Creato da albertarius il 24/01/2007
Un maestro del Novecento pittorico
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Il maestro Sambruni si dedica anche alla scultura, da sempre, ma specie in questi ultimi tempi, assaporando il piacere di tirare fuori l' opera che è dentro a un tronco o plasmando la materia informe.
Nella sua vasta produzione, attraversata dagli stimoli più vari del secolo da poco trascorso e dalle espressioni più ricche nel campo delle tecniche, ha un posto di rilievo la tematica del Crocifisso, evocata come rispecchiamento delle tragedie della storia del Novecento e con i tormenti innovativi dell' arte del proprio tempo.
Mario Chiappini
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Nella mente di Ugo Sambruni - 89 anni il prossimo aprile e ben portati se non fosse per un fastidioso acciacco a un piede - risuonano ancora le parole del cardinale Ildefonso Schuster" ... tu, cosa farai da grande? " : L'allora quindicenne Ugo rispose timidamente "voglio fare il pittore..." e l'arcivescovo di Milano ponendogli una mano sul capo, gli sussurrò "caro ragazzo, allora preparati a soffrire...". Da corista che si esibiva nell'Arcivescovado di Milano in occasione della "Messa degli Artisti" celebrata dal successore di Sant'Ambrogio il primo venerdì del mese, Ugo non aveva dato peso alle parole rivelatesi poi una profezia per l'attività di pittore che intraprese dopo aver seguito un regolare ciclo di studi preparatorio. Nato a Mariano Comense, figlio di Angela Colombo e Domenico, racconta di sé di avere nutrito scarso interesse per la scuola dell'obbligo amando però intensamente seguire i percorsi suggeriti dal suo mondo interiore. A comprendere il suo talento artistico precoce furono i signori Corbetta i quali presero accordi con mamma Angela per entrare in possesso di tutto ciò che Ugo disegnava. Ma il primo lavoro considerato da Sambruni veramente artistico ce lo mostra con orgoglio. Risale all'età di quattordici anni. Fu il frutto di un'ispirazione scaturita dal dono ricevuto da Carlo Gadda, una radio a galena costruita con mezzi di fortuna. Quando la ebbe a disposizione, Ugo cercò un luogo dove ricevere il segnale: si recò nella zona del castello di Mariano, tra i boschi della Brianza. Quell'aggeggio rudimentale si mise a funzionare quasi per incanto e Ugo provò una vera e propria scossa, un insieme di forza e di libertà che sprigionò in lui il desiderio di dipingere. "Sentivo una forza interiore irrefrenabile..." Il "risveglio intellettuale " di Ugo Sambruni avvenne in modo completo frequentando l'Istituto Beato Angelico di Milano, scuola superiore di arte sacra. Fu in quell'occasione che Ugo incontrò Mario Tantardini, colui il quale seppe trovare la strada per far esplodere gli istinti e i valori del giovane Sambruni. "Era un ometto alto un metro e cinquanta, ma in possesso di un'energia e di un'intelligenza senza pari" dice Sambruni di Tantardini. "Lui mi ha insegnato tutto il necessario per esprimermi da un punto di vista artistico". Ricorda ancora i momenti in cui Tantardini osservando attentamente i suoi disegni, spesso vi passava sopra le dita, sembrava cancellarli e invece ne faceva emergere magicamente gli istinti che vi erano contenuti. Lo spirito creativo, libero e spensierato del giovane Sambruni, tollerato dal papà e difeso dalla mamma, dovette però ben presto lasciar spazio a situazioni più serie e tragiche. Ugo fu chiamato alle armi e destinato dapprima al fronte occidentale. Sul Monte Bianco incontrò Curzio Malaparte. La solitudine di Ugo diede ispirazione allo scrittore che nell'opera "II sole è cieco" scrisse tra l'altro dell'alpino solitario..., poi l'Albania,.. Ugo, facendo enormi sacrifici e attraversando esperienze e difficoltà inimmaginabili e comunque difficili da trasferire a chi non le ha vissute e provate e non in cerca di onorificenze, riuscì a mantenersi fedele al suo giuramento di non ammazzare nessuno e di non essere ammazzato. Da qui il tema pittorico delle "battaglie inutili", che dura tuttora e seguita a definire la guerra: "ogni guerra è una porca guerra". Ancora oggi, ormai alla soglia degli ottantanove anni, Ugo dipinge, ricerca, crea, sia nell' appartamento di Cernobbio che nella sua casa sul Bisbino: lassù sopra un muro si vede ancora, composto di sassi in rilievo, un grosso cavallo. Con i cavalli Ugo Sambruni ha instaurato una sorta di intesa. Lui, i cavalli li adora, li sente fremere, nitrire, correre, galoppare nei boschi, liberi come lui ha sempre voluto essere tanto da immedesimarsi in loro concretizzandoli nei dipinti: "I cavalli piangono", altro tema amato dall'artista. Da Cernobbio Oggi, periodico di informazione del Comune di Cernobbio, Numero XIII - Marzo 2007, p. 7
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Sambruni non cessa di stupire. Desidera ricordare anche la sua invenzione nel campo della stampa tessile che ha destato meraviglia in chi l'ha conosciuta e rimasta ancora segreta. Questo metodo di stampa, nato nel primo dopoguerra, in un momento di necessità, "per la fabbrica dell'appetito", come lui ricorda, è ancora attuale. Ne parlò l'autorevole rivista "II mondo tessile" nel numero del novembre 1951: "E' nata un'arte nuova per stampare i tessuti", un'arte che precorre i tempi: ogni prodotto finito è un pezzo unico come i suoi lavori artistici e rappresenta un legame tra la società e l'artista. I suoi tessuti sono risultati inimitabili dagli altri stampatori, avendo Ugo trovato il modo di tradurre sul tessuto le meravigliose sfumature, le trasparenze, le luminosità, i tenui passaggi cromatici e i colori squillanti. I colori! La novità di Ugo: produrre centinaia di colori senza utilizzare i metodi classici. Questa sua esperienza si è poi interrotta per dedicarsi completamente alla pittura. Ora Sambruni fa un appello/offerta. "E' importante trovare qualcuno che, amante del bello e dell'innovazione, venga a conoscenza e porti avanti il metodo di stampa da me ideato e sia in grado di continuare l'arte sui tessuti".
L'artista è sempre pronto a incontrare chi sia veramente interessato.
Da Cernobbio Oggi, periodico di informazione del Comune di Cernobbio, Numero XIII - Marzo 2007, p. 7
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"... Il colore è un mezzo di esercitare sull'anima un'influenza diretta" - affermava Kandinsky, e gli accostamenti cromatici di Sambruni (rossi, bruni, azzurri, grigi, neri e bianchi) comunicano emozioni che vanno al di là del dato rappresentativo delle espressioni pittoriche, ma per definire appieno ciò che sento quando vedo le opere di Sambruni dovrei aggiungere "la luce".
Di essa il maestro fa un doppio uso: da un lato definisce ambienti virtuali con lampadina nera di contrasto che risalta nell'ambiente pervaso di luce; dall'altro ambienti scuri con lampadina bianca che sventaglia di luce il buio.
Un altro tratto identificativo del Sambruni è la ricerca ( o la realizzazione ?) del tridimensionale che unita allo studio delle ombre e delle luci ha condotto alle "sculture di carta " : i personaggi velati, le sedie impacchettate, in cui la carta o la stoffa con le loro pieghe e cuciture esaltano la tridimensionalità dei soggetti e degli oggetti ma nello stesso tempo li "velano", quasi come la realtà nuda creasse angoscia.
"Impacchettare le cose serve per l'anima!" - mi disse una volta il maestro e in queste sue parole che rieccheggiano avverto empaticamente una paura quasi ancestrale che non so spiegare.
Nella ripresa della tematica dei "tagli di Fontana" Sambruni rivisita il concetto spaziale del gesto che taglia la tela e, in un certo senso lo continua con la "ricucitura" . Questa (come già il taglio del Fontana) è un gesto simbolico: dopo la distruzione, cioè il segno che allude alla sofferenza, c'è il risolversi della ferita, la ricucitura dello strappo. I tagli e le cuciture sulle parti del corpo simboleggiano la distruzione del reale e la sua ristrutturazione, una nuova rieleborazione artistica, che, in questo senso, come in Fontana, sconfessa tutte le "rappresentazioni" dello spazio della pittura tradizionale.
Annalisa Lattuada
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NOVECENTO ARTISTICO
OLTRE LA LINEA DI SVOLGIMENTO
La linea di svolgimento di qualsiasi pittore o scultore, con un curriculum di formazione accademica, fin verso la metà dell’ Ottocento, muove sempre da studi, conoscenze, regole, osservazioni, confronti, apprendistato, esercizio, sperimentazione di tecniche, materie. Mira a produrre un’ arte leggibile, basata su valori riconoscibili, canonici; è linea di figure, di rappresentazione realistica, di riproduzione del reale, entro cui l’ artista tende a una propria identità, a stilemi personali. Ma a partire almeno dall’ Impressionismo ( Monet, Renoir, Sisley, Pissarro; il quadro Impressione, levar del sole di C. Monet è del 1872 ) molte cose cambiano, l’ artista si allontana da questa linea, va ben oltre e allarga enormemente il campo, i confini, le significazioni, la creatività dell’ arte e sempre più procede verso un’ espressione artistica non accademica, non canonica. Perfino i luoghi di elaborazione mutano, gli impressionisti si spostano dal chiuso all’ aperto, dallo studio all’ en plein air. Si prospetta così l’ immenso panorama variegato ( difficile da sintetizzare ) e perpetuamente instabile del ‘900, con un comune denominatore: la trasformazione o l’ abolizione della figura e della rappresentazione realistica, la sperimentazione a tutto campo. Si aprono indefinite vie al superamento della rappresentazione realistica e della figura. Si passa dall’ arte di figure, di oggettività, all’ arte di soggettività di ogni tipo di espressione, di esperienze e di sperimentazione, che investono tutto il fare artistico, il porsi, il destinarsi come luoghi e collocazione delle opere create. Pensiamo alle opere di grandi dimensioni, alle installazioni che si avvalgono della multimedialità informatica e tecnologica ( Kentridge, Wall, Aitken ), alla Land Art ( Smithson, Heizer ), agli impacchettamenti di Christo, agli enormi sacchi di Burri. Molte opere, infatti, non potranno più andare in luoghi come case, date le dimensioni o la natura virtuale. L’ arte ormai ha rotto ogni sudditanza o vincolo a figure, regole, luoghi, operatività, contenuti, materie. Si sente libera e liberamente si esprime. La creatività è intesa sia come nuova espressione sia, tante volte, nei casi peggiori, da parte dei meno consapevoli e meno preparati o dotati, anche solo come rottura. E di evoluzione in evoluzione si passa dall’ arte come prodotto di un’ idea, all’ arte il cui prodotto o valore è solo l’ idea. Tanto operare del Novecento non porta a un prodotto come opera d’ arte, ma semplicemente a un’ idea come esito artistico finale. Si pensi ad alcune espressioni di arte-idea di Piero Manzoni. E da Manzoni in poi, tante altre trovate, esibizioni, manifestazioni dove di arte c’ è solo l’ idea, magari geniale, ma soltano idea.
Nel Novecento l’ arte non poteva continuare ad essere o a ripetere quella del passato, non solo per l’ esigenza di trovare qualche cosa di nuovo, ma soprattutto perché la civiltà era cambiata e perché le scienze, la psicoanalisi, la narrativa, la poesia avevano aperto nuove strade in tutti i campi della conoscenza e dell’ esplorazione della realtà o della psiche e queste nuove aperture e dimensioni l’ arte si apprestava a esprimere. Le descrizioni, la rappresentazione realistica non scompaiono, ma non è più questo il segno generale e là dove resiste, si carica di aspetti, significazioni, atmosfere e modalità diverse. Prima era la realtà che si imponeva all’ artista, ora è questi che si impone alla realtà. Un rovesciamento delle parti, un passaggio dall’ oggettività alla soggettività e il cammino non è ancora esaurito, continua a cercare nuove espressioni fino ad arrivare alla Body Art, all’ arte virtuale come esito finale di molte performance o della Computer Art.
La realtà dell’ Impressionismo o quella della Pop Art ( Rauschenberg, Warhol,
Lichtenstein, Oldenburg ) non è più imitazione né lo è quella dei postimpressionisti ( Van Gogh, Gauguin, Cézanne ), dei simbolisti ( G. Moreau, P. Puvis de Chavannes, A. Bresdin, O. Redon, P. Gauguin, A. Maillol, M. Denis, P. Sérusier ) o dei surrealisti ( Ernst, Mirò, Dalì, Magritte, Delvaux, Tanguy, Man Ray ). Con la Metafisica ( valga un nome solo, De Chirico ) si esprime l’ intento di andare oltre la “ fusis ”, la natura, la realtà, diffondendo senso di mistero, di enigma. Con l’ estraniamento dal contesto, la dislocazione, la manipolazione degli oggetti da parte dei dadaisti ( Tzara, Arp, Man Ray, Huelsenbeck, Duchamp ) si crea un’ altra realtà. O la si geometrizza, la si scompone con il cubismo ( erede di Cézanne ), prescindendo da prospettiva e profondità ( Picasso, Braque, Gris ) o nell’ Espressionismo con i fauves ( Matisse, Derain e De Vlaminck e poi Kirchner, Nolde, Kandinskij, Marc, Beckmann, Munch ) le si toglie il primato dato invece al colore espressivo. La realtà in sé non richiama i futuristi ( Boccioni, Balla, Carrà, Severini, Depero, Russolo, Prampolini, A. Pevsner ) quanto piuttosto la rappresentazione della velocità, dell’ energia, del movimento, del tempo che scorre. Un qualcosa che ritorna nell’ Action Painting anni sessanta ( Pollock ) e che si fa segno, gesto negli artisti della New York School. Il realismo delle neoavanguardie del Novecento ( Picasso, Severini, De Chirico, Sironi, E. Hopper, ecc. ) e delle correnti d’ ispirazione realistica del secondo dopoguerra hanno una sensibilità che non è più quella classica. Lo stesso vale per l’ Iperrealismo statunitense anni sessanta ( R. Artschwager, S. Posen, Ch. Close, R. Estes, J. De Andrea, D. Hanson ). La parola che lo designa dice tutto. Anche il realismo dell’ arte sovietica ( Larionov, Malevic, Lissitkij, Tatlin ), retorica, celebrativa del regime, non può essere riportato alla rappresentazione classica.
Negli anni sessanta-settanta vanno ben oltre la rappresentazione della realtà l’ arte concettuale, atto di creazione intellettuale ( Sol LeWitt, Kossuth ), l’ arte povera che dalla realtà trae solo i materiali ( Merz, Kounellis, Penone, Anselmo, Boetti, Paolini ), l’ arte informale dei segni, dei gesti, delle materie più disparate, della libertà da ogni vincolo ( Dubuffet, Burri, Fontana, Tapies ), l’ arte della geometrizzazione ( quasi una nuova metafisica, nella New York anni sessanta ) delle tele ( Stella, Kelly ) e delle sculture ( Judd, Andre, Morris, Serra ). La geometria, anima ricorrente di tanta parte del Novecento artistico, attraversa il mondo di Mondrian, di Licini, dell’arte optical, dell’ architettura del Bauhaus.
Dai fervidi anni sessanta nascono anche le performance ( Kaprow, Oldenburg, eredi in questo del dadaismo e futurismo ) che proseguono il cammino fino a oggi, facendo diventare il corpo luogo e prodotto artistico ( Abramovic ), coadiuvato da teatro, danza, musica, elementi etnici e documentato dai video e dalle foto. Negli anni settanta e ottanta si diffondono i graffiti a New York ( Keith Haring, Basquiat ), mentre in Europa la Transavanguardia ( Chia, Cucchi, Clemente, Paladino, De Maria, Baselitz, Dokoupil, Kiefer ) ripropone la pittura. Per questi artisti si sta come chiudendo il corso dell’ avventura del Novecento e si riapre il ricorso dell’ arte, della pittura postmoderna. Non si vede ancora la fine di tutto questo processo immenso che è avvenuto nel Novecento, che è stato come un nuovo Rinascimento corrispondente alla civiltà industriale e tecnologica come il primo lo era di quella umanistica. Il movimento creativo è stato grandissimo. Ha sconcertato, nelle situazioni limite continua a suscitare perplessità. E’ naturale, perché è stato una generale rottura di tutto il mondo statico canonico. Tuttavia ormai si comincia a vedere un po’ chiaro in questo grande flusso storico. Se vi sono stati giudizi negativi o critici, se continuano a sussistere perplessità, ciò è dovuto al fatto di guardare il nuovo con occhi vecchi. Per valutare il nuovo ci si serviva dei criteri fondati sull’ arte mimetica, di realtà, di rappresentazione, di figuralità, mentre i paradigmi con cui guardare e valutare oggi è chiaro che devono essere quelli della creatività e della soggettività artistica.
Passando da questo discorso generale al caso specifico dell’ artista Ugo Sambruni, occorre precisare che la sua formazione iniziale è stata quella canonica, di studi, regole, esercizi, ecc., come per ogni artista che si avvia a intraprendere professionalmente la strada dell’ arte. Ma ben presto, a tutto questo è subentrata in lui una piena partecipazione al proprio tempo anche come artista ed è per questo motivo che la sua opera ( pittura e scultura ) complessivamente o non è figurativa o lo è alla maniera del Novecento. Sambruni attraversa molte esperienze del Novecento, dalle nuove sensibilità coloristiche all’ impiego delle diverse materie, dal cubismo all’ informale fino alla ricerca di una nuova spazialità, oltre Fontana e alla suggestione della quarta dimensione. Si inserisce così nel grande alveo del Novecento, ma con dei contributi personali a un modo nuovo di praticare l’ arte, alla luce, allo spazio tridimensionale del quadro, alla ricerca efficace e suggestiva della quarta dimensione.
Mario Chiappini
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E' con grande gioia che mi unisco a tutte le persone che conoscono il maestro Ugo Sambruni per formulargli i più bei auguri di Buon Compleanno! Ad multos annos, maestro Sabruni e ancora tanta tanta attività per continuare a creare bellezza. Finché l' artista crea bellezza, il mondo degli uomini è un po' meno brutto e la natura si arricchisce e risplende di nuovi fiori. E noi che sentiamo la bellezza, ma non abbiamo la capacità di esprimerla in forme e colori, godiamo e gioiamo di quello che l' artista fa anche per noi. E allora grazie e ancora i migliori auguri!
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