Le tonalita' del giallo e quelle del marrone possono fondersi in una infinita' di combinazioni, quassu' nell'altopiano. L' azzurro deciso del cielo limpido fa da cupola ad un paesaggio desertico, dove le strade corrono dritte per chilometri e senza ostacoli scompaiono alla vista proprio nel punto esatto in cui, all'orizzonte, cielo e terra si fondono in un unico pastello sfumato. A far da padrone su questa piana sconfinata é il soffio ininterrotto del piu' benvenuto dei venti: quello che ti accarezza le spalle e ti sospinge, asciugando il sudore e alzando la media della velocita' a cui si é percorsa la tappa odierna. Novanta chilometri in tre ore e mezza, ad una quota costante di oltre mille metri. Paesaggio desertico, come gia' accennato: di quelli che ti tolgono la parola, e ti fanno venire voglia di ascoltare la voce stridente del grano che ondeggia, spezzata di tanto in tanto dal rumore assordante dei convogli di camion che ci salutano divertiti con lunghe suonate di clacson. Poco spazio alle parole, massima concentrazione nello sguardo: a circondarci e' uno scenario improbabile, dove le forme irregolari dei rilievi circostanti si alternano a vasti pianori senza criterio apparente, come se la natura avesse sfogato in questi luoghi tutta la sua misteriosa creativita'. A noi non resta che pedalare, sempre diritto, non puoi sbagliare. La vista di Þarkiþla, anonima quanto frenetica cittadina anatolica, regala ad entrambi un gradevole senso di distensione: almeno per un paio di volte, durante la traversata, avevamo dovuto fare i conti con la scarsezza d'acqua nelle borracce. Brutta sensazione, sopratutto a causa dei quasi quaranta gradi che fondono l' asfalto e smorzano gli entusiami. Poi il solito copione: caccia all' albergo decente ed economico (oggi 9 euro per entrambi), doccia di mezz'ora, passeggiata in centro. Spesso la stanchezza ci preclude la piena contemplazione di questi luoghi, ma certi elementi non possono sfuggire: gli onnipresenti bambini, sporchi e liberi; le fogne aperte che spandono odori a cui conviene abituarsi; le pasticcerie, dove si fondono con successo sapori dolci e salati; il venditore di teste di agnello, con in mano un giornale che non servira' ad incrementare le sue conoscenze ma a scacciare le vespe che sia annidano tra le orecchie e le bocche della sua preziosa merce.Fagioli e riso sembreranno un pasto umile a chi, in Italia, é alle prese col pranzo di Ferragosto: per noi hanno invece costituito un delizioso diversivo all'ingombrante "kebab", piatto nazionale turco, ottimo quanto arduo da digerire. Poi, sdraiatomi sul letto, inizio a leggere il romanzo giallo che ogni giorno mi trascino dietro, e che cosi' acquista un valore affettivo crescente: ma il sonno giunge fulmineo, non vado oltre le due righe. Ed é subito un nuovo giorno...
15 Agosto Sivas - SarkislaIl mýo Ferragosto
Le tonalita' del giallo e quelle del marrone possono fondersi in una infinita' di combinazioni, quassu' nell'altopiano. L' azzurro deciso del cielo limpido fa da cupola ad un paesaggio desertico, dove le strade corrono dritte per chilometri e senza ostacoli scompaiono alla vista proprio nel punto esatto in cui, all'orizzonte, cielo e terra si fondono in un unico pastello sfumato. A far da padrone su questa piana sconfinata é il soffio ininterrotto del piu' benvenuto dei venti: quello che ti accarezza le spalle e ti sospinge, asciugando il sudore e alzando la media della velocita' a cui si é percorsa la tappa odierna. Novanta chilometri in tre ore e mezza, ad una quota costante di oltre mille metri. Paesaggio desertico, come gia' accennato: di quelli che ti tolgono la parola, e ti fanno venire voglia di ascoltare la voce stridente del grano che ondeggia, spezzata di tanto in tanto dal rumore assordante dei convogli di camion che ci salutano divertiti con lunghe suonate di clacson. Poco spazio alle parole, massima concentrazione nello sguardo: a circondarci e' uno scenario improbabile, dove le forme irregolari dei rilievi circostanti si alternano a vasti pianori senza criterio apparente, come se la natura avesse sfogato in questi luoghi tutta la sua misteriosa creativita'. A noi non resta che pedalare, sempre diritto, non puoi sbagliare. La vista di Þarkiþla, anonima quanto frenetica cittadina anatolica, regala ad entrambi un gradevole senso di distensione: almeno per un paio di volte, durante la traversata, avevamo dovuto fare i conti con la scarsezza d'acqua nelle borracce. Brutta sensazione, sopratutto a causa dei quasi quaranta gradi che fondono l' asfalto e smorzano gli entusiami. Poi il solito copione: caccia all' albergo decente ed economico (oggi 9 euro per entrambi), doccia di mezz'ora, passeggiata in centro. Spesso la stanchezza ci preclude la piena contemplazione di questi luoghi, ma certi elementi non possono sfuggire: gli onnipresenti bambini, sporchi e liberi; le fogne aperte che spandono odori a cui conviene abituarsi; le pasticcerie, dove si fondono con successo sapori dolci e salati; il venditore di teste di agnello, con in mano un giornale che non servira' ad incrementare le sue conoscenze ma a scacciare le vespe che sia annidano tra le orecchie e le bocche della sua preziosa merce.Fagioli e riso sembreranno un pasto umile a chi, in Italia, é alle prese col pranzo di Ferragosto: per noi hanno invece costituito un delizioso diversivo all'ingombrante "kebab", piatto nazionale turco, ottimo quanto arduo da digerire. Poi, sdraiatomi sul letto, inizio a leggere il romanzo giallo che ogni giorno mi trascino dietro, e che cosi' acquista un valore affettivo crescente: ma il sonno giunge fulmineo, non vado oltre le due righe. Ed é subito un nuovo giorno...