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"Per una fetta di anguria gelata"


THE WINNER IS...Eccoci giunti all’atteso e sempre difficile momento della proclamazione del vincitore.Cominciamo con il ringraziare tutti coloro che hanno partecipato mettendosi in gioco in prima persona e anche coloro che hanno avuto la gentilezza di leggere i testi e la cortesia di commentarli.Ogni racconto ha una propria anima, è frutto di emozioni e di applicazione e merita un applauso!Premettendo che la scelta del vincitore è stata effettuata in base alla qualità della scrittura e alla potenza evocativa della narrazione, THE WINNER IS....
ALESSANDRO FORT Con la seguente MOTIVAZIONE "La fetta di anguria di Alessandro è una fetta di ricordi: la mano del lettore, unitamente alla sua, estrae il tassello e guarda nello spazio rimasto, dentro, fino alle memorie d´un tempo e guai all´uomo che non conserva memoria del proprio ieri. La similitudine finale ambisce  a rendere "pensante" il frutto, vitalizzandolo in speranza di futuro, contrapponendosi al passato appena narrato. Continuità di tradizione che è sì civica, ma anche testimonianza del cuore. Complimenti ad Alessandro anche per la forma, sintatticamente ineccepibile." MA ATTENZIONE! MOLTI ALTRI  RACCONTI SI SONO DISTINTI  E HANNO MERITATO UNA MENZIONE SPECIALE! E sono, in ordine alfabetico: BAC.ONEUn ritorno al passato, contadino nel caso, di un’Italia che non ritroveremo forse più. Sarà un bene, sarà un male, chissà. Bel testo, composto con ordine e leggerezza, scorrevole quanto basta per coinvolgere il lettore. Complimenti  bac.! CARPEDIEM56MAESTRA - con il suo secondo racconto, postato il 14.8.08. Un brano ricco di abili citazioni, fino al culmine della chiusa: Il mostro della Laguna Nera, Ava Gardner, tende di broccato e quindi la nostra Duse e, last but not least, Femme Fatale che è il titolo di una pellicola firmata Brian De Palma. Complimenti proprio per quel "femme fatale" finale, senza aver specificato (sarebbe stato un errore) il riferimento a De Palma. Brava Carpe! Ci resta però una domanda: perché mescolare riferimenti a film e a spot pubblicitari?RELAXIN: Un sapiente mix (scritto con buona forma) che racconta il tempo che fu di pirati, galeoni e malandrini, puntando però l´attenzione del lettore su tragici fatti odierni, come lo sfruttamento di esseri umani. La commistione passato/presente indica in chi scrive interesse verso la società e i suoi mutamenti, spesso abominevoli: uno scrittore deve sapersi guardare intorno. Bravo a Relaxin!VI-DI: Punto fermo ad ogni capoverso: rapidità e nerbo nel descrivere l´azione. Un testo scorrevole, essenziale, con lieta "scivolata" finale. Grande Vi_Di, come sempre! *E  POTREMMO CONTINUARE PARLANDO DI.... anzi no! basta così! (ehehehe... un po' di sadismo ogni tanto...)SE VORRETEpotrete richiedere un parere sul testo presentato, sia pubblicamente – qui sul blog – che in forma privata, inviando una e-mail a: redazione@tuttiscrittori.it. Ed ora, ecco il racconto vincitore: OTTANTA LIRE – di Alessandro FortNei caldi crepuscoli di luglio, quante volte seguivo la scia di mio padre in bicicletta, lungo il viale che portava alla piazza, fino al baracchino delle angurie: un bancone fatto di tavole sospese su sostegni traballanti. Da una parte c’era una vasca colma d‘acqua alimentata da un lungo tubo di gomma verde che serpeggiava fino a scomparire, nascondendo la sua misteriosa origine. Le angurie galleggiavano pigramente, scontrandosi annoiate fra loro con fare rilassato. Mio padre si avvicinava e chiedeva semplicemente: “Una ovale”. Lui era convinto che la forma ovale fosse universale garanzia di qualità. Dall’altra parte del banco, il solito uomo dall’aspetto malinconico con i baffi che oltrepassavano il mento, come un cavaliere mongolo ridotto a fare un modesto lavoro dopo le epiche gesta del passato, gettava le mani nell’acqua della vasca. Afferrava uno di quei globi verdi, con la fretta di chi si trova a salvare un malcapitato in procinto di annegare e vi incideva un tassello, esibendolo con orgoglio per dimostrare quanto l’intero frutto fosse perfettamente maturo e quindi zuccherino. Rimesso il pezzo al suo posto, collocava l’anguria sulla bilancia: “Dieci chili, più o meno” sentenziava con espressione soddisfatta e subito dopo aggiungeva con tono generoso: “Ottantatre lire, facciamo ottanta”. E mentre io stavo ancora riflettendo su quel “più o meno”, mio padre, già rimontato in sella, appoggiava l’enorme anguria sulla gamba destra trattenendola con le dita spalancate: era bravo ad andare in bicicletta guidando con la sola mano sinistra e l’altra infilata nella tasca dei pantaloni. Giunto a casa, la poneva sul tavolo per tagliarla a metà. A quel punto tutti acquisivamo il diritto di esprimere una valutazione sulla forma, sul colore, addirittura sulla distribuzione dei semi e naturalmente sulla qualità del taglio stesso. Poi si passava all’assaggio, fase nella quale si stabiliva definitivamente se era stato fatto un buon affare oppure no. Ci si guardava l’un l’altro da dietro le grandi fette accomodate sui piatti preparati da mia madre, preoccupata solo di dover raccogliere semi dal pavimento per almeno due giorni di seguito. Lei rimaneva a guardarci. Mia madre non la mangiava, non la digeriva.Sono trascorsi tanti anni da allora. Le angurie costano molto di più, si acquistano nei centri commerciali dove il peso lo misuri da te ed il tassello non sanno nemmeno cosa sia. Le sistemano in grandi cassettoni, accaldate, addossate una sull’altra come prigioniere che guardano da dietro le sbarre, in attesa di essere liberate e portate via da quella bolgia infernale. E quando ne afferri una, quella alza le braccia e sorride, felice di essere stata scelta. Probabilmente sa che verrà messa comoda comoda sul sedile della macchina, come un bambino adottato, entusiasta di conoscere la sua nuova casa.**