Turbine Interno

IMPRESSIONI DI... NOVEMBRE


Venuto al mondo. Sto leggendo il libro della Mazzantini. Tempo fa ero andata al cinema a vedere il film che ne aveva fatto Castellitto. Ricordo che rimasi attratta dall'attore che faceva Gojko, dal suo modo di fare, tipico degli uomini dei balcani. Ricordo il buio della sala e le immagini che si susseguivano una dietro l'altra, portandoci poco a poco verso la verità. I titoli di coda, lo schermo nero e le luci accese all'improvviso. Quel getto freddo che ti riportava prepotentemente alla realtà. Quello che mi è rimasto più impresso di tutto però, era lo sguardo della gente. Degli amici che avevo accanto e degli estranei che occupavano la sala. Eravamo tutti impietriti. Imbambolati davanti allo schermo ormai spento. Ognuno con in testa un vortice di pensieri. I movimenti lenti e silenziosi delle mani che si infilano nei cappotti. Nell'aria c'era quella deferenza che si assume tipicamente quando ci si trova in Chiesa.  Il mio sguardo che vagava sui volti della gente. Pronto a cogliere le impressioni. La faccia sconvolta di una signora. I suoi occhi a punto interrogativo nei miei, come a cercare una sorta di complicità, di sostegno. Mi era venuto da ridere, allora. La mia reazione di scherno alle situazioni troppo solenni.Si dice che vedere un film e poi leggere il libro da cui è stato tratto, sia deleterio. D'altra parte, è anche vero il contrario. Ogni qualvolta si legge un libro e poi si va a vedere il film, si rimane delusi. Questa è un'eccezione. Non so se dipenda dal fatto che sia passato un anno, ma non mi dispiace avere in mente le facce di Penelope Cruz e di Emile Hirsch. Ovviamente le pagine di carta sono nettamente superiori alle immagini. Comunicano sensazioni, pensieri, paure, disperazione che dal film arrivano, ma in modo ovattato. Ma solo perché con le parole si può indugiare di più su una sensazione, che non con le immagini. Il senso viene trasmesso ma è un riassunto di quello che veramente c'è dietro.Questo libro è un mattone sullo stomaco. E' di un reale disarmante. La descrizione della guerra in ex Jugoslavia, di come la gente vive con la costante paura che da un secondo all'altro tutto possa finire. Alle immagini siamo assuefatti, ormai. Ma alle parole ancora no, per fortuna. Le parole hanno il potere di catapultarti lì, in mezzo ai proiettili. Possono descrivere così bene una situazione, da farti provare sgomento per quello che è stato. Per quello che è tutt'ora, da qualche parte del mondo. Lontano. Con le parole puoi sentirti svuotato, come se quella guerra l'avessi vista veramente con i tuoi occhi. E comprendi ogni reazione di chi ha la fortuna di tornare a vivere la sua vita normale, in qualche città privilegiata dalla sorte.Immagino che il mio sguardo non sia quello di sempre. Quando leggo questo genere di libri, la testa si affolla. Il cuore diventa più triste. Ho il malessere dentro. Anche se in realtà - nella mia realtà - non ho alcun motivo di lamentarmi. Apparentemente soffro per delle parole. La verità è che soffro per qualcosa di reale che quelle parole, seppur romanzate, rievocano.Mangio. In tv, un servizio del tg. Non so neanche di cosa stiano parlando. Il giornalista parla con la solita nenia. Si susseguono delle immagini che non rimangono nella mia testa. Sfuggono. Per afferrare la realtà, mi metto a leggere le frasi in sovrimpressione "Bari:  sguardi di sfida vietati dal Comune". Mi viene da ridere per l'assurdità della notizia. Penso alla guerra. Alle corse tra le strade per evitare i proiettili dei cecchini. Poi provo ad immagine gli "sguardi di sfida" dei baresi.Questo mondo è un insieme di cose assurde che cozzano tra loro.Ieri mi ha telefonato il prieten di Valcea. Oggi sarebbe partito per la Romania. Fino al 10 novembre."Come farò senza di te, amica mia?? Mi mancherai"Claudiu è un po' come Giorgio. E' solo. L'unica differenza è che lui è ancora giovane, e si trova in un paese che non è il suo. Ci ho pensato su un bel po' a questa coincidenza. A questo modo che ho di avvicinarmi alla gente che ha bisogno di parlare, di fare una chiacchiera, di una risata. Sembra quasi una missione, la mia. Portare un po' di allegria nelle vite in cui ogni giorno si sussegue identico all'altro. Senza alcun entusiasmo.   - Dai prieten! Che neanche te ne accorgerai di questi giorni per quanto passeranno veloci...Dice che in primavera ritornerà definitivamente nel suo paese. Forse riuscirà a prendere un posto decente. Pagando. E' una buona notizia, per lui. Finalmente dopo 10 anni può tornare a casa. Gli dico che sono contenta. Anche se un po' mi sento triste. L'ennesima persona che va via. Che spicca il volo. Che si farà la sua vita, che invecchierà. L'ennesima persona di cui non saprò più nulla. Ma non voglio che lui percepisca la mia tristezza egoistica. Devo fargli sentire che sta facendo la cosa giusta. Che è meglio ritornare a casa invece di stare ad invecchiare, da solo, in un paese straniero.- Vuoi sapere come ti vedo tra qualche anno, prieten? Tu ritornerai in Romania, incontrerai una romena. Ti sposerai, e avrai tanti figli!!- io non voglio ritornare in Romania! Qui ho la mia amica.- ho capito, ma che c'entro io!! Quella è casa tua! Dovresti essere contento di ritornare nel tuo paese.- ma i romeni sono tutti sottosviluppati. Non mi trovo bene lì.- tu pensa a partire, a riposarti e a divertiti. Non pensare all'Italia.- farò tutto che mi hai detto, però a non pensare a te non me lo chiede, non lo potrei mai fare. Tu sei l'Italia.- prieten... sei proprio romantico... secondo me sei nato nel paese sbagliato. Ti comporti più da italiano che da romeno sottosviluppato!!!Ormai sono abituata alle parole ad effetto. Non per niente Wiston mi ha riempita di paroloni. Mi chiedo se sia un modus operandi tipico dei popoli latini, o se questo olteanul sia veramente più sensibile rispetto al suo connazionale moldavo...