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Ringraziando "Tuttiscrittori" per l'opportunità e lo spazio concesso, inserisco anche io un breve racconto.         LauroPatrizia ed il guercioUn attimo prima avresti giurato non ci fossero, quello dopo li vedi spuntare dal nulla da ogni angolo.Accorrono tutti insieme in fretta come se suonasse un'adunanza; tutti di corsa, meno uno.E' il più grosso ed i segni di vissuto se li porta addosso, avanza circospetto ma sicuro.Impettito come chi il diritto di essere il primo se lo è conquistato sul campo, sposta con decisione quelli che facendo i vaghi cercano di fregarlo.Il posto è sempre quello, un angolo un po’ in disparte che sa di muffa e segatura.E’ vicino allo sgabuzzino degli scarti di un ciabattino … l'ha scelto lei; per il gruppo invece un posto vale l'altro, non fa differenza.Si siede su una cassetta di plastica nera e presenta il pranzo al cartoccio, caldo, croccante, che fuma un odore di pesce e carne.Il primo boccone è del guercio, che è quello grosso, il più grosso di tutti.Ed anche il secondo; per la verità nessuno osa mangiare finche lei non carezza il guercio sulla testa.Allora è il momento di mangiare anche per gli altri!
Lei è Patrizia, il guercio è il capobranco dei randagi miagolanti del quartiere.L’adunanza c’è sempre dopo il tramonto, ed io inizio la mia ronda notturna dopo il tramonto.E’ così che ho conosciuto Patrizia, durante una delle mie ronde notturne.Le vie più solitarie a quell’ ora si compongono come un puzzle di straccioni, gabbiani sbilenchi e randagi guardinghi.Prima del terremoto che graffiò la sua vita, Patrizia doveva essere stata una bella donna, dai capelli biondi e lisci come le sue gambe.Ora sulle gambe graffi di gatto sotto stracci di gonna, mani sporche, stoppa unta e grigiastra in testa.“Contenti della cena i tuoi bambini Zia ?” le domando in tono amichevole.A me lei risponde sempre, forse perché non l’ho mai guardata in modo strano, soprattutto quando se ne sta appartata con i suoi gatti. Con gli altri agenti non è così, di solito si dilegua svelta prima che il loro pensiero diventi parola, oltre il vicolo dello sgabuzzino degli scarti.“Per evitare noie.” mi ha confessato una volta.Ho sempre considerato questa sua risposta una scusa bella e buona.Ma dispensare risposte come scuse non è peculiarità dei miseri e degli sbandati!Ed è per questo che credo lei parli volentieri con me, perché in fondo io la guardo normale e la giudico in modo leggero.Il messaggio delle sensazioni non si esterna,si emana; non si capisce, si intuisce !“Non chiede mai più di quello che gli dai questo branco di fannulloni, se và bene al guercio và bene anche a loro.”Questa è la sua risposta di oggi, poi ritorna a grattare il muso del capo.Se non fossero le sue dita a toccarlo queste avrebbero già conosciuto quanto affilati siano i suoi artigli.Ben diversa fu invece la risposta che mi diede un po’ di tempo fa Patrizia, quando le offrii riparo sotto il mio ombrello mentre diluviava.Un riparo e qualche mignon da mangiare e bere.Mi raccontò di un matrimonio scivolato sotto il marciapiede come carta staccia trasportata dalla pioggia.E di un figlio, l’unico a farle compagnia dopo la separazione!Solo che nella vita capita che in una delle battaglie, magari tra zanzare e vietcong, oppure tra draghi e cecchini ci finisce anche un figlio ed allora il destino pare divertirsi con un ghigno a presentare il conto.E può accadere di perdere anche quando si vince, di perdere di brutto, tutto ed anche di più se è un figlio a rimetterci.Mi disse anche che si trovava bene qui, tra un’adunanza miagolante ed uno sgabuzzino di scarti, in fondo era la sintesi della sua vita:“Randagia e scartata come una pezza da piedi !” diceva.Ricordo che non le dissi nulla, la guardai e lei guardò me. Nessun discorso vuoto intriso di falsa comprensione e buoni propositi, solo un lungo silenzio.Conobbi così Patrizia!Quella volta le regalai l’ombrello e mi congedai da lei incurante della pioggia che scendeva fitta trasfigurando tutto; anche le mie guance e quello che gli capitava attorno. Un saluto cordiale a tutti.