tutti vostri?

(copiaincollato da Barbona0 con il suo permesso..)


Della rinunciaLa mia scelta di avere una famiglia numerosa spesso suscita perplessità e stupore. A volte ammirazione. Il fatto poi che io abbia e stia ancora studiando è un ulteriore elemento di destabilizzazione. Si, perchè nell'immaginario collettivo il fatto di avere tanti figli è chiara prova di ignoranza. D'altra parte Dio ci liberi dalle sentenze dei nuovi Illuministi che tutto hanno capito, che si sono emancipati, che si sono liberati dai gioghi antichi (o almeno ne sono convinti) e che vorrebbero, in nome della libertà, imporre i loro nuovi gioghi a tutti quanti.Fermo restando che oggi come oggi neppure io avrei mai potuto permettermi una famiglia numerosa, i dubbi solitamente mi provengono da persone della mia generazione o anche più grandi, che hanno vissuto, come me, periodi un pochino migliori, in cui con due stipendi si poteva condurre un'esistenza ragionevolmente serena. Questi dubbi riguardano soprattutto i sacrifici e le rinunce che, necessariamente, una persona come me appartenenente al ceto medio, ha dovuto fare sia per crescere i propri figli sia per inseguire il suo progetto di studio.Rinunce che si concretizzano nell'ignorare le direttive della moda, nelle vacanze, nei viaggi, negli accessori di lusso, nelle cene ai ristoranti, nelle cerimonie pompose, nel parrucchiere o l'estetista settimanali, nel tempo perso davanti alla tv o nei raduni del pettegolezzo e in tante altre piccole o grandi cose che, alla maggioranza delle persone, appaiono del tutto normali e irrinunciabili.Mi si dice: "Per carità, quello che dici tu è vero, si può rinunciare a tante cose, ma il pensiero che ci dovessero rinunciare i miei figli mi rattrista".Ora io mi chiedo: "Ma può esistere educazione che non preveda la rinuncia"? Ma si è coscienti del fatto che la pratica della rinuncia è meravigliosa? E' fortificante e positiva. Il saper dire: "Si mi piacerebbe ma per adesso non posso permettermelo" e soprattutto dirlo con serenità e con il sorriso sulle labbra, è una conquista stupenda. Il gusto del rimandare, dell'attendere, del lavorare per conquistare... l'abitudine ad assegnare valori e priorità diverse alle cose... sono esercizi indispensabili per il carattere.Io e i miei figli abbiamo rinunciato e ancora oggi rinunciamo a tantissime cose. E la stragrande maggioranza di queste cose appartengono alla sfera del superfluo. Però siamo sempre sorridenti, siamo ottimisti, conosciamo la felicità della semplicità, la gioia della condivisione del poco, sinceramente ci riteniamo molto ricchi.Signori e signore che temete di dover dire ai vostri figli: "Questo non possiamo permettercelo" vi rendete conto che state perdendo di vista il significato della vita e anche delle cose? Vi state rendendo conto che siete vittime di un sistema che è riuscito a inculcare nelle menti che il superfluo è necessario? Vi rendete conto che state crescendo creature capricciose, incontentabili ma soprattutto terribilmente deboli? Vi state rendendo conto che un individuo che non conosce il significato della rinuncia non ha strumenti per affrontare la realtà futura? Vi rendete conto che potenzialmente state educando uno sconfitto, una persona che di fronte alle difficoltà potrebbe facilmente reagire con il sucidio o con la devianza?Scusatemi se mi permetto una considerazione da "ignorante"... io compiango profondamente quelle creature a cui è stata negata l'esperienza della rinuncia e compiango quei genitori che sono convinti che l'amore si possa identificare con la quantità di superfluo concesso ai propri figli.E, come ultima cosa, rivolgendomi a quei genitori che la rinuncia la conoscono, portata all'estremo, ma che non fanno mai mancare al figlio le scarpe da 200 euro... i vostri sacrifici sono inutili, voi non state trasmettendo il significato di "famiglia", quel piccolo nucleo in cui tutti i componenti condividono gioie e dispiaceri, sacrifici e abbondanza. Voi state veicolando ai vostri figli la convinzione che loro sono esseri speciali, nati per essere idolatrati. State creando delle linee di demarcazione tra voi (schiavi) e loro (principi). Non aspettatevi riconoscenza perchè non è un sentimento che appartiene a chi è stato cresciuto nella convinzione che tutto gli sia dovuto.