Tyki's Fantasy

CAPITOLO XLII - Flashback parte V


Vash lanciò un'occhiata al caposquadra. Era lui a dover decidere come reagire a quell'avvertimento. Ma Ander invece non attese ordini e lasciò cadere subito ai suoi piedi la pesante lancia da guerra. Sapeva già cosa avrebbe deciso Jax. Lui non si sarebbe mai potuto arrendere, neanche se agendo così avesse condotto tutti e tre alla morte."Che diavolo fai!!" esclamò il caposquadra, esasperato dall'ennesima insubordinazione del collega: "Dannato vigliacco!""Ha ragione..." cercò di convincerlo Vash: "Se opponiamo resistenza faremo una brutta fine. Siamo facili bersagli...""Ti ci metti anche tu?!""Non possiamo affrontarli in questa situazione, ci abbaterebbero come selvaggina!" insistette l'altro.Jax esitò, guardandosi nervosamente attorno. Entro pochi istanti, una manciata di secondi, doveva decidere se arrendersi, forse la cosa che gli riusciva più difficile al mondo, o probabilmente morire."Allora fa come vuoi!" ruggì il caposquadra.Anche lo spadone di Vash finì a terra. Dalla macchia uscirono allora alcuni uomini armati di arco, avvicinndosi ai tre con passo lento e prudente. Jax era tenuto sotto tiro con particolare attenzione, era l'unico ancora armato."Getta quell'arma, ragazzo!" lo avvertì una voce profonda, più di rimprovero che ostile: "Non vale la pena sacrificare la tua giovane vita per quell'Imperatore!"L'uomo in questione era ancora immerso nel verde, il suo volto parzialmente celato dagli arbusti."Taci!!!" gridò Jax innervosito: "Come osi parlarmi in questo modo?! Tu non sai con chi hai a che fare!!"Il giovane guerriero dalla chioma dorata si lanciò sui ribelli, puntando proprio sull'uomo che gli aveva parlato. Vash non ebbe il tempo di aprire bocca, rimase a osservare la scena impotente. Tra i ribelli si sollevarono grida allarmate e un freccia volò a colpire Jax al braccio sinistro, quello con cui impugnava lo spadone. Il giovane fermò lo slancio, la punta dell'arma cadde pesantemente a terra. Sul volto del Guerriero Deathforce comparve una smorfia di dolore e frustrazione."E' stata la tua testardaggine a costringermi a farlo..." proseguì la stessa voce: "Sii ragionevole! Desisti e avrai salva la vita!""Basta!!! Muori!!!"Jax afferrò e sollevò lo spadone con l'altra mano, vibrandolo minacciosamente sopra alla testa e riprendendo il suo assalto. Era impossibile non rimanere impressionati dalla sua carica, simile per potenza e rapidità a quella di una terribile belva selvatica.Un secondo e poi un terzo dardo sibilarono nell'aria. Il caposquadra si fermò un'altra volta. Era stato colpito alla spalla destra e al ventre. Quest'utima ferita lo fece barcollare e prima che potesse reagire, uno dei ribelli lo raggiunse da dietro. Questo colpì Il giovane alle spalle con il manico di una lunga picca, mandandolo al tappeto."Capo, sei sicuro di volerli risparmiare?!" domandò l'uomo, movendo la punta dell'arma verso Jax, ancora semicosciente.La sagoma coperta dagli alberi annuì con calma e decisione. Ormai dalla boscaglia era uscita una dozzina di uomini, che si disposero attorno ai tre guerrieri."Legateli e bendateli... Li portiamo con noi."Dovevano aver marciato per molte ore. Buona parte di strada la fecero in salita, che diveniva sempre più ripida. La loro cattura avvenne così inaspettatamente, che Vash non fece in tempo a pensare alle conseguenze della resa. Furono talmente presi dai loro dissidi interni, da finire facilmente nelle mani del nemico.Adesso cosa ne sarebbe stato di loro?Nella loro situazione non potevano avere molte speranze in cui confidare. Nessuno sarebbe venuto in loro soccorso, su questo non c'erano dubbi. Era lecito pensare che i ribelli li avrebbero portati nella loro base, che nessuno, a parte loro, sapeva dove si trovasse.Se volevano togliersi dai guai, l'unico modo sarebbe stato con le proprie forze. Ma Vash non era affatto convinto di potercela fare. Jax era ferito, non sapeva quanto gravemente. Mentre lo stato d'animo di Ander era tormentato da dubbi e sensi di colpa. Forse in quel momento il cavaliere di Eyrie non sarebbe stato di grande aiuto. Se Vash avesse tentato la fuga, c'era il rischio che gli altri due non sarebbero stati pronti a seguirlo. Sarebbe stata una decisione eccessivamente azzardata.Ma d'altra parte sarebbe potuta essere la loro ultima possibilità e questo pensiero non gli dava pace. A ogni passo che faceva, sentiva le speranze affievolirsi e le catene appesantirsi.L'unico apetto rinfrancante in tutto ciò era la benda. Ovviamente la base dei ribelli era segreta e tale doveva rimanere. Ma il fatto che i tre prigionieri fossero stati bendati, oltre a una prudente precauzione, poteva significare che i loro nemici non intendessero giustiziarli, almeno per il momento. Ma era una magra consolazione e per giunta solo un'ipotesi.Perché in fondo i ribelli, almeno in apparenza non avevano motivo per fare dei prigionieri. Vash poteva facilmente intuire che per la resistenza di Waldberg sarebbero state solo inutili bocche in più da sfamare. E poi Feor non si prestava quasi mai alle trattative, tantomeno coi ribelli. Non c'era modo di organizzare uno scambio di prigionieri o altro. Non vi era in ballo nulla che potesse costringere l'Impero a scendere a patti.Interessato alla sorte propria e dei compagni, Vash si concentrò ad ascoltare i dialoghi degli uomini che li avevano catturati. Perlopiù si trattava di sporadici e brevi commenti di circostanza, oltre alle solite battute per tirare su il morale e all'allegro fischiettare di qualcuno. Ma a non molta distanza da lui si parlava anche di questioni ben più serie. Senza poter contare sulla vista, Vash sentì il proprio udito affinarsi. Riconobbe chiaramente la voce del capo ribelle."Faremmo meglio a sbarazzarci di loro..." commentò con tono profondo e cupo il suo interlocutore: "Non mi sento affatto tranquillo!""Non hai nulla di cui preoccuparti, sono disarmati, legati e bendati. Uno di loro è privo di conoscenza e comunque non riuscirebbe nemmeno a reggersi in piedi." rispose mestamente l'altro: "E poi sono solo dei ragazzi...""Sono comunque Guerrieri Deathforce, non devi sottovalutarli!"Vash attese trepidante le parole successive, ma il capo sembrava confidarsi con molta calma."Lo eri anche tu, no? Da come ne parli non si direbbe..." ridacchiò bonariamente: "Ma Deathforce o meno, restano comunque sbarbatelli...""Io ti rispetto, Hermann. Ma ci sono alcune cose in te che proprio non riesco a capire..." borbottò: "Ne hai passate tante nella tua vita, eppure continui a essere un dannato idealista... Quando capirai che in guerra non vuol dire nulla essere quindicenne o cinquantenne? Ognuno pensa a uccidere e a non essere ucciso! E' l'unica cosa che conti davvero!""E' un mio difetto... sono fatto così." constatò lui con rassegnazione: "Probabilmente sono un folle a voler cambiare questo mondo marcio, in fondo lo so che è una causa persa. Ma è più forte di me... non riesco a sopportare la vista di migliaia di uomini sfruttati dagli interessi e dalle ambizioni di uno. Non posso accettare che la gente soffra e si immoli per quel tale." sospirò abbattuto: "Vorrei che almeno i più giovani, meno soggetti al cinismo e maggiormente plasmabili verso la tolleranza, aprissero gli occhi e capissero l'assurdità di tutto ciò..."Quando finì di parlare, per un po' scese il silenzio."Bah!" esclamò infine l'ignoto interlocutore, in chiaro segno di disaccordo.Solo quando furono portati nella cella, dove vennero pure incatenati, i ribelli tolsero loro le bende. Li avevano messi tutti e tre assieme, ma di lì a poco avrebbero scoperto che quella era l'unica cella disponibile. Scavato grossolanamente nella roccia, era uno spazio ristretto e tetro, come si addice a una prigione. Anche le pareti che si intravedevano oltre le sbarre metalliche erano rocciose.Nonostante non potesse saperlo, Vash pensò che doveva essere già scesa la sera. Jax era disteso a terra febbricitante. I ribelli gli avevano pulito e fasciato le ferite, ma il caposquadra era in preda al delirio, in uno stato di semicoscienza. Ander sedeva muto e immobile, fissando il vuoto davanti a sé. Sembrava del tutto assente, un comportamente assolutamente inusuale per lui.Vash sospirò e appoggiò la testa tra le proprie mani. Rimase così per un tempo che gli parve interminabile, cercando di riflettere, ma accorgendosi di essere troppo poco lucido. Infine si addormentò.Si svegliò di soprassalto con il fragore del cancello metallico che si apriva. Un uomo entrò e si sedette proprio di fronte a loro, su una seggiola che si era portato dietro. La cella era molto buia e Vash non riuscì a scorgere il volto del visitatore, che doveva comunque avere tra i quaranta e cinquant'anni. Sembrava un tipo forte e carismatico.Alle sue spalle, oltre le sbarre attendeva un altro uomo, più chiaramente visibile grazie alla luce di una torcia. Era grande e muscoloso, dai capelli corti e bruni. Aveva un volto severo, spigoloso, segnato da una cicatrice orizzontale che andava da zigomo a zigomo, attraversandogli il naso.Vash provò a identificare l'uomo seduto come il capo dei ribelli e ne ebbe conferma quando questo iniziò a parlare. La sua voce tradiva però maggiore durezza e freddezza rispetto a quella che aveva udito precedentemente."Come sta il ferito?" domandò con impassibilità.Vash si voltò a osservare Jax. Era ancora sudato, ma ora dormiva tranquillamente e il suo respiro era regolare. Non accadeva spesso di vederlo ridotto così, ma il caposquadra aveva una formidabile resistenza e una grande rapidità di recupero. Al mattino seguente sarebbe di certo stato sveglio e cosciente.Il capo ribelle annuì realizzando la situazione."Ho saputo cos'è successo a Waldberg..." cambiò argomento.La sua voce era molto bassa, colma di rabbia e sofferenza, trattenute a stento. Aveva scosso anche Ander, che finalmente iniziò a guardarsi attorno per davvero."Mi dispiace..." disse imbarazzato Vash."Sono solo parole..." lo interruppe l'uomo: "Risparmiale, non m'interessano."Il cavaliere di Eyrie strinse i pugni con forza. Tremava e singhiozzava nervosamente, attirando su di sé l'attenzione."So che voi non centrate con quello che è successo. Mentre la città veniva distrutta vi trovavate nella foresta. Non possedete alcun bottino e le vostre armi oggi non sono state usate." sentenziò mantenendo un tono freddo: "Non avete nulla da giustificare... Spero solo che abbiate preso atto di quello che è accaduto. Lascio a voi il giudizio, credo che non servano altre parole..." affermò alzandosi dalla seggiola: "Dopo le ingenti perdite che abbiamo patito ieri... non mi aspettavo che potesse accadere questo!"Vash ripensò al violento scontro del giorno precedente. Effettivamente i ribelli avevano lasciato sul campo molti compagni tra i caduti."Berger, andiamo!"Il capo ribelle chiamo il suo braccio destro e fece per uscire, ma Vash lo richiamò."Aspetta! Cosa ne sarà di noi?!"L'uomo muscoloso che attendeva fuori dalla cella lo fissò come se avesse voluto ucciderlo in quell'istante. Probabilmente chiunque tra i ribelli presenti nella base avrebbe voluto sfogare la propria rabbia e il dolore sui tre prigionieri."Non sono dell'umore adatto... Ne parleremo domani!" spiegò il capo, come se fosse superfluo dirlo: "Rispettate il mio lutto... Waldberg non esiste più!"Quelle parole li avevano scossi fino alle viscere. Era difficile, terribile accettare la notizia della cancellazione di un'intera città. Un luogo che sino a quel mattino era stato pieno di persone, adesso sarebbe divenuto un cimitero disabitato. I due giovani non osarono immaginare quale fosse stato il destino degli abitanti."Come posso considerarmi degno figlio di mio padre?!" si chiese Ander in preda alla disperazione: "Non dovrei essere schierato dalla parte dell'oppressore! Maledizione!! Perché... perché mi è capitata una missione come questa?! Perché non sono stato mandato, come al solito, a eliminare una pericolosa creatura o una banda di fuorilegge?! Perché non sono stato scelto per fare da scorta, magari a qualche bella donna?!""Forse è così che doveva andare..." sussurrò l'altro: "Questa è una prova... non possiamo tirarci indietro se qualcosa non va, le vere difficoltà non vanno evitate. Presto o tardi bisognerà dimostrare di essere in grado di affrontare qualsiasi situazione...""E cosa dovremmo fare?!"Vash rimase in silenzio. Non era in grado di dare una risposta. Non era più così sicuro che il loro dovere fosse semplicemente eseguire gli ordini. Quella missione li aveva messi entrambi in difficoltà. Sino a quel momento non si erano mai chiesti se quello che dovevano fare fosse giusto. Fino ad allora le loro missioni erano state molto differenti.Al mattino seguente, o almeno così i guerrieri credettero che fosse, il capo ribelle e il suo braccio destro si ripresentarono nella cella. Come previsto, Jax si era già ripreso, anche se non riusciva praticamente a muoversi dalla sua posizione seduta."C'è una cosa di cui vorrei parlarvi..." esordì l'uomo, sedutosi sulla seggiola: "Ditemi, voi vi rendete conto di essere delle marionette?"Vash e Ander si guardarono esitanti. Nemmeno Jax aprì bocca, a conferma che non aveva capito il senso della domanda."Tutto l'esercito imperiale... e non solo, è composto da marionette." proseguì lui: "E sapete chi è che muove i fili? L'Imperatore... Quel tale che porta sempre la maschera, sbucato da chissà dove, ha in pugno il destino di milioni di persone. E non parlo solamente dei suoi sudditi..."I tre giovani erano troppo curiosi di sapere dove volesse arrivare il loro interlocutore per pensare d'interromperlo."Ieri avete visto con i vostri occhi a cosa porta la follia di quell'uomo, la sua superbia e la sua brama di potere... Io voglio credere che siate dei ragazzi in gamba... Pensate che sia giusto contribuire alle nefandezze di cui si sta macchiando Feor? Vorreste continuare a commettere questi crimini in nome dell'Imperatore?""Quello che dici non ha alcun senso per noi!" si intromise Jax: "Siamo Guerrieri Deathforce, non siamo direttamente legati a Feor...""E' così?" insistette il capo: "O è solo un'apparenza? Pensate che tutto si risolverà a Waldberg? Oh, no... dopo di questa verranno altre guerre! L'imperatore chiamerà anche voi alle armi, la Deathforce rimane comunque un'istituzione feoriana...""E con ciò?!" si infastidì il caposquadra: "Questo è il nostro lavoro!""Non siete obbligati a farlo... e in particolar modo se non credete che sia giusto..."I dubbi che già tormentavano Vash e Ander riaffiorarono prorompenti."Mio figlio aveva circa la vostra età... quando a causa della povertà delle nostre terre, andò a cercare fortuna a Feor City. Ma a quanto pare non riuscì a trovare di meglio che arruolarsi nell'esercito imperiale, dove fu preso nonostante fosse di origine straniera. Questo accadde più di tre anni fa, in tempo di pace." raccontò, facendo quindi una breve pausa: "Poi il vecchio Padraigh III morì... era un buon uomo, pace all'anima sua! Dopo i disordini che seguirono il problema della successione, come sapete, salì al trono questo Cuchulainn V... che in breve dichiarò guerra a Waldberg, senza un valido pretesto e rivelando immediatamente la sua intenzione d'intraprendere una politica d'espansione.""E suo figlio?" chiese Ander."Capite quale fosse la sua situazione? Era un soldato feoriano, avrebbe dovuto combattere... così un anno fa ritornò nella sua città natale da nemico, ma non se la sentì di dover affrontare e uccidere sul campo di battaglia i suoi parenti, gli amici d'infanzia, tutte le persone che conosceva da una vita!" le parole gli divenivano sempre più difficili da pronunciare: "Sapete bene cosa accade al soldato che si rifiuta di combattere...""Viene giustiziato!" concluse rudemente Jax.Nel buio della cella rimase il silenzio, che si protrasse per qualche minuto. Dopo aver dato ai prigionieri il tempo per riflettere, il capo ribelle ricominciò a parlare."Non c'è onore nell'eseguire gli ordini altrui. Non vale la pena di rinuciare alla libertà di scelta per questo. Credo che una persona si faccia veramente onore quando decide di fare la cosa giusta, quando ne è fermamente convinta, perché è la sua scelta. Quando è pronto a difenderla a qualunque costo..." spiegò: "Perciò non dovreste sentirvi vincolati a questioni d'onore... Se vi rendete conto di stare dalla parte del torto, non perseverate... abbandonate chi vi sottomette e manovra... riguadagnate la libertà di decidere e agire!""Non so perché tu ci stia dicendo queste cose..." commentò Jax: "Ma è evidente che non la pensiamo allo stesso modo! E poi non sei nella posizione per affermare certe cose. In quanto capo sei il primo a dare ordini ai tuoi uomini!""Non fraintendere!" lo ammonì l'uomo: "Ogni persona presente in questa base si è unita alla resistenza di sua spontanea volontà. Non lo ha fatto per prendere un regolare stipendio, ma rinunciando a ogni avere. Non agisce per il bene di un altro, ma per le proprie convinzioni." chiarì con decisione: "Noi combattiamo per uno scopo comune, con gli stessi ideali e le stesse motivazioni. Lottiamo per le nostre famiglie, le nostre case, le nostre vite e la nostra libertà... lottiamo per la nostra patria..."La sua voce era spezzata da un dolore invisibile, ma terribile. Un groppo in gola lo costrinse a interrompere il discorso, sembrava che potesse improvvisamente scoppiare a piangere, ma non lo fece. Si radrizzò con dignità e concluse l'ultima frase."...una patria che ora non esiste più!"