Il Messia

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   Ci fu servita una minestra di verdure e di orzo, con del riso, che consumammo in silenzio, in piatti di legno.Nel pomeriggio, andammo alla sala del Vero Uomo.Recitammo il mantra Om, con incensi che bruciavano nei bracieri e profumavano l’aria.Il Vero Uomo era sempre lì, dorato, sereno davanti a noi.Terminata la recita del mantra, uscimmo.Il sole era alto, nel cielo.Nel cortile, i monaci e i discepoli dialogavano a coppie o in gruppi.Sedemmo su una panchina.«La consapevolezza, Marco, è il sapere vissuto. Chi è consapevole sa, perché ha sperimentato. La consapevolezza si conquista nel tempo, sul campo, nella vita di ogni giorno.Si ricava dal sapere unito alla pratica. La prima consapevolezza è sapere che tu sei mente e corpo, che la mente guida il corpo. La seconda consapevolezza è sapere che anche gli altri sono come te.Tu sei divino, ma anche gli altri sono divini. Sei una divinità, fra altre divinità, in un disegno cosmico, dove ognuno ha la sua parte, per il bene dell’umanità. Tu non sei migliore di nessuno, ma diverso. Ognuno è diverso, originale, perciò non ha senso fare paragoni. Ognuno deve essere se stesso, per piacere agli altri».Mi piacque il suo punto di vista.«Adesso», disse, «lasciamo che queste parole, questi semi, germoglino in te».Il mio primo ciclo d’insegnamento era concluso. Ci saremmo rivisti, due anni dopo.  PARTE II  Due anni dopo, in una bella giornata di luglio, mi ritrovai a passeggiare per il cortile del tempio, in attesa d’incontrare Manuele.Regnava il silenzio.Qualche tempo dopo, mi raggiunse.Seduti su una panchina, s’informò dei progressi che avevo compiuto, in quel periodo.Quest’usanza di essere istruiti dai monaci del Vero Uomo era una consuetudine della mia regione.Quando un ragazzo raggiungeva i quattordici anni di età, era assegnato a un monaco.Quando il discepolo raggiungeva i diciotto anni, era maturo per il Mondo.Era quello il momento più importante, in cui l’albero avrebbe dato i suoi frutti per tutta la sua vita.Il giorno dopo, sull’altopiano della cascata, mi parlò della crescita spirituale.Mi prospettò il programma che avremmo affrontato, nel corso del mese.«Qui», disse, «c’è un’energia invisibile, un canale di comunicazione con la dimensione spirituale.Il tempio è un’ambasciata di pace, di vita, in un Mondo dove regna il conflitto e la morte.Il nostro compito come monaci è di formare persone piene di vita che praticano il Vero Amore».Il cielo era azzurro e limpido.Sotto l’altopiano, confluivano le acque della cascata. Si vedeva la schiuma, i vapori, oltre ai luccichii del sole. Si udiva il rombo delle acque.Riprendemmo la via che portava al tempio.Dai rami fitti degli alberi provenivano vari richiami, si vedevano gli scoiattoli che saltavano da un ramo a un altro.Eravamo arrivati al tempio.Varcammo la soglia. Dei buoi stavano uscendo, trainando un carro di barili.Andammo a mensa, dove ci fu servito uno stufato di verdure, che condimmo con olio, aceto e varie spezie.La natura, i fiori, i colori. Nel cortile del tempio e nei dintorni, era un tripudio di vita. Insetti, uccelli. Era la stagione degli amori.Manuele, dopo aver terminato la sessione di studio, meditazione, preghiera, mi raggiunse, mi prese sottobraccio e cominciammo a passeggiare.Si sentiva il verso delle rane che gracidavano, negli stagni vicino.«Stai diventando un uomo» disse con fierezza.Prendemmo due cavalli dalla stalla attigua al tempio e ci avviammo lungo un sentiero.Salimmo su una collina. Arrivammo su un ampio spiazzo da dove si vedeva il cielo.Era uno spazio enorme, sterminato.Un altopiano coperto d’erba verde, da cui spuntavano margherite bianche, gialle e papaveri rossi.C’erano api, farfalle che lavoravano con foga, spostandosi pragmatiche o gioiose, ubriache di nettare, da un fiore a un altro.«Come lo chiami questo?» chiese.«Paradiso» risposi.«Sì» confermò «questo è il Paradiso. Tutto è ordinato, perfetto, meraviglioso. Ogni cosa svolge un compito, per il bene dell'insieme. Ma la cosa più importante da sapere è che tutto questo esiste per la gioia. È l’amore, la gioia che muove tutto».Smontammo dai cavalli, che si misero a strappare ciuffi d’erba.«Osserva le api. Lavorano. Ognuna ha un settore, ma ogni ape ha la sua compagna, e la sua prole, la sua famiglia. Lo stesso per le formiche, le farfalle. È l’amore che muove tutto. Per questo la vita è fantastica, vera!»Proseguendo con i cavalli alla cavezza dietro di noi, arrivammo a un punto, in cui l’altopiano terminava e iniziava il fianco della collina.Nell’ampio spazio vuoto, si vedevano i corvi di montagna, i falchi volteggiare nell’aria e a valle, nei casolari, si udiva, ogni tanto, l’abbaiare dei cani.«Come credi che gli animali imparino a vivere?» chiese.«Hai mai visto le api andare a scuola, per conoscere i diversi tipi di fiori?Hai mai visto le api andare a un corso universitario di specializzazione, per costruire un alveare?»«No» risposi.«Perché?»«Non lo so».«Perché lo sanno» affermò. «Seguono il loro istinto. Seguono il principio di creazione. Noi siamo i Signori del Creato, perché creiamo noi stessi consapevolmente, responsabilmente, seguendo la nostra coscienza. Essa ha il compito di guidarci a diventare tempio di Dio, dei Veri Figli. È un maestro che conosce la via per fare di noi dei Veri Uomini».Fece una pausa, poi aggiunse: «La via suprema, per permettere alla coscienza di manifestarsi liberamente, è astenersi dall’abuso di alcool, droga e dal sesso libero. tornando al tempio, prima di varcare la soglia, disse: «La ti guiderà a realizzare grandi cose. La coscienza conosce una sola via, quella del bene, e la conosce alla perfezione. Devi imparare ad ascoltare e seguire la sua voce».Nel tempio, regnava un’atmosfera di pace.Sulla cinta delle mura sbiadite dal tempo, come pure sulle piante all’interno del cortile, cresceva e si allungava l’edera.Con uno stato d’animo contemplativo entrai nella sala del Vero Uomo.Manuele era in posizione di meditazione. Aveva gli occhi chiusi.Era sereno.Mi misi nella stessa posizione, incrociando le gambe. Chiusi gli occhi e feci degli esercizi di respirazione.I pensieri si susseguivano nella mente.Recitai interiormente il mantra Om.Uscii. Sedetti sulla panchina accanto al muro.Assistevo allo spettacolo del passaggio dei monaci con i discepoli che si dirigevano verso la mensa, uno dopo l’altro, in perfetta armonia, chi dialogando, chi in silenzio.Manuele mi raggiunse.Il suo volto era luminoso, splendente.Andammo alla mensa e mangiammo la minestra.Uscimmo nel cortile.Restammo un po’ lì a guardare il cielo, senza fare commenti, ascoltando le rane che gracidavano.Rientrammo. Nella sala del Vero Uomo, c’erano i discepoli e i monaci, seduti l’uno accanto all’altro su un cuscino e davanti dodici monaci in piedi, con gli occhi chiusi e le mani giunte all’altezza del cuore.L’atmosfera divenne distesa.S’iniziò a recitare l’Om. Uscì il monaco anziano.Restò in piedi per alcuni minuti, insieme ai dodici. Alzò le mani in alto e diresse il palmo verso di noi, con gli altri dodici che lo imitarono. Sedettero. Ci fu silenzio.Fu una lunga meditazione. Provai un profondo silenzio interiore e pace.Sembravano trascorsi secoli da quando, due anni prima, presi le prime lezioni.Restammo in meditazione. Quando aprii gli occhi, non c’era nessuno attorno a me. Era sera.Mi diressi verso la cella e mi misi a letto.Il canto del gallo mi svegliò.Arrivai nella sala del Vero Uomo.Varcata la soglia, mi trovai immerso in un senso di pace.Chiusi gli occhi e recitai lentamente il mantra Om e, raggiunto uno stato di estasi profonda, mi rasserenai.Uscito dallo stato di profonda meditazione, uscii nel cortile.Manuele era seduto su una panchina.Andammo nella sala mensa.Mangiammo la minestra.Nel pomeriggio, andammo sull’altopiano della cascata.«Così come l’uomo è composto di mente e corpo, anche il cosmo è composto dal mondo spirituale e dal mondo fisico. Così come abbiamo una mente fisica e un corpo fisico con cinque sensi, abbiamo una mente spirituale e un corpo spirituale con cinque sensi spirituali, che al momento sono come addormentati, paralizzati, per questo non percepiamo l’altra dimensione... Esiste un Universo parallelo che non vediamo, che è invisibile agli occhi fisici, dove andiamo, dopo aver vissuto la nostra vita qui, sulla Terra. Così l’uomo è un microcosmo del cosmo, è un mediatore tra le due dimensioni, potendo comunicare con entrambe.Dio sta nel mondo spirituale, è il nostro Genitore. Tra Dio e il livello terreno, ci sono molti stadi intermedi, a seconda del livello di crescita che raggiungiamo sulla Terra. Per cui, se in questa vita non riusciamo a elevarci fino a sentire la presenza di Dio nella nostra vita, andremo in un regno intermedio, nell’altra dimensione, come in questo Mondo diviso in Nazioni, città e quartieri. Di lì, torneremo sulla Terra per completare il percorso, stando insieme a spiriti incarnati che hanno raggiunto un livello di crescita simile al nostro. Così, crescendo loro, cresciamo anche noi. In questo modo, un giorno, con il ritorno sulla Terra, tutti gli spiriti raggiungeranno la perfezione, diventando Veri Figli di Dio, creando, alla fine, un unico regno centrato su Dio, così nel mondo dello spirito, come nel mondo fisico» disse.Nei giorni successivi, vedemmo dei filmati sulla natura, sull’ecosistema della Terra.Le acque che scorrevano, il vento che soffiava, il canto del cuculo, nel bosco di sera, il barrito dell’elefante.Nel pomeriggio, andammo in giro a cavallo.Ormai esplorare i dintorni a cavallo era diventata la norma.Raggiungemmo un altopiano, dal quale si dominavano le colline sottostanti, con un panorama che si perdeva a vista d’occhio.Dov’eravamo noi non c’erano fabbriche, canne fumarie, auto, inquinamento acustico o dell’aria.Era tutto pulito.Chiese: «Perché esiste la natura? Perché, esiste l’acqua, gli alberi, gli uccelli, i pesci, gli animali, le rocce, le stelle, il sole, la Luna?» Fece una pausa, poi riprese: «La natura è stata creata per l’uomo. Se l’uomo è vivo, è grazie alla natura, alle piante che lo nutrono, agli animali, ai pesci, ai volatili; è grazie all’aria che respira, all’acqua che beve, al calore del sole. La funzione della natura è rendere vivo e felice l’uomo».Fece una pausa.«Quando Dio creò, immaginava come avremmo reagito, osservando i fiori, mangiando i fichi, osservando l’arcobaleno, viaggiando nello spazio…Egli aveva in mente un ideale fatto di relazioni, di rapporti.