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La flessibilità del lavoro non crea occupazione e non attira investimenti stranieri


 Uno degli argomenti più falsi che viene utilizzato per giustificare la diminuzione dei diritti dei lavoratori è quello che sostiene che se i lavoratori fossero più flessibili questo attirerebbe molti investimenti stranieri. In realtà le multinazionali che operano in Italia raramente conoscono il diritto del lavoro italiano (lo dico per esperienza diretta), si affidano ad avvocati italiani. Per questo mi chiedo come si fa a dire che la riforma del diritto del lavoro avrebbe come conseguenza l'aumento degli investimenti stranieri? Semplicemente gli investitori stranieri quando decidono di investire in un certo paese non si preoccupano di quale sia il diritto del lavoro di quel paese. Eventualmetne tengono conto soltanto del livello delle retribuzioni e da questo punto di vista dovremmo essere concorrenziali quanto meno con gli altri paesi occidentali, visto che da noi gli stipendi sono più bassi.  Inoltre, non esiste nessuna relazione (studi di sociologia del lavoro comparati lo dimostrano) tra garanzie offerte ai lavoratori e tasso di occupazione, paesi molto garantiti come il Giappone, la Germania e la Svezia  hanno avuto per molti anni tassi di disoccupazione più bassi di paesi meno garantiti come Inghilterra e Stati Uniti. A conferma di ciò il fatto che l'introduzione dei cococo, cocopro, somministrazione di lavoro e via dicendo che sono contratti estremamente flessibili (precari) e sono i più utilizzati per l'assunzione dei giovani non  evitano che l'Italia abbia uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alti del mondo. Dire che non si assume perché è difficile licenziare è come dire che la facilità di divorziare comporterebbe l'aumento  del numero dei matrimoni. Ma non ci si sposa per divorziare, così come non si assume per licenziare, del resto se si assumesse per licenziare si potrebbe assumere a tempo determinato. Infatti, il numero dei matrimoni nei paesi in cui è più facile divorziare è percentualmente più basso (vedi dati relativi alla Svezia)...Si dà un messaggio sbagliato per giustificare la diminuzione dei diritti dei lavoratori, ma a favore di chi? Di tutti? Questo è quello che ci vogliono far credere, continuando a ripetere che rinunciare a certi diritti comporterebbe l'aumento del tasso di disoccupazione. Questa semplicemente è una bugia.  Non si tratta di riforme pensate a favore di tutti ma di pochi ricchi industriali,,,