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intervista a Zebina


Jonathan Zebina, nel calcio c’è chi cambia squadra per scelta di vita. Lei è rimasto perchè non aveva scelta?«La società ha preso una decisione che posso anche capire. La Juve deve restare ai massimi livelli ed era giusto che pensasse ad avere la squadra migliore possibile per tornare subito in A. In realtà questo non è un discorso che ha riguardato tutti e non so perchè qualcuno ha potuto andarsene e altri no».Lei sarebbe partito volentieri?«Le offerte non mancavano. Oggi potrei essere a Madrid con Capello e Cannavaro».Visto come vanno le cose e la voglia di fuga di tanti madridisti, forse non avrebbe fatto un grande affare.«Non credo che i miei ex compagni siano pentiti anche se il momento è difficile».Anche lei non rimpiange Capello?«A me ha dato tanto. Con Deschamps c’è stato un salto generazionale, lui ragiona ancora da giocatore e questo ci aiuta».La serie B è la cayenna calcistica?«Non mi piace, ho dovuto accettarla».E ora accetterebbe di restare in A?«Scusi, ma se ho accettato la B, volete che mi perda la A? Adesso ci sono, ho un contratto fino al 2009 e vorrei restare. Anche se il presidente Cobolli Gigli ha detto che non sono indispensabile».Non tutti la pensano come lei. C’è di nuovo voglia di fuga.«Ha ragione Nedved: ognuno deve badare a se stesso. Non mi importa di cosa faranno altri».A quanto pare c’è grande attesa per capire che Juve sarà la prossima. Anche per lei questo avrà un peso determinante?«Sicuramente aspetto i fatti. La società ci parla spesso, a grandi linee ci ha spiegato quali saranno gli scenari. Ho fuducia, per questo dico che restare non sarebbe male».Perché Zebina è antipatico ai tifosi?«Forse non sarebbe così se sapessero che in questi anni ho quasi sempre giocato al cinquanta per cento delle mie possibilità a causa degli infortuni, spesso costretto a scendere in campo anche quando non avrei dovuto. Se gioco male è giusto che mi contestino, ma non capisco perché se sbaglia un passaggio un compagno non succede nulla, mentre se l’errore è mio viene giù lo stadio. Sono un calciatore e voglio rispetto. Invece a volte mi sembra di esibirmi al circo. Conosciamo il nostro mestiere, la gente deve sapere che dietro ogni errore c’è un perché».Insomma, il suo bilancio juventino è sempre in rosso?«Ma io sono a posto con la coscienza, e mi impegno ogni giorno. C’è troppa superficialità nel giudicare, uno dei mali del nostro calcio è l’ignoranza. Tutti parlano senza sapere, chiunque si sente in diritto di esprimere un’opinione. Anche la storia dei calciatori e delle Veline ha stancato. Andiamo avanti».Prima facciamo ancora un passo indietro. Dicono che fosse l’unico che teneva testa a Moggi.«Una divergenza di opinioni è stata fatta passare come una mancanza di rispetto. Il mio problema è che non so essere diplomatico, se uno sbaglia glielo dico senza giri di parole. Moggi mi è anche simpatico e non trovo giusto che abbia pagato più di tutti. Mi pare che tutta la vicenda sia sta gestita senza una logica».La sensazione è che in questo calcio lei si trovi a disagio.«Mi stanca, mi annoia. Non lo guardo neppure in tv a meno che non si tratti di grandi avvenimenti. A un certo punto della mia vita il divertimento si è trasformato in stress. Ho parlato con Corradi che gioca nel Manchester City e ho scoperto una realtà per noi impossibile».Resterà nell’ambiente o si dedicherà alla galleria d’arte che sta per aprire a Milano?«Quando smetterò non credo che mi rivedrete sui campi. Non ho neppure una cultura calcistica. Se parli a Chiellini ti dice tutto dalla A alla C2. Io non so nulla».Adesso le toccherà gestire l’emergenza difensiva insieme a Kovac. Si sente pronto?«Siamo professionisti con nulla da dimostrare. L’intesa è da migliorare, in ogni caso non abbiamo scuse. Giochiamo nella Juve e dobbiamo dare il massimo. Quando tutta la squadra è al meglio e al completo, la differenza con le altre è abissale. Altrimenti rischiamo. E la A, ha ragione Deschamps, non è affatto scontata».