 la band firma per la Fantasy Records, che cambia il nome del gruppo in The Golliwogs, con riferimento a Golliwog, un pupazzo-menestrello di un libro per bambini. Vengono pubblicati sette singoli, tra cui Brown Eyed Girl, che tuttavia non ricevono alcuna attenzione da parte del pubblico. Nel 1967 la band cambia nome in Creedence Clearwater Revival. John Fogerty diventa il vero leader del gruppo, scrivendo la maggior parte delle musiche e dei testi. L'album omonimo d'esordio, in cui spiccano Susie Q e la ben nota I Put a Spell on You riceve un'ottima risposta commerciale. Nel 1969 esce "Bayou Country", che delinea l'originale genere dei Creedence: un solido swamp rock che affonda le radici nel country e nel blues. Con i due album successivi, "Green River" e "Willy and the Poorboys" (Bad Moon Rising, Down on the Corner, Lodi, Fortunate Son), la band lascia definitivamente il segno nella storia del rock americano, soprattutto grazie alla vena compositiva e alla voce aggressiva di John Fogerty. Ad agosto i Creedence si esibiscono al festival di Woodstock. "Cosmo's Factory", immediatamente successivo al primo tour europeo, risulta il loro album più venduto, e contiene le celeberrime Who'll Stop the Rain, Run through the Jungle e la cover di I Heard It through the Grapevine di Marvin Gaye. Nel 1971 esce "Pendulum", album meno convincente e ultimo a formazione completa. Pochi mesi dopo infatti Tom Fogerty abbandona la band e intraprende una carriera solistica di scarso successo. Nonostante la perdita di Tom, esce 'Mardi Gras (1972), un album più "democratico", lasciando spazio alla composizione e alle voci di Cook e Clifford. A ottobre i CCR si sciolgono ufficialmente. L'unica riunione avverrà nel 1980, in occasione del matrimonio di Tom. Quest'ultimo, dopo aver contratto l'AIDS da una trasfusione di sangue, morirà nel 1990. Tre anni dopo i Creedence sono ammessi alla Rock and Roll Hall of Fame. Nel 1995 Cook e Clifford fondano i Creedence Clearwater Revisited, riproponendo in tour i vecchi successi. Discografia: Chronicle Vol. 2 (2LP Fantasy, 1986, ant.)The Movie Album (Fantasy, 1985, ant.) Chooglin (Fantasy, 1982, ant.)Creedence Country (Fantasy, 1981, ant.)The Royal Albert Hall Concert (Fantasy, 1980, live)Chronicle (2LP Fantasy, 1976, ant.)Live In Europe (2LP Fantasy, 1970, live)More Creedence Gold (Fantasy, 1973, ant.)Creedence Gold (Fantasy, 1972, ant.)Mardi Gras (Fantasy, 1972)Pendulum (Fantasy, 1971)The Golliwoogs (Fantasy, 1975, materiale pre - Creedence)Cosmo' s Factory (Fantasy, 1970) leggi la recensioneWillie & The Poor Boys (Fantasy, 1970)Green River (Fantasy, 1969)Bayou Country (Fantasy, 1969)Creedence Clearwater Revival (Fantasy, 1968) Dal sito: http://it.wikipedia.org/wiki/Creedence_Clearwater_Revival
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Post n°20 pubblicato il 31 Gennaio 2008 da backtherock
Gli AC/DC sono un gruppo hard & heavy australiano, formatosi a Sydney nel 1973. Sebbene il gruppo sia considerato universalmente come australiano, quasi tutti i suoi membri sono nativi britannici. Gli AC/DC sono tra i gruppi di maggior successo nella storia del rock: i loro album hanno venduto più di 150 milioni di copie nel mondo, di cui oltre 68 milioni nei soli Stati Uniti. Sono inoltre considerati fra gli artisti più importanti nella storia dell'hard rock: l'emittente televisiva VH1 li ha classificati al quarto posto fra i più grandi artisti di questo genere musicale. Il gruppo ha introdotto fin dai primi album uno stile musicale inconfondibile, un hard rock basato su riff semplici e incisivi di ispirazione blues, doppia chitarra distorta (ritmica e solista) in primo piano, cantato stridente ed aggressivo, versi e interpretazione scenica basati sullo stereotipo del "ragazzaccio" (a suo agio in un mondo di delinquenza, droga, alcool, soldi e prostitute) ma condito con ampie dosi di ironia (è celebre l'immagine del chitarrista, Angus Young, che si esibisce sul palco con una uniforme da scolaretto). Molti sono anche i film ispirati ai loro tour, in cui il chitarrista Angus Young domina la scena con i suoi assoli. Fra i brani più conosciuti della band si possono citare Highway to Hell, dall'omonimo album, ultimo della cosiddetta "Bon Scott Era" e Back in Black e Hells Bells, dall'album Back in Black, il primo registrato con Brian Johnson. Secondo la RIAA, Back in Black è il secondo album più venduto di tutti i tempi (circa 43 milioni di copie in tutto il mondo). Nel 2003 gli AC/DC sono entrati nella Rock and Roll Hall of Fame. |
Post n°21 pubblicato il 31 Gennaio 2008 da backtherock
Verso il successo internazionale. |
Post n°22 pubblicato il 31 Gennaio 2008 da backtherock
Highway to Hell e la morte di Bon Scott |
Post n°23 pubblicato il 31 Gennaio 2008 da backtherock
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Post n°24 pubblicato il 03 Febbraio 2008 da backtherock
The Who |
Post n°25 pubblicato il 10 Febbraio 2008 da backtherock
ALLMAN BROTHERS Dalla ridente cittadina di Macon spuntarono fuori due fratelli ambedue amanti del blues e del jazz, si chiamavano Duane Allman alla chitarra (estrema) slide, e Gregg Allman, all'Hammond e dintorni e soprattutto alla voce, che piu' nera non si poteva per un bianco, e per giunta biondissimo. Spaziarono in lungo e in largo, prestando la propria arte e carpendo segreti ad artisti gia' affermati e non come Wilson Pickett, Aretha Franklin, Boz Scaggs, Laura Nyro ecc., fondarono il loro primo gruppo, The Hourglass, ma era una prova quella ancora troppo acerba per un potenziale esplosivo che di li' a poco sarebbe deflagrato attraverso la mitica banda dei fratelli Allman. Unirono le forze a quelle dei due fratelli, Butch Trucks e Jay "Jaimoe" Johanson, che andarono a formare una delle prime multiformi e variegate sezioni ritmiche mai udite fin li': la doppia batteria. La sezione ritmica venne arricchita dall'apporto di un virtuoso del basso elettrico rispondente al nome di Berry Oakley; il tutto raggiunse il proprio completamento con l'inserimento di una seconda chitarra che fungeva sia da base ritmica che solista, Mr. Richard "Dickey" Betts. La musica di questo nucleo di virtuosi dello strumento era un condensato che spaziava verso una moltitudine di generi: vi era presente il blues, con la sua carica espressiva, il boogie, per il ritmo frenetico, il jazz per un modo nuovo di concepire musica dal vivo e per l'attitudine free-form, ovvero improvvisazione e sperimentazione senza confini nei concerti; il country faceva capolino qua e la', cosi', tanto per non rinnegare il proprio passato e per una certa riverenza nei confronti della (a loro) vicina Nashville. Questa country music si evidenziava soprattutto quando le tematiche del gruppo si facevano piu' malinconiche e romantiche, adatte a creare un'atmosfera e una colonna sonora di bivacchi all'aperto intorno ad un fuoco, e possibilmente in una prateria o in un deserto, il tutto per tener fede ad uno stile di vita "southern". Da tutto questo mix di suoni che confluivano e creavano il bagaglio musicale degli Allman Brother Band, spunto' fuori una diramazione che di li a poco sarebbe anch'essa esplosa, ovvero il southern rock. Definire gli Allman Bros. "una band di rock sudista", come si legge su un bel numero di enciclopedie del rock, e' alquanto limitativo. Gli Allman Bros. hanno un variegato numero di facce: possono essere "southern" attraverso le danze piu' furenti e virili, ma possono pure essere fusion nella loro voglia di abbattere i confini ristretti di certa musica, possono essere romanticamente country, o enfaticamente gospel, come possono riuscire a toccare le corde piu' intime del sentimento attraverso ballate bluesy. Il palco era il loro terreno preferito, o campo di battaglia, una canzone di 3 minuti, sul palcoscenico poteva esplodere, nascere e rinascere sotto molteplici luci, essere distorta analizzata da qualsiasi punto di vista. Nel periodo che e' a cavallo fra la fine dei '60 e l'inizio dei '70, gli Allman Bros. dovevano rivaleggiare e competere con un'altra grandissima jam-band: ovvero i Grateful Dead. Ma i due gruppi non si sono mai pestati i cosiddetti piedi perche' avevano un modo diverso di confrontarsi; i Dead erano piu' spirituali e ipnotici: si potevano vedere ai loro concerti sterminate distese di giovani in trance, rapiti dal loro avvolgente sound psichedelico; per quanto riguarda gli Allman Bros, invece, il movimento e la frenesia era il giusto habitat per una cosiddetta assimilazione musicale. Gli Allman Bros dal vivo erano piu' virili e viscerali, le loro erano autentiche prove di forza, maratone all'insegna di un approccio fisico e corporale; le parti solistiche non nascevano da colorate ballate lisergiche, ma da una carica emotiva piu' primordiale e meno nobile, eppur ugualmente attanagliatrice per la sua sinuosa carica selvaggia. La chitarra slide tirava fuori dal manico note che sembravano sconosciute, le percussioni alternavano interruzioni e riprese veloci, una seconda chitarra elettrica dava il cambio a tutto questo scenario per creare una sceneggiatura musicale tutta diversa dalla precedente, quando improvvisamente subentrava un Hammond a levigare certe spigolature precedenti di suono. Insomma, gli Allman Bros dal vivo erano un labirinto di trame, che traevano forza vitale appunto dal cambio e dall'integrazione stessa di tutti quegli strumenti, cosi' virtuosisticamente accarezzati e martirizzati allo stesso tempo. Come ogni band, anche The Allman Brothers avevano i loro leader, ovvero proprioi due fratelli. Duane, il piu' grande chitarrista slide di ogni epoca, che ha ridefinito lo stile e quella particolare tecnica chitarristica a base di feeling e di un semplice cilindretto metallico (a volte pure di vetro) per creare autentiche autostrade fra le stelle su di una scia melodica spettacolare e toccante. Gregg, il minore dei fratelli, ha meriti che vanno oltre il semplice ruolo di tastierista, vantando una voce (e non e' un esagerazione) fra le piu' belle in assoluto dell'intero panorama rock, una voce nera profonda e calda, capace di adattarsi a ogni suono, e di accarezzare come un leggero refolo di vento ogni centimetro dell'animo umano. Dopo gli esplosivi esordi su vinile con "The Allman Brothers Band" (1969) e "Idlewild South" (1970), la consacrazione del gruppo avviene con il doppio dal vivo "The Fillmore Concerts" (1971). Si comincia con "Statesboro Blues": Duane sfodera una introduzione fluida e levigata attraverso il suo slide-sound, Gregg non e' da meno e si prodiga in un cantato blueseggiante caldo e ispirato, il resto della band supporta il tutto creando un insieme di suoni ricchi per fantasia, coesione, precisione e compattezza. Un attacco a doppia cassa introduce "Trouble No More", un r&b in cui la slide guitar deborda da ogni dove, il basso di Berry e' vivo come non mai, tanto che con le suo note basse, riesce a far saltellare l'impalcatura sonora tutta del gruppo. E' un brano dal riff e dal ritornello malizioso, che entra nella testa e non esce piu'. Tempi e controtempi inaugarono atipicamente "Don't Keep Me Wonderin'", la struttura della canzone e' compattata attraverso punti fissi sonori, e solo nella parte solistica di Duane tutti gli strumenti si liberano da certi vincoli, la chitarra piange lacrime di dolore nel suo agonizzante gemito, mai tante lacrime di cosi' crudele tortura musicale sono state cosi' ben spese e sviscerate. "In Memory Of Elizabeth Reed" è invece un brano composto da Dickey Betts, di cui si narrano strane leggende per il curioso e particolare titolo; si narra che il nome di Elizabeth Reed fosse lo pseudonimo di una ragazza italiana, letto da Betts sulla lapide di un cimitero, altre leggende narrano che questo, non fosse altro che il metaforico nome di una ragazza che aveva rapito il cuore di Betts. In onore a tutto questo il brano e' un capolavoro assoluto: introduzione rarefatta di stampo fusion con lontane rimembranze di sonorita' tex-mex, un riff/ritornello totalmente strumentale che si ripete per 3 minuti, quando il ritmo prende quota, attraverso il solito magistrale solismo, in cui Duane e Dickey dialogano e duellano al contempo, in quel loro particolare linguaggio fatto di devozione mistica, e trasporto emotivo sublime. "One Way Out" scodella un riff suonato su note stoppate e singhiozzante in solitudine; solo pochi attimi, e al riff inaugurale si affianca la slide, e il cantato introduce una sentita invocazione. Le doppie percussioni di Trucks e Jaimoe sono perfette e potenti, riempiono il suono, lo compattano, riuscendo a creare i presupposti per un lirico solismo di Betts prima e di Duane poi, che per tecnica e feeling, distanzia anni luce il gia' ottimo Betts. Le tonalita' polverose e tipicamente "southern" prendono forma in "Done Somebody Wrong", e su queste basi gruppi come Lynyrd Skynyrd, Marshall Tucker Band e compagnia creeranno la loro carriera. I tempi sono boogie da saloni da ballo del sabato sera, l'armonica a bocca cambia scenario e ci fa inghiottire talmente tanto di quel whiskey da renderci ubriachi per tanto euforico sballo. Il cantato e' un alternarsi fra toni acuti e piu' sornioni, e in ambedue i casi Gregg e' a suo totale agio, l'Hammond funge qui espressamente da strumento ritmico, perche' qui il ritmo e' tutto: una canzone che gioca e vive sulla carica nervosa senza abbandonare mai la guardia. Magistrale esercizio di stile. Il blues e' "Stormy Monday", e "Stormy Monday" e' il blues piu' vero, punto e basta. Melodie nostalgiche che scaldano il cuore, un Hammond lontano tesse le sue spirituali trame, e Gregg alla voce, celestiale, si innalza come un angelo biondo, cantando, graffiando, sussurrando parole, che perdono ogni significato per tanta bellezza melodica. Che dire poi del solo chitarristico centrale? Ogni parola e' superflua di fronte a tanta maestosa intensita'... Altro classico imprescindibile del gruppo è la lunga "You Don't Love Me". L'inizio timido di chitarra e tastiera si trasforma sfacciatamente in una danza tribale al crocevia fra blues, boogie e swing; la chitarra di Duane si fa subito largo, riuscendo a centrare subito al cuore della melodia, ad essa per qualche attimo viene tolto il proscenio da parte di Betts, con quel suo stile piu' classico e discipinato, ma e' solo un attimo, e il gioco di squadra della Banda Allman's passa nelle mani di Gregg scivolandogli fra le dita in un azzeccato solo tastieristico. E' il brano con cui il gruppo era solito concludere gli show: non aveva regole né durata, ma solitamente e a quei tempi non terminava mai prima dei quindici minuti, concludendo cosi' concerti che non cessavano mai prima delle 6 del mattino! "Hot'lanta" è una caldissima Atlanta, che non viene certamente rinfrescata dalle torride note introduttive di Oackley al basso, prodigandosi poi verso lidi fusion, a dimostrazione di come il gruppo fosse preparato su tutte le discipline musicali. La canzone e' impreziosita da un assolo tastieristico/chitarristico ad opera dei fratelli Allman in stile stampo jazzistico, ma naturalmente quello che colpisce l'immaginario collettivo e' quello di Duane, mai pago di produrre una cosi' voluminosa mole di emozioni. Menzione particolare alla doppia batteria, che fra rullate e tempi dispari, trova il tempo per scandagliare le radici del ritmo in un piccolo ma ottimo assolo per coesione e armonia ritmica. In "Whipping Post" il riff è affidato alla linea melodica circolare di Oakley, che introduce subito Gregg alla voce, mai sentito cantare in tonalita' cosi acute e strozzate, senza riuscire a perdere di un niente tutto il suo smalto vocale. Essendo questo un album chitarristico, e' normale che un brano cosi' lungo ospiti una parte solistica di primo piano: Duane, infatti, si produce in un infinita quantita' di esercizi stilistici, ricamando riff su riff, e alternando parti solistiche meditative, solo lontanamente remote dal suo abituale furore tecnico, a scorribande che rivelano in maniera sviscerata la sua anima di rocker, il suo modo di concepire musica fatto solo di sangue e sudore senza risparmio. Un brano che ha le sue radici primarie nel jazz piu' sperimentale, ma che combina anche la visceralita' del blues e una certa vena psichedelica con suoni piu' liquidi. Praticamente la performance degli Allman Brothers ormai e' un fiume in piena, in piena completa trance artistica: mente sgombra da tutto e liberta' incondizionata, dettata esclusivamente dalla voglia di jammare all'infinito. Anche in "Mountain Jam" si respirano atmosfere fusion, il solismo e' piu' disciplinato e dissonante in certi frangenti, si coglie un suono di gruppo compatto e attento a certe metriche almeno nelle note introduttive, ovvero i primi 5/6 minuti, che hanno il pregio di creare i presupposti e fare da battistrada alle esibizioni di ogni componente del gruppo verso lidi sempre meno disciplinati e percorsi sonori piu' vorticosi. Il suono torna alle origini in "Drunken Hearted Boy", rivisitando il piu' classico dei blues, e il gruppo si cala nuovamente in questo contesto, come al solito egregiamente, sfoggiando qua' e la' toccate veloci e di gran classe per quanto riguarda le due chitarre, mentre un piano ricama in sottofondo melodie da sonnolento saloon. Il gruppo si riappropria di un tipico blues primitivo, senza concedere niente alla sua carica effervescente e sperimentale: la melodia scorre sonnolenta, cullando l'ascoltatore e ricordandogli che, con il finire di questa canzone, ha appena avuto il privilegio di vedere/udire un evento che in seguito solo raramente la musica rock riuscira' a eguagliare. Subito dopo queste performance, la storia della band si tinge di dramma: Duane Allman muore nell'ottobre del 1971 in un incidente di moto, seguito a ruota da Oakley (vittima anch'egli di un incidente motociclistico, nel novembre 1972, quasi nello stesso punto). N.B.: Per chi volesse avvicinarsi alla musica degli Allman Brothers e principalmente a questo disco, è opportuno ricordare che esistono due versioni: quella chiamata "Live at Fillmore East", su singolo cd, e la raccolta doppia "Fillmore Concerts" (questa), che racchiude una piu' ampia sintesi di quanto non faccia il "Live at Fillmore" su tutto quello che successe durante gli show del 12 e 13 marzo del '71 e il concerto del 27 giugno, sempre del '71. DISCOGRAFIA
Dal sito: www.ondarock.it |
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