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La Leggenda del Dragone

 

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CAPITOLO XXXV

Post n°39 pubblicato il 03 Luglio 2008 da Tyki_Mikk
 

"Un momento solo, avrei una cosa da prendere."
Stian fece fermare il gruppo indicando la porta dell'armeria. Ander sospirò un po' seccato, ma acconsentì alla richiesta, sebbene le voci degli inseguitori giungessero ormai da ogni parte e sempre più chiaramente udibili. Il cavaliere spinse la maniglia della massiccia porta di legno rinforzato da placche metalliche, ma questa non si mosse.
"Niente da fare, è chiusa a chiave..." liquidò un po' frettolosamente: "Ma c'era d'aspettarselo..."
"Scusami... potresti farti da parte, per piacere?" gli chiese gentilmente l'altro.
Ander obbedì, chiedendosi però il perché della sua richiesta e guardandolo incuriosito. Stian si allontanò di un altro paio di metri dalla porta, quindi, inaspettatamente, vi si lanciò contro con tutto il peso e lo slancio possibile. Con enorme fragore e altrettanto stupore dei ragazzi, la spallata del gigante fece volare via porta dell'armeria, che sparì all'interno della stanza. Ander e compagni osservarono la scena increduli, fissando senza riuscire a proferir parola il prodigioso compagno di cella di Ryan.
Stian si massaggiò brevemente e superficialmente la spalla destra e mantenendo sempre un'aria d'indifferenza entrò nell'armeria. Ne riemerse subito dopo impugnando per il manico un'enorme ascia bipenne.
"Ecco fatto, ora possiamo andare." dichiarò con la sua voce profonda e tranquilla: "Grazie a tutti per la pazienza."
Ander annuì, ancora sbalordito per la sua prestazione di forza.
"Allora, vogliamo andare?!" si spazientì Vash, alquanto irritato.
Il cavaliere si ricordò solo allora di lui. Pensò che non fosse il caso di perdere altro tempo. Da alcuni minuti ormai il cacciatore era divenuto stranamente silenzioso e nervoso. Ander non ne aveva compreso il motivo, ma lo conosceva abbastanza bene da sapere che quel particolare segno di quiete poteva preannuciare l'arrivo della tempesta. Spettava a lui il compito di evitare che in un modo o nell'altro a Fort Karadan si scatenasse l'inferno.
Così ripercorse la via di ritorno, cercando però di farlo lungo i corridoi più bui e deserti, anche a costo di allungarsi così la strada. Procedendo con cautela ed evitando di imbattersi nei loro inseguitori, il piccolo gruppo raggiunse infine il cancello in cima alle scale che lasciavano le segrete. Ma qui erano attesi da una mezza dozzina di soldati feoriani. Questi gli intimarono subito di fermarsi e arrendersi. Senza rallentare nemmeno la rincorsa, Stian superò Ander e piombò sul cancello arruginito, abbattendolo assieme alle due guardie che vi si nascondevano dietro. Le altre quattro gli si lanciarono addosso, ma il gigante fece ruotare l'ascia tutt'attorno a sé, colpendo con estrema violenza tre feoriani, che caddero a terra piegati in modo innaturale. Si udì il suono delle loro armi e delle loro ossa che finirono in frantumi. Il pavimento e i muri attorno a Stian si erano tinti del rosso del loro sangue. L'ultima delle guardie venne colpita dal suo pugno sinistro, un colpo al quale il cavaliere pensò che non sarebbe mai potuto sopravvivere.
Ripresosi dallo stato di bellicoso furore, il gigante si voltò verso i compagni provando subito un forte senso di vergogna. I suoi occhi incrociarono per caso quelli di Sarah, scioccata dalla carneficina alla quale aveva assistito.
"Perdonatemi, se potete..." sussurrò Stian con rammarico: "Non avrei dovuto cedere al rancore che provo per i miei carcerieri..."
Si accorse che Diana faticava a trascinare suo fratello, troppo debole per reggersi adeguatamente in piedi e correre assieme agli altri. Decise così di rimediare ai suoi recenti peccati, caricandosi il compagno di cella sulle spalle.
"Che fai!! Posso farcela anche da solo!!" si infuriò Ryan.
"Non ti devi preoccupare, non mi sei di peso."
Alla luce delle torce nei corridoi della fortezza, Sarah poté vedere con maggior chiarezza l'aspetto dei due prigionieri che avevano appena liberato. Smagrito e con un po' di barba incolta, Ryan aveva solo una lontana e inimmaginabile somiglianza con la sorella. Ma d'altra parte sembrava chiaramente un tipico tunseiano, con la pelle olivastra, i capelli scuri corti e le vesti leggere, anche se ora logore e ridotte a brandelli.
Invece Stian portava abiti molto simili a quelli in uso a Yuwa, eppure era subito evidente che non avesse nulla a che fare con il popolo del canyon. Il gigante aveva una carnagione chiara, i capelli biondoscuri, e anche il suo nome non aveva nulla in comune con quelli che usavano i pellirossa. Il suo aspetto forte e possente gli dava un'aria selvaggia e temibile, ma nel suo sguardo e nei suoi atteggiamenti, Stian si rivelava essere un giovane mite e quieto.
E mentre Ryan era visibilmente provato dalla durissima permanenza nelle carceri di Fort Karadan, l'altro sembrava avere energie da vendere, pronto anche a lottare strenuamente per riconquistarsi la libertà. Trasportava sulle spalle il fratello di Diana quasi come se non fosse di alcun peso. Correva instancabile mantenendo senza problemi il ritmo degli altri.
Ma stranamente non incontrarono nessuno sino al portone d'entrata, dove il cavaliere fece fermare il gruppo ancora una volta.
"Dove sono finiti tutti?! Tutto ciò è molto strano..." rifletté a voce alta: "In ogni caso non abbiamo scelta! Per uscire dovremo tentare di passare attraverso il cancello, a costo di farlo con la forza! Non c'è modo di scendere dalle mura indisturbati..."
Detto ciò, i sei fuggitivi si proiettarono sul cortile esterno e correndo senza voltarsi nemmeno, si diressero verso le porte delle mura di Fort Karadan. Tutto attorno a loro regnava un silenzio irreale. A Sarah sembrò di percepire una pesante tensione nell'aria. Anche Ander se ne accorse e cercò di affrettare la loro fuga.
Ma appena raggiunsero le porte del grosso cancello, sulle mura della fortezza comparvero delle luci, che si propagarono rapidamente in ogni direzione, tutto attorno a loro. Diverse decine di guardie armate e con le torce in mano li accerchiavano completamente dall'alto, rimanendo ferme in posizione.
"Credevate davvero di poter fuggire così facilmente?!"
Una voce profonda e autoritaria risuonò imperiosa al di sopra di ogni altro rumore. Al centro delle mura, alle spalle dei giovani, un uomo vestito in nero valutava la situazione con impassibilità, fissandoli uno a uno con il suo unico occhio. Una vecchia, vistosa cicatrice infatti gli attraversava la parte sinistra del viso, rendendolo guercio.
"Quello è... Maledizione!!" esclamò Vash, imprecando contro la cattiva sorte.
"Nash Swanson..." sussurrò quasi incredulo il cavaliere, rimasto a bocca aperta, come se avesse improvvisamente perduto tutta la frenesia e la volontà di poco prima.
E in effetti non c'era via di scampo.
Le torce oramai ardevano ovunque vigorosamente, illuminando nella notte l'ampio cortile di forma quasi perfettamente rotonda, simile un po' a un'arena. Ma i feoriani se ne stavano immobili sulle mura, mantenendo da loro una distanza sospetta, come se facessero da spettatori.
"Il cancello è chiuso, sbarrato da fuori... rassegnatevi, siete in trappola." dichiarò il Generale di Feor: "Vi consiglio vivamente di deporre le armi e arrendervi."
Nonostante la sua figura avesse un qualcosa di altezzoso e inarrivabile, Sarah si accorse che quell'uomo manteneva un atteggiamento del tutto naturale e rilassato. La sua superiorità spirituale, la sua nobiltà d'animo, la sua forte personalità si manifestavano spontaneamente, involontariamente, mettendo in soggezione chiunque, persino tra i feoriani. In quel momento la ragazza si rese conto per la prima volta di cosa fosse veramente un leader.
Avvolto in un lungo mantello nero, il volto pallido quanto la luna alle sue spalle, Nash scrutava con interesse gli intrusi che a lungo avevano seminato scompiglio nella fortezza. Con una mano si tirò indietro i capelli ispidi e corvini, che gli ostacolavano la visuale del suo occhio, nero come la pece.
"Capisco..." affermò comprensivo, quando non vide tra di loro alcuna reazione: "Spero che vi rendiate conto di cosa ciò significhi..."
A quel punto il suo sguardo si fermò su di Vash.
"Il tuo volto mi è famigliare... e pure il tuo." constatò successivamente, indicando Ander.
"Generale, lasci fare a me! Non c'è bisogno che si sporchi le mani." lo interruppe un uomo sgradevole, sulla cinquantina, che comparve al suo fianco: "Questa è l'occasione giusta per provare il nuovo giocattolo inviatoci dal L.I.R.S.!"
Il Generale di Feor non sembrò affatto entusiasta a quell'idea, ma decise di mettersi da parte a favore del modesto e servile governatore di Fort Karadan. Questo tirò fuori un piccolo oggetto appiattito, un telecomando a distanza, e iniziò a premere dei tasti.
"Ero ansioso di vederlo all'opera, non avrei mai immaginato di avere un'occasione simile!" gongolava compiaciuto: "Vai, Mech Ogre! Distruggi gli intrusi!"
Una massa metallica informe, che sino ad allora se ne stava immobile in un angolo buio del cortile, iniziò a muoversi, sollevandosi su due massicce e lunghe gambe ricoperte di acciaio. Un grosso automa, alto più di cinque metri, si diresse a passi lenti e pesanti verso il piccolo gruppo di fuggitivi. Al centro del suo corpo meccanico c'era inciso il nome, MO 016, vicino all'inconfondibile stemma e alle iniziali del Laboratorio Imperiale di Ricerche Segrete. Giunto al centro dell'arena, il Mech Ogre protese minaccioso gli arti superiori, grosse braccia d'acciaio. Ricordava vagamente una figura umana, o meglio quella di un orco, da cui prendeva il nome. L'unica differenza era che fosse senza testa, forse perché non ne aveva bisogno. In compenso, al centro del busto vi era una specie di grande occhio rosso artificiale, probabilmente il sensore al quale il mostro meccanico si affidava per rilevare l'area circostante e localizzare i nemici.
"Nessuno è mai fuggito da Fort Karadan!" esclamò il governatore pieno di sé: "Siete stati dei pazzi e ne pagherete le conseguenze! Ora verrete schiacciati come insetti insignificanti!"
Terrorizzate, Diana e Sarah si voltarono a guardare Ander, il quale sembrò esprimere tutta la sua impotenza in quella situazione. Erano davvero nei guai, persino Vash cercava disperatamente, ma senza successo un via verso la salvezza.
"Che cos'è quell'ammasso di ferraglia?!" si chiese sconvolto Ryan: "Come diavolo si fa ad abbattere una cosa del genere?!"
"Perdonami, ma ora devi scendere." gli rispose Stian: "Di questo qui me ne occupo io!"
"Co-cosa?!" sussultò l'amico.
"Stai scherzando?!" si riprese il cavaliere: "Come credi di scalfire quella corazza d'acciaio?! E poi è un automa, non è una creatura vivente..."
"Vi ho detto di lasciar fare a me."

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Un blog di: Tyki_Mikk
Data di creazione: 15/04/2008
 

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