Ringrazio "Tuttiscrittori" dello spazio concesso e pubblico un mio breve testo
WriterLa mia vita scorre tra errori, omissioni, tentativi falliti, è un errore in sé. Sono venuto al mondo per sbaglio, un buco nel preservativo di un uomo che scopava una di cui non gli importava niente o forse un errore di programmazione compiuto da una divinità distratta. Neanche il tentativo di aborto che mia madre ha praticato quando ero un embrione di due mesi e mezzo è andato a buon fine. Sono rimasto tenacemente aggrappato a quell’ambiente che voleva espellermi, ne sono uscito solo dieci giorni dopo la fine del periodo di gestazione, dopo aver lottato per rimanere al caldo e al buio, come se fossi consapevole che nascere sarebbe stato il primo anello di una catena di errori che mi avrebbe accompagnato per tutta la vita.Crescendo, mi sono affezionato ai miei errori, ho imparato a riconoscerli come un tratto mio, un elemento d‘identità, uno scorrere al contrario dentro un fiume di folla che si muove compatta nella stessa direzione.Nei miei sbagli non c’è nulla di eroico o anticonformista: scrivo con la sinistra, partendo dal lato destro del foglio, sottraggo laddove devo sommare, confondo la figura con lo sfondo, decido di andare al mercato e mi ritrovo a casa o viceversa. Come in una libreria disposta in modo anarchico e senza regole precise, sono riuscito a costruire dentro di me un ordine che solo io conosco, un metodo che mi consente di errare senza dissolvermi in un caos primitivo, di disperdere la materia che mi compone in atomi che si respingono a vicenda. Ma gli errori più gravi sono quelli che commetto con le persone e con i sentimenti che vorrebbero trasmettere. Non sono il solo a travisare un atteggiamento amichevole o a scambiare per amore una richiesta basata su altri interessi, ma lo faccio in modo così sistematico da essere convinto di avere un rivelatore di verità che funge al contrario, una calamita che attira verso il suo polo magnetico gli errori, il mio nord personale. Forse per questa ragione ho limitato gli scambi con le persone al minimo indispensabile e preferisco rapportarmi con le macchine. Amo i dispositivi che funzionano mediante una logica binaria: sì/no, acceso/spento, uno/zero; mi sembra che la possibilità di travisamento siano più limitate e inserite in una logica rigorosa e causale che rende il mio universo più certo e la mia disposizione all’errore meno aleatoria, maggiormente inserita in un determinismo meccanico e ripetitivo. L’amore per le macchine non ha nulla da spartire con i sentimenti che gli umani provano verso i loro simili: quell’impasto di desiderio di possesso, alterazione dei ritmi di vita e timore di perdita che li rende simili a idioti in preda a un pensiero fisso, lacerati da paure e gioie incongrue, mutevoli come un vento capriccioso.No, non è questa la mia strada: l’amore contempla dentro di sé tante possibilità di errore da apparire ai miei occhi come un pericoloso concorrente, un momento di alterazione che ognuno riserva per sé come se fosse stufo di una vita troppo lineare ed ordinata, passata tra bisogni primari e necessità scomode come quelle di lavorare, comunicare e mantenere una posizione sociale decorosa. Io, invece, desidero solo mantenere quel minimo di equilibrio che mi consente di sbagliare senza intromissioni, senza interferenze altrui, vorrei sentirmi come la tastiera di un computer su cui mani frettolose compongono parole, vicende che non mi appartengono, se non per le lettere che obbligano chi scrive a percorrere un numero finito di andirivieni tra i tasti. Ma anche in quel caso non sarei solo un oggetto passivo, voglio essere libero di opporre resistenza, voglio essere un server che non risponde al tentativo di connessione, quel tentativo destinato a mandare in rete queste povere frasi, questa testimonianza del mio vivere al contrario, desidero potermi manifestare con poche parole che rivelano la mia essenza, la mia assenza “mancata risposta del computer selezionato per la connessione. Riprovare in un secondo tempo”.