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La Leggenda del Dragone

 

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CAPITOLO XXIX

Post n°32 pubblicato il 17 Maggio 2008 da Tyki_Mikk
 

"Guarda un po’! Questa volta Yewl ha scovato quattro topi davvero grossi!"
I guerrieri di Yuwa balzarono in piedi presi alla sprovvista. Si guardarono attorno allarmati e con le armi in pugno. A pochi passi da loro, seminascoste dalle pareti rocciose si stagliavano due figure.
"Meno male, stavo davvero morendo dalla noia!" esclamò eccitata un’altra voce: "Non vedevo l’ora di fare a pezzi qualcuno!"
"Ehi, ti ricordo che ci sono anch’io! Fanno due a testa!"
I due avanzarono lentamente, fino a esporsi alla luce lunare. I guerrieri riconobbero due dei tre tipi di cui aveva parlato l’esploratore a Kawadi. Le iniziali incise sul loro petto erano chiarissime, "D" e "F".
"Uomini, non lasciamogli il tempo di avvisare i compagni!" ordinò il più anziano tra loro: "Dobbiamo sbrigarci a eliminarli!"
"Ehi, hai sentito cosa ha detto quello?!" parlò l’uomo più basso con tono ironico: "Vogliono eliminarci! E anche in fretta!"
L’altro scoppiò in una fragorosa risata. Era un tipo alto e robusto, dai capelli neri, cortissimi, portati a spazzola. Impugnava un’ascia molto più grande di quella che usavano a Yuwa. Aveva un volto sgradevole, un mento largo e un naso grosso e schiacciato. Ripresosi dallo spasso, fissò i quattro guerrieri con i piccoli occhi malvagi.
"Su, non è bello ridere degli altri! Forse stavano parlando seriamente, potresti anche offenderli!" continuò il primo: "Magari sono davvero convinti di batterci!"
Questo li osservava con gli occhi semichiusi, come annoiati. Era un uomo magro e composto. Ghignava minaccioso, con la bocca larga e sottile. Disturbato da una brezza leggera, si aggiustò con le mani i capelli scuri, pettinati a caschetto.
"Dì loro che ci provino!" li provocò l’uomo più grosso.
"Adesso basta!!" gridò uno dei guerrieri, lanciandosi contro di lui.
In tutta risposta l’altro gli calò addosso l’ascia con forza. Il guerriero si mise istintivamente in difesa con la sua lancia, ma questa andò facilmente in frantumi. La lama dell’ascia gli affondò nel torace causandogli una ferita letale.
Subito dopo, altri due dei guerrieri di Yuwa caricarono il nemico, al quale però si unì il compagno. Questo usava una strana arma esotica. Due corti bastoni metallici collegati assieme alle loro estremità da una catena. Sulle altre estremità invece c’erano due lame affilate. Egli fece roteare il nunchaku con maestria, colpendo subito uno dei guerrieri a morte. L’altro non ebbe nemmeno il tempo di avvicinarsi ai due nemici. L’energumeno infatti estrasse la propria ascia dal torace della sua vittima e la lanciò su di lui, aprendogli la testa in due.
Senza pensarci su troppo, l’ultimo guerriero di Yuwa rimasto si diede alla fuga.
"Vigliacco, torna qui!" imprecò l’uomo con l’ascia: "Sono troppo stanco per inseguirlo!"
"Oggi abbiamo camminato abbastanza. Che vada pure, non m’importa." disse l’altro: "Su, torniamo indietro, voglio andarmene a dormire."

Si vergognava per quello che aveva fatto. Era fuggito, abbandonando i compagni al loro destino. Anche se gli altri tre erano già morti, probabilmente avrebbe dovuto affrontare la stessa sorte senza alcun timore. Solo così si sarebbe dimostrato un degno guerriero della sua gente. Ma l’attaccamento alla vita era stato più forte del suo orgoglio e adesso, a mente fredda se ne rese conto con somma vergogna. Per un guerriero quello era un grave disonore, chissà cosa gli avrebbe offerto ora il futuro.
All’improvviso sentì ringhiare rabbiosamente alle sue spalle. Si voltò spaventato e vi trovò una grossa ombra a quattro zampe incombere su di lui. Se ne stava acquattata sull' alta roccia alla quale era appoggiato lui fino a un attimo prima.
<<Un mostro!!>> pensò preso dal panico: <<Non ho scampo!!>>
Dalle terribili zanne della creatura colava un’abbondante quantità di bava. Aveva l’aspetto di un enorme cane e il guerriero credette di riconoscerne le fattezze da alcuni dei racconti che aveva udito sin da piccolo.
<<W… we… wendigo!!!>>
La belva balzò su di lui, che paralizzato dal terrore non oppose alcuna resistenza. Mentre veniva selvaggiamente sbranato, poté solamente pensare che quelle atroci sofferenze gli erano dovute per quello che aveva fatto poco prima. Erano la punizione per essersi sottratto al suo dovere.

D’un tratto si udirono delle grida provenire dal centro dell’accampamento. Poco dopo si sollevarono alte fiamme da una delle tende più grandi. La donna della Deathforce accorse a vedere cosa fosse accaduto, lasciando andare le due ragazze. I soldati feoriani si risvegliarono improvvisamente, spaesati e allarmati. In breve, l’attività nel campo divenne tutta in fermento, gli uomini iniziarono a correre da una parte all’altra senza sosta. Era scoppiato un incendio e si stava cercando di spegnerlo.
Sarah e Diana rimasero impalate, senza capire bene cosa stesse succedendo e non riuscendo a decidersi sul da farsi. La maggior parte dei soldati si stava affrettando verso le fiamme, con l’intenzione di estinguerle. Ma dal caos emersero due figure che si diressero proprio incontro a loro. Erano Ander e Vash.
"Che cosa ci fate qui?!" gridò il cacciatore contrariato: "Non vi avevo detto di rimanere tra le rocce?!"
"Non c’è tempo, Vash! Vediamo di allontanarci in fretta, ne discuteremo dopo!" lo interruppe l’amico.
I quattro ragazzi uscirono di corsa dall’accampamento nemico, senza preoccuparsi di passare inosservati. Non si fermarono nemmeno per voltarsi indietro, continuarono a scappare a tutta velocità in direzione del ponte.
"È stata una vera fortuna che il veleno fosse infiammabile, no?" sorrise Ander, rivolgendosi all’amico: "Abbiamo scatenato una gran confusione! Forse ci vorrà un po’ prima che ci vengano a cercare…"
"Non illudertene troppo…" disse l’altro.
"Vash, ho sentito da un soldato che mio fratello è vivo!!" strillò Diana eccitata: "Lo tengono prigioniero in un luogo chiamato Fort Karadan!"
Vash spostò per un attimo lo sguardo su di lei, senza cambiare espressione.
"Sei sicura che si tratti proprio di lui?" le domandò e lei annuì: "Allora è un bel problema…"
"Io voglio salvarlo a ogni costo! Ti prego, aiutami!" lo supplicò Diana.
"Pensare di poter liberare qualcuno rinchiuso a Fort Karadan… è semplicemente pazzesco!" dichiarò il cacciatore.
La ragazza sentì una fitta al cuore per la delusione.
"Vash, non possiamo lasciarlo in quel luogo! Non ne uscirebbe mai più!" cercò di persuaderlo Ander: "Dobbiamo decidere in fretta sul da farsi: se passiamo il ponte e lo distruggiamo, rimarremmo intrappolati a Yuwa…"
Mentre continuavano a correre, il cacciatore rifletté sulle loro opzioni. Doveva valutarle attentamente e con lucidità. Intanto le prime torce iniziavano a uscire dall’accampamento per dirigersi verso il Ponte delle Aquile. Forse i feoriani non si erano accorti di loro, ma a quanto pareva, sapevano comunque dove andare a cercarli.
I quattro giovani raggiunsero le rocce, dove avevano lasciato il resto del loro gruppo e si meravigliarono di non trovarvi nessuno pronto ad attenderli. Iniziarono a chiamare i guerrieri di Yuwa, cercandoli in fretta nei pressi.
"Maledizione!" esclamò poi il cavaliere: "Sono stati brutalmente ammazzati, qui ci sono tre corpi!"
Le ragazze si guardarono tra loro con orrore, intuendo che avrebbero fatto la stessa fine, se non si fossero allontanate di volontà propria. Dalle parole di Ander capirono che non era sicuramente un bel spettacolo ed evitarono di andare a vedere con i loro occhi. Le torce nel frattempo si avvicinavano sempre di più e gli occhi di tutti e tre si posarono su Vash, ansiosi di sentire la sua decisione.
"Distruggiamo il ponte." affermò questi: "Poi ci dirigeremo verso sud est. Faremo perdere le nostre tracce in quel labirinto di roccia."

In precedenza aveva esultato, quando vide l’incendio propagarsi nel mezzo dell’accampamento nemico. Confidò che la missione si sarebbe svolta nel migliore dei modi, ma dovette ricredersi, quando vide anche il ponte andare a fuoco. Ciò significava che i suoi compagni e quei quattro ragazzi allora non erano riusciti a farcela. Per qualche motivo avevano distrutto il ponte senza attraversarlo, si erano sacrificati tutti per la salvezza di Kawadi. Ormai non c’era più nulla che lui potesse fare per loro, se non pregare.
Ma non si dimenticò del motivo per cui era stato lasciato lì. Doveva fare ritorno alla città per raccontare al Grande Capo come si erano svolti i fatti. Raccolse rapidamente le sue cose, poi guardò un’ultima volta il Ponte delle Aquile. Ormai era bruciato e crollato quasi completamente.
Si incamminò sulla via del ritorno, quando udì di nuovo quel richiamo. Era la voce del falco che aveva già sentito in precedenza.
Alzò lo sguardo al cielo, ma proprio allora una nube coprì la luna e l’oscurità avvolse il mondo attorno a lui. Il guerriero rimase in attesa, immobile, aspettando di tornare a vedere qualcosa. Poi udì un fruscio, come di un battito d’ali.
Finalmente la nube superò la luna e con quest’ultima ritornò la visibilità. L’uomo fece per riprendere a camminare, quando vide una sagoma scura planare nel cielo. Improvvisamente scese in picchiata, proprio verso di lui. Il guerriero in un primo momento rimase sorpreso, poi capì che avrebbe dovuto evitare quella creatura alata, o gli sarebbe finita addosso. Iniziò a correre e un momento dopo si guardò alle spalle. Qualcosa lo afferrò con gli artigli alla schiena, lacerandogli le carni. Gridò senza rendersi ancora conto di provare dolore.
Era già stato raggiunto, la sagoma volante si volava a una velocità impressionante. L’uomo iniziò a divincolarsi, per liberarsi dalla presa degli artigli, ma la creatura non mollò. Pensò che si trattasse di un enorme mostro volante, anche se le sue grida sembravano quelle di un uccello rapace. Era quello che poco prima aveva scambiato per un falco. Si voltò verso la creatura per colpirla, ma questa in un lampo gli affondò il becco nell’occhio. Un urlo straziante si disperse nella notte. Il guerriero cadde in ginocchio mentre guardava con orrore uno dei suoi occhi venire ingoiato dal falco gigante.
Quando il becco del volatile cercò ancora il suo volto, lui provò a difendersi con le braccia. Tentò di afferrargli un’ala, ma si tagliò a una mano. Poi il falco si alzò in volo e lui credendo che se ne stesse andando, prese il suo arco. Doveva fargliela pagare. Incoccò una freccia e provò a prendere la mira. Raggiunta una certa quota, il falco gigante a sorpresa si girò nuovamente su di lui. Scese di nuovo in picchiata, avvicinandosi a una velocità spaventosa. L’uomo iniziò a tremare. Scoccò la freccia, ma il suo bersaglio la evitò con agilità, senza perdere lo slancio.
Accadde in un istante. Il guerriero non riuscì nemmeno a seguirne i movimenti con l’occhio. Un attimo prima vide il falco davanti a sé, ma un attimo dopo non c’era più. Gli era passato di fianco, vicinissimo, come se lo avesse attraversato.
La testa gli cadde dal corpo, tagliata di netto all’altezza del collo. Da esso subito dopo iniziò a sgorgare una fontanella rossa, levandosi alta nell’aria. Come un grosso sacco di patate, il corpo cadde a terra in un tonfo. Prima che la testa rotolasse giù dal burrone e finisse nel fiume, venne afferrata dagli artigli del falco, il quale la trascinò in volo in direzione della luna.

"Sta per sorgere l’alba, dobbiamo sbrigarci a mettere più distanza possibile tra noi e l’esercito imperiale." rispose Vash alle suppliche di Sarah di fermarsi.
Era stanchissima. Avevano camminato, anzi quasi corso per più di un’ora tra le rocce scoscese di Yuwa. Avevano tutti il fiato pesante, ma né Diana, né Ander se ne lamentarono. Questa volta erano tutti decisi a proseguire al più presto. Rimanere lì era ancora troppo pericoloso. La ragazza di Greenville se ne fece una ragione, strinse i denti e si rimise in piedi.
"Vuoi che ti porti sulle spalle?" le chiese gentilmente il cavaliere.
Lei scosse la testa, era una questione d’orgoglio. E poi Ander non sarebbe riuscito a continuare a lungo in quel modo.
"Lo so che è faticoso, ma l’abbiamo combinata grossa e i feoriani ci staranno cercando ovunque senza sosta." spiegò il cacciatore: "Prima lasceremo Yuwa e meglio sarà."
"Oh, ma voi non lascerete mai Yuwa! Non vivi, almeno!"
I quattro ragazzi alzarono contemporaneamente lo sguardo sopra l’enorme roccia vicina a loro. Qualcuno se ne stava ritto in piedi su di essa.
"Sapete, mi avete fatto arrabbiare come pochi prima di voi!" parlò una voce che tratteneva a stento la collera: "Il vostro scherzetto piromane a voi poteva anche sembrare spiritoso, ma a me non ha fatto ridere per niente!"
L’uomo pelato si porto le mani ai fianchi, senza distogliere lo sguardo severo da loro. I ragazzi lo ascoltarono immobili, ancora increduli per esser stati già raggiunti. Sarah si strinse all’amica, intimorita. La tensione che pervase ognuno di loro, si percepì chiaramente nell’aria.
"Ma non avreste dovuto sfidarmi oltre! Il vostro secondo sgarro è stato anche peggiore e non posso proprio perdonarvelo!" alzò il tono, divenendo furibondo: "Come avete osato distruggere quel dannatissimo ponte?! Come avete osato sfidare Feor?!"
L’uomo saltò giù dalla roccia, un balzo di alcuni metri, fatto come se nulla fosse. Si drizzò e i quattro giovani poterono vederlo chiaramente. Era un uomo sulla trentina, ma ne dimostrava di più, poiché privo di qualsiasi pelo sul viso, persino delle sopracciglia. Vestiva un’elegante divisa militare blu, la divisa di un alto ufficiale imperiale. Le protezioni erano di fattura e qualità elevate e sul petto portava lo stemma feoriano, assieme al grado che gli spettava.
"Adesso però è arrivato il mio turno di ridere!! Vi ammazzerò lentamente, tra atroci sofferenze!!" affermò l’uomo: "Preparatevi a invocare la morte, perché tra poco la desidererete più di ogni altra cosa al mondo!! Io sono Deon, Capitano di Feor!!!"

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