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"Parole al passo"


Venerdì 14 marzo è andata in onda una  nuova puntata di "Parole al passo", il programma di musica, poesie e racconti, nato dalla collaborazione tra www.tuttiscrittori.it e Radio Imago.Durante la serata, avente come tema "Amore per la scrittura - Fantascienza", abbiamo letto, tra l'altro, un racconto di Giancarlo Manfredi - del sito Web Trek Italia - e uno di Stefano Santarsiere, che ha inaugurato l'angolo del FIAE. Uno spazio dedicati agli amici del Forum Indipendente Autori Esordienti, che continuerà a regalarci emozioni anche nelle prossime puntate.Intanto ecco i racconti dei nostri amici. Tutte le puntate di "Parole al passo" possono essere ascoltate e/o scaricate QUI.FIGLI DI UN Q MINORE
(di Giancarlo Manfredi, alias Manfredi Alter, alias Kalt Winter)  Uss Enterprise, diario del capitano"Da quasi quarantotto ore l'Enterprise, è al di fuori di ogni controllo. Stiamo viaggiando oltre i confini noti della galassia ad una velocità che ritenevamo impossibile; per usare un elegante metafora del tenente comandate Data, viaggiamo alla velocità del pensiero..."La registrazione del capitano Picard fu tanto drammaticamente quanto bruscamente interrotta dall'ennesima, imprevedibile, correzione di rotta: per gli ammortizzatori inerziali quelle modifiche vettoriali con parametri fuori scala erano un compito impossibile!L'equipaggio venne sorpreso dalla decisa virata a dritta, con i ponti inclinati di quasi venti gradi rispetto all'asse gravitazionale.- Di questo passo – si trovò ad ironizzare la dottoressa Crusher, mentre si rimetteva faticosamente in piedi - l'infermeria non sarà in grado di rispondere efficacemente al numero di traumi cranici, fratture e contusioni varie...-Nello stesso momento, ma decisamente in un altro spazio, uno scrittore di fantascienza nello studio di una psicoanalista.- Si distenda, chiuda gli occhi, adesso riproveremo l'esercizio di rilassamento. Sono contenta dei suoi risultati: vedrà che verremo presto a capo della sua "piccola crisi". Adesso sentirà le sue mani pesanti, le braccia gambe pesanti, il corpo rilassarsi. - la voce della dottoressa si fece profonda, suadente - Inizi ad immaginare un luogo a lei familiare, il suo respiro è regolare, le sue pulsazioni si fanno sempre più lente...  (leggi tutto)*****L'ULTIMA COSA AL MONDO
(di Stefano Santarsiere)Dichiararono di esserci arrivati per sbaglio. Sfruttando una corrente che fluiva tra due sfere gravitazionali, in un sistema da otto pianeti e una stella madre di medie dimensioni. Orbite quasi perfettamente ellittiche. Inclinazioni reciproche trascurabili. Dissero che il sistema non presentava tracce di eventi-termine. I movimenti erano regolari, nessun impatto possibile nell’arco del periodo di rivoluzione. Nessun passaggio di corpi esterni al sistema, comete di estensioni incompatibili, residui di altri corpi.Dissero loro.Eppure su quel pianeta ospitale non c’era più nessuno. Oceani che riflettevano la stella madre scaldando l’atmosfera. Vegetazione rigogliosa lungo le coste e nell’entroterra. E soprattutto, segni di un mondo che era stato. Un mondo vitale e popolato che doveva aver prodotto mille civiltà, come gli strati di rocce sedimentarie. Ma ne restavano solo segnacoli evanescenti, orme che sbiadivano al calore dei giorni silenziosi. Sommità cadenti. Residui di manufatti che affioravano da cumuli di terreno franoso. Dissero che il pianeta era disseminato di quelle evidenze, ma nulla rimandava all’aspetto e al carattere degli originari abitanti. Nulla, soprattutto, che chiarisse il motivo della loro scomparsa. Un mondo deserto che restituiva avanzi di un passato di glorie e decadenza. E in esso, una verità di morte a cui sembrava impossibile attingere.Vagarono per giorni. La stella madre descriveva il suo arco in un cielo ricco di ossigeno e azoto. Al mattino si affacciava all’orizzonte, emergendo come una divinità tra veli di nuvole e sciogliendo le tenebre in un bagliore cristallino. A sera tramontava oltre le montagne, richiamando tutti i colori dell’etere in una tonalità ambrata che lentamente declinava al buio. I venti si alzavano improvvisi, scatenando turbinii di polveri. Poi calavano restituendo all’aria il suo tepore. A tratti il cielo scuriva e un’ombra immensa si stendeva sulla vallata. Un rimbombo sopraggiungeva da angoli remoti. Uno scroscio di pioggia investiva gli alberi e dilavava i pendii. Dopodiché la stella faceva capolino fra i nembi e tutto stillava e splendeva. Vagarono, fin quando non s'imbatterono in quell'oggetto. Incastrato dietro uno scoglio. Color del rubino e striature di ruggine. Un imbocco grande come un occhio, chiuso con un tappo color sabbia, e un ventre trasparente e allungato.All0interno un altro oggetto sottile come una foglia, raccolto a spirale su se stesso.Tolsero il tappo, estrassero il secondo oggetto.L'unico retaggio del mondo passato.Riportarono fedelmente quei caratteri, nella speranza un giorno di poterli comprendere.Hanno detto che accadrà domani.Farò, anche oggi, quel che ho amato di più.Ciò che ho saputo fare, in questi tempi inumaniScrivendo un ultimo verso, con gli occhi all’insùIl poeta