turchia2005

11 Agosto Akbayir - KastamonuStorýe da bar....


Vorrei essere un ottimo scrittore per dar forma ai miei pensieri con scorrevolezza ed armonia; mancandomene l'esperienza, cerchero' almeno di essere sintetico, benche' le cose accadutemi ultimamente non siano poche.Ieri, come gia accennato, molti chilometri sono passati sotto le nostre biciclette. Forse troppi per i nostri muscoli non ancora abituati al pesante carico che ci portiamo dietro. La stanchezza pero' non sempre va di pari passo con la fatica. Nelle tante ore trascorse ieri in sella ho sempre avvertito questa, mai quella. La stanchezza, infatti, ha bisogno di calma fisica e pace mentale per potersi fare strada nel corpo, non puo' competere con le emozioni primarie: tensione, fatica e spavento non le lasciano spazio."No problem. We find the room, now drink thé". Questa frase, se pronunciata alle 10 di sera, dopo che per due ore hai pedalato nell' oscurita' convinto di esserti perso, puo davvero significare tanto.Il manipolo di uomini che ci accoglie alla locanda di Iliasbey, paesino con pochi abitanti e galline al pascolo, osserva e sorride, scosso proprio nel mezzo della rituale consumazione serale di thé. Da quando Atatürk, padre della patria, decise di fare della costa orientale del Mar Nero un centro di porduzione del prezioso infuso, il thé é divenuto bevanda nazionale, aiutato dal sacro e poco rispettato divieto islamico di consumare alcolici. Non ci rimane altro che accomodarci con loro e bere a nostra volta il thé fumante, offertoci dal signore piu anziano, un vecchio silenzioso dalle mani ruvide e lo sguardo fiero di chi gode di un rispetto indiscusso.Venivamo da una lunga escursione che potrei schematizzare usando come parametro il manto stradale incontrato: asfalto chiaro e grezzo al mattino, coperto da un velo di sassolini pronti a schizzare ad ogni passaggio di automobile; asfalto liquefatto a mezzodi', il contatto coi copertoni lo proiettava sui telai delle beci e sulle gambe; strada bianca e sconnessa alla sera, prorpio quando non c'era piu' il sole ad illuminare il percorso (spero mi perdonerete la digressione nozionistica, ma ad un ciclista non possono sfuggire tali dettagli).Avvertito da qualcuno degli astanti, secondo meccaniche collaudate quanto invisbili ai nostri occhi, il padrone della pensione giunge a bordo della vecchia Fiat 128 blu scuro con la quale ci scorta al luogo in cui pernotteremo. Per cui ci congediamo, salutando piu' con gesti delle braccia che con le poche parole imparate in una settimana: il nostro passaggio, ne siamo certi, non verra' dimenticato e nelle tranquille serate di quella locanda riecheggera' la storia dei due stranieri venuti un giorno a bordo di biciclette meravigliose, tanto stupidi da non saper parlare e tanto potenti da avere un faro sulla testa che illumina il cammino.