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RIFLESSIONI.

Post n°238 pubblicato il 31 Luglio 2012 da laloda
Foto di laloda

Ieri sera tardi stavo leggendo il numero 957 (19 luglio) di Internazionale e dopo la lettura di un articolo mi sono messo a riflettere.

Vi riporto una parte dell’articolo di Amira Hass da Gerusalemme, dal titolo “Pochi giorni di vita”.

Nell’articolo viene raccontata questa storia, alla giornalista che sospirava, da un anziano alla cassa di una libreria.

 

Questa è la storia:

…” Un uomo visita una città straniera. Va al museo, poi al palazzo e nella città vecchia. Infine entra in un giardino costellato di pietre. Un cimitero.

Cammina tra le tombe. “Ha vissuto sette giorni”, legge su una lapide. “Ha vissuto 36 giorni”, recita un’altra. L’uomo si accorge che le lapidi sono tutte simili (“otto giorni”, “undici mesi”) ed esclama ad alta voce: “Deve essere un cimitero per bambini”.

Una donna interviene e lo corregge: “No. Sono tutti morti in età adulta. Sulla lapide c’è scritto il numero di giorni che hanno vissuto veramente, quelli in cui si sono goduti la vita”.

 

Ecco sono andato a dormire con questo pensiero in testa: quanti di noi riescono a vivere davvero? Io sono capace di vivere davvero? E per quanti giorni ho vissuto davvero? Per quanti giorni mi sono goduto la vita?

 

Sto andando indietro nel tempo,con la mente cerco di risalire fino ai primissimi ricordi, quelli dell’infanzia e voglio scoprire se fino ad ora mi sono goduto la vita e per quanti giorni, o per quante ore.

Ma la domanda che più mi tormenta è: da ora in poi sarò capace di avere solo ore e giorni di vita vera? Sarò capace di vivere godendomi la vita fino all’ultimo?

 

P.S. un ringraziamento a tutte le persone che passano di qua e che, a volte, mi chiedono l’amicizia.

 
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Verrà il tempo ....

Post n°237 pubblicato il 22 Luglio 2012 da laloda
Foto di laloda

Oggi è un’altra domenica da passare solo, come tante ormai; e i pensieri si accavallano come le onde del mare quando si appresta ad accogliere la burrasca. E questa vita è una burrasca, una burrasca d’estate.

E come un marinaio devo affrontarla questa burrasca, senza sapere dove finisce, senza sapere se le onde mi scaraventeranno giù dal ponte, senza sapere se dopo la burrasca ci sarà il sereno.

Ti ho chiamata ieri, ma non hai risposto; e non hai richiamato, e nemmeno hai fatto lo squillo.

Volevo sapere come stai, se provi rabbia o rancore nei miei confronti; domanda stupida vero?

Certo che provi rabbia e rancore.

Sappi che anche per me non è facile, sappi che aspetterò sempre un tuo abbraccio; l’abbraccio di chi capisce che non tutte le colpe sono mie.

Continuo a ripetermi che un giorno capirai e questo mi fa stare qui, qui ad aspettare, ad aspettare te.

La vita spesso non ci riserva cose piacevoli, e quello che stai passando è brutto, lo so.

Ma ho la speranza, quella ancora non si è spenta; ed anche queste onde non riescono a spegnerla.

E aspetto il tempo tesoro; il tempo buono, quel tempo in cui ci si può mettere seduti, tranquilli e parlare e ricominciare a fare progetti per te.

Buona domenica tesoro mio.

 
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E' amore puro....

Post n°236 pubblicato il 16 Luglio 2012 da laloda
Foto di laloda

Sorprendimi ...
con baci che non conosco ogni notte
stupiscimi ...
e se alle volte poi cado ti prego
sorreggimi, aiutami
a capire le cose del mondo
e parlami, di più di te, io mi dò a te
completamente ...
Adesso andiamo nel vento e riapriamo le ali
c'è un volo molto speciale non torna domani
respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani
qui non ci vede nessuno siam troppo vicini
e troppo veri ...
Sorprendimi ...
e con carezze proibite e dolcissime
amami ...
e se alle volte mi chiudo ti prego
capiscimi, altro non c'è
che la voglia di crescere insieme
ascoltami, io mi do a te e penso a te
continuamente ...
Adesso andiamo nel vento e riapriamo le ali
c'è un volo molto speciale non torna domani
respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani
qui non ci prende nessuno siam troppo vicini
e troppo veri ...
veri ...
Dai che torniamo nel vento e riapriamo le ali
c'è un volo molto speciale non torna domani
respiro nel tuo respiro e ti tengo le mani
qui non ci prende nessuno siam troppo vicini
e troppo veri ...
Sorprendimi ,sorprendimi ,sorprendimi..

 
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Il Tempo.

Post n°235 pubblicato il 12 Luglio 2012 da laloda
Foto di laloda

Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.

C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci.

C'è un tempo perfetto per fare silenzio
guardare il passaggio del sole d'estate
e saper raccontare ai nostri bambini quando
è l'ora muta delle fate.

C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato.

È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
per questo mare infinito di gente.

Dio, è proprio tanto che piove
e da un anno non torno
da mezz'ora sono qui arruffato
dentro una sala d'aspetto
di un tram che non viene
non essere gelosa di me
della mia vita
non essere gelosa di me
non essere mai gelosa di me.

C'è un tempo d'aspetto come dicevo
qualcosa di buono che verrà
un attimo fotografato, dipinto, segnato
e quello dopo perduto via
senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
la sua fotografia.

C'è un tempo bellissimo tutto sudato
una stagione ribelle
l'istante in cui scocca l'unica freccia
che arriva alla volta celeste
e trafigge le stelle
è un giorno che tutta la gente
si tende la mano
è il medesimo istante per tutti
che sarà benedetto, io credo
da molto lontano
è il tempo che è finalmente
o quando ci si capisce
un tempo in cui mi vedrai
accanto a te nuovamente
mano alla mano
che buffi saremo
se non ci avranno nemmeno
avvisato.

Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.

I. Fossati "C'è tempo"

 
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Le mie note.

Post n°234 pubblicato il 12 Luglio 2012 da laloda
Foto di laloda

Ho da sempre la passione per la musica, la ascolto sempre ed ho il rammarico di non averla studiata; in fin dei conti la musica è matematica ed io con la matematica mi ci sono sempre trovato bene.

In questi giorni ne ascolto moltissima, del resto quando si è appesi ad un filo sottile la musica ti aiuta a far si che quel filo, pur continuando ad attorcigliarsi non si spezzi mai.

E sono tre anni ormai, tre lunghissimi anni che il mio filo è attorcigliato, peggio della lenza di un pescatore; passi ore e ore a cercare di districarlo e non ne vieni mai a capo e allora decidi di buttare tutto, costa di meno.

Tre anni, tre lunghissimi anni in cui la percezione del tempo e delle cose si è talmente dilatata e sfumata che non riesco nemmeno più a vederle, a sentirle, a toccarle.

Quante cose sono successe in questi tre anni; eppure io non le ricordo, non le vedo più, non riesco a definirne i contorni, è come se non mi appartenessero più, come se non mi siano mai appartenute.

Mi sto sempre più convincendo che è vero che ci si abitua a tutto; dopo tanto tempo che ti manca qualcosa è come se non l’avessi mai avuta e quindi ti comporti come se non la conoscessi proprio. Ma ci sono cose che non si possono dimenticare completamente: non posso dimenticare che ho una dignità, non posso dimenticare che ho un cuore, non posso dimenticare me stesso.

E allora mi chiedo come mai continuo a guardare il pentagramma e non riesco a scrivere neanche una nota, neanche un accordo; o meglio le scrivo ma sono sbagliate stonano, non sono armoniche come vorrei.

Di punto in bianco ho realizzato che in effetti non so scrivere la musica, non la so leggere, non la so interpretare. E mi chiedo che ci faccio con il pentagramma e la matita; non hanno senso nelle mie mani, in queste mani insicure, tremolanti, che non riescono più ad afferrare nulla.

E ripenso a quando invece queste mani riuscivano ad afferrare tutto, a bloccare tutto ciò che mi piaceva, a fare tutto quello che mi riempiva di gioia; a quando urlavo di gioia per quello che ottenevo, che facevo, che scrivevo.

Ora non mi resta che lasciare qui, in queste righe la desolazione della sofferenza, della solitudine; l’urlo soffocato della rabbia inutile, di tutto quello che non sarà, che non accadrà, che non potrò più afferrare.

 
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