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LA DEMOCRAZIA DEL BADR

Post n°8 pubblicato il 01 Agosto 2012 da tusiodejuliis

Irak: la democrazia del BADR

di  Tusio De Iuliis
25 Aug 2005

 

Dora, circondata da decine di check point di marca americana e della nuova polizia irachena, come Falluja, vive il suo dramma nella più taciuta omertà dei mezzi di informazione.

Dora, è lontana da Baghdad, mezz'ora circa di macchina la divide dal centro della città; la raggiungi passando tra la grande raffineria di "Al-Dora, "difesa" durante la guerra da sparuti gruppi di scudi umani, i poderosi "silos" di cereali, per inoltrarti subito dopo in un immenso e vasto mare di palme.

Dora é un quartiere di circa 400.000 abitanti, sconosciuta alla maggior parte dei giornalisti; è sede del grande collegio-scuola della Chiesa cattolica Caldea, una volta diretto da padre Joseph Habbi, membro dell'Accademia delle scienze dell'Iraq e docente presso l'università Cattolica di Roma, morto nel 2001 in territorio giordano, a causa di un dubbio incidente stradale sulla strada che da Baghdad conduce ad Amman. Fin dai primi giorni del "dopo guerra", Dora è stata sempre molto attiva nella resistenza all'occupazione americana.

Le notti sono scandite dalle esplosioni che si susseguono lungo la "linea veloce" che la percorre e la taglia in due; qui i mezzi blindati americani poche volte riescono a passare indenni e sistematicamente, ad ogni attentato, le "reazioni" della coalizione e del governo si abbattono indiscriminatamente e pesantemente sulla popolazione civile.

Così, in piena estate, tra i 55 e i 60 gradi all'ombra, anche le poche ore di erogazione di corrente elettrica (appena due), ad oltre due anni dalla "fine" della guerra, viene sistematicamente interrotta. Così vale per quella "salubre" acqua all'uranio impoverito che i bambini iracheni sono costretti a deglutire per non morire di sete.

Lo stesso accade per i telefoni. Isolati, maledettamente isolati, da Dio, dagli uomini e dal resto del mondo "civile". Operazioni sistematiche, che si rivelano di pura criminale ritorsione, per costringere in qualche modo la popolazione, alla "collaborazione" e alla delazione.

La democrazia cammina così a Baghdad, con i nuovi cartelloni pubblicitari che fanno capolino lungo la Al-Saddon , con l'invito a frequentare le nuove palestre "ARNOLD Classic GYM".

Qui a Dora come ad Adhamiya, come a Falluja o a Baquba, come a Samara, spiccano le attività di sedicenti militari governativi, che operano liberamente, senza nessun controllo, anzi in piena e sfacciata legalità occupante.

In realtà sono veri e propri squadroni della morte e del terrore; il braccio armato del "Consiglio della Rivoluzione Islamica" e della CIA, è riconoscibile sotto le insegne dell'Organizzazione "Badr", diretta da Abdel Aziz Al-Hakeem, fratello dell'Imam, Mohamed Baker Al-Hakeem, ucciso a Najaf..

Il "Consiglio della Rivoluzione Islamica", insieme al partito "Al-Dauaà", hanno dato vita alla "Lista dell'Alleanza Unita", di cui grande consigliere politico è l'Imam Al Sistani.

Nel frattempo la coalizione dei partiti dell'Alleanza sciita ha occupato tutti i posti e i ruoli chiave di comando, nell'esercito e nella polizia.

Nessun dubbio, Negroponte, ha fatto un buon lavoro.

Martedì 17 Maggio, forze "speciali" del Ministero dell'Interno provenienti da Hilla e il Battaglione Wolf, hanno arrestato 52 musulmani sunniti dal quartiere Al-Sha'ab che fà parte del comprensorio di Adhamiya. Dieci ore dopo, 13 cadaveri sono stati lasciati della zona.

I segni indicavano che erano stati torturati barbaramente prima di essere uccisi. Pochi giorni dopo, stessa sorte per un gruppo di 15 agricoltori residenti nella città di Al-Mada'in, a Sud-Est di Baghdad, venuti a Baghdad per vendere i loro prodotti.

La stessa squadra di forze di sicurezza, li ha arrestati e i loro corpi, dopo qualche ora, furono trovati in una discarica in località "Kasra Wa Atash" ad Est di Baghdad.

Avevano le mani legate, con evidenti segni di tortura sul corpo, fratture alle ossa e al cranio.

Erano solo agricoltori, religiosi e fedeli, modestissima e povera gente, nulla che potesse in qualche modo avvicinarli alla resistenza e tanto meno al terrorismo; ma erano sunniti e tanto basta oggi in Iraq per essere massacrati.

Quel giorno, la signora Um Sara (mia vicina di casa) era sola con sua figlia di 10 anni; puntando le armi alle tempie delle due donne, sei poliziotti alla ricerca di armi (che non trovarono), decisero di non andarsene a mani vuote: le derubarono del loro gigantesco e prezioso generatore di corrente.

Da quel momento, più di dieci famiglie restammo senza luce elettrica che ci veniva fornita gratuitamente.

Questi orrori accadono in ogni momento del giorno e della notte.

Le voci camminano più veloci delle pallottole per le strade di Dora e le notizie, si susseguono e si rincorrono, una più terribile dell'altra, di atrocità commesse o in atto, a Mikanik o Al-Boethea. Gli squadroni spadroneggiano, spalancano le porte delle case, arrestano e rubano ogni cosa, dai computer, denaro, gioielli: qualunque cosa che abbia un valore.

Gli arresti di giovani, per strada o nelle case, da parte degli uomini del Badr non si fermano; il 21 agosto, a Dora, alcuni ragazzi e uomini sunniti sono stati presi e fermati; le voci dicono che sono stati tutti uccisi.

Il giovane Wessam Abdul Ridha, venticinque anni, studente presso l'Accademia di Belle Arti, bravissimo calligrafo e fotografo, è stato anche lui ucciso, mentre con la sua macchina tornava a casa. Era uno splendido ragazzo colpevole di nulla.

L'ultima volta che ci vedemmo, fu a cena, nella sua casa. Ancora pochi giorni fa, circa settanta ragazzi, sono stati arrestati al mercato della frutta di Al-Dora, poi mostrati in televisione, come fossero stati dei pericolosi terroristi.

Insomma si solidifica la "democrazia" in questo Paese, costata 2.500.000 morti innocenti, la distruzione dell'Iraq, la sua divisione per il controllo e la rapina del suo petrolio, che ha riportato il Paese indietro di cent'anni.

Nessuno in occidente e nemmeno in Iraq, si sognerà mai di erigere monumenti a questi ragazzi, vittime del più devastante terrore che, fuori di qui, si chiama democrazia.

Tusio De Iuliis
t.deiuliis@reporterassociati.org

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