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Domenico Savio

Post n°38 pubblicato il 07 Maggio 2010 da semplicecanto
 

Domenico Savio

San Giovanni di Riva presso Chieri

2 aprile 1842Mondonio di Castelnuovo d'Asti, 9 marzo 1857

È stato proclamato santo nel 1954 da papa Pio XII: è il più giovane tra i santi non martiri.

Nel mondo esiste un'unica Basilica dedicata al Santo. Essa si trova a Lecce

Domenico Savio è l'angelico alunno di San Giovanni Bosco, nato a Riva presso Chieri (Torino) il 2 aprile 1842, da Carlo Savio e da Brigida Gaiato. Trascorse la fanciullezza in famiglia, circondato dalle cure amorevo­li del padre che faceva il fabbro e della madre che era una sarta.

Il 2 ottobre 1854 ebbe la fortuna d'incontrare Don Bosco, il grande apostolo della gioventù, il quale subito «conobbe in quel giovane un animo secondo lo spirito del Signore e rimase non poco stupito, considerando i lavo­ri che la grazia divina aveva già operato in così tenera età».

 

Dalla educazione paterna e materna trassero ispira­zione i quattro celebri propositi che egli fece, a sette an­ni, il giorno della sua Prima Comunione, e che gli servi­rono di norma per tutta la vita:

 

1. Mi confesserò molto sovente e farò la Comunione ogni volta che il confessore me ne darà il permesso.

2. Voglio santificare i giorni di festa.

3. I miei amici saranno Gesù e Maria.

4. La morte ma non peccati.

«È volontà di Dio che ci facciamo santi»: gli disse un giorno il Santo Educatore che faceva consistere la santità in una sana allegria, sbocciata dalla grazia di Dio e dalla fedele osservanza dei propri doveri.

«Io voglio farmi santo»: fu la risposta del piccolo grande gigante dello spirito.

L'amore a Gesù Sacramentato e alla Vergine Imma­colata, la purezza del cuore, la santificazione delle azio­ni ordinarie, e infine l'ansia di conquista di tutte le anime, furono da quel giorno il supremo anelito della sua vita.

I genitori e Don Bosco furono quindi, dopo Dio, gli ar­tefici di questo modello di santità giovanile che ora s'im­pone all'ammirazione di tutto il mondo, all'imitazione di tutti i giovani, all'attenta considerazione di tutti gli edu­catori.

Domenico Savio chiuse la sua breve esistenza a Mon­donio, il 9 marzo 1857, a soli 15 anni. Con gli occhi fis­si in una dolce visione, esclamò: «Che bella cosa io vedo mai!».

La fama della sua santità; suggellata dai miracoli, ri­chiamò l'attenzione della Chiesa che lo dichiarò eroe delle virtù cristiane il 9 luglio 1933; lo proclamò Beato il 5 marzo 1950, Anno Santo; e, quattro anni dopo, nel­l'Anno Mariano, lo cinse dell'aureola dei Santi (12 giugno 1954).

La sua festa si celebra il 6 maggio. Proprio oggi.. :)

L'abitino miracoloso:

Dio volle premiare l'eccellente educazione impartita a Domenico dai suoi genitori con una grazia singolare, che rivela un disegno particolare della Provvidenza. Oc­casione fu la nascita di una sorellina, sei mesi prima che egli morisse.

Seguiamo le deposizioni scritte e orali che fece al processo la sorella Teresa Tosco Savio nel 1912 e nel '15.

«Fin da bambina - attesta Teresa - sentivo da mio pa­dre, dai miei parenti e vicini narrarmi una cosa, che non ho più dimenticato.

Mi raccontavano cioè che un giorno (e precisamente il 12 settembre 1856, festa del Santo Nome di Maria) mio fratello Domenico, alunno di Don Bosco, presentatosi al santo suo Direttore, gli disse:

- Mi faccia il piacere: mi dia un giorno di permesso. - Dove vuoi andare?

- Sino a casa mia, perché mia madre è molto malata, e la Madonna la vuole guarire.

- Come fai a saperlo?

- Lo so.

- Ti hanno scritto?

- No, ma lo so lo stesso.

- Don Bosco, che già conosceva la virtù di Domeni­co, dette gran peso alle sue parole e gli disse:

- Si va' subito. Eccoti i denari necessari per il viaggio fino a Castelnuovo (29 km); di qui per andare a Mondonio (2 km), ti toccherà andare a piedi. Ma se trovi una vet­tura, hai qui i denari a sufficienza.

E partì.

La mia mamma, buon'anima - prosegue Teresa nel suo racconto - si trovava in uno stato gravissimo, sof­frendo indicibili dolori.

Le donne che usano prestarsi per alleviare tali soffe­renze, non sapevano più come provvedere: l'affare era se­rio. Mio padre allora decise di partire per Buttigliera d'Asti, a prendere il dottor Girola.

Quando giunse allo svolto per Buttigliera, ecco che s'imbatte in mio fratello, che da Castelnuovo veniva a Mondonio a piedi. Mio padre affannato gli domanda:

- Dove vai?

- Vado a trovare la mamma che è molto ammalata. Il babbo che a quell'ora non lo avrebbe voluto a Mon­donio, gli rispose:

- Passa prima dalla nonna a Ranello (una piccola borgata, che è tra Castelnuovo e Mondonio).

Poi se ne andò subito, avendo gran fretta.

Mio fratello proseguì per Mondonio e giunse a casa. Le vicine di casa che assistevano la mamma, veden­dolo giungere rimasero sorprese, e cercarono di trattenerlo dal salire alla camera della madre, dicendogli che l'am­malata non doveva essere disturbata.

- Lo so che è ammalata - rispose - e sono venuto ap­posta per trovarla.

E senza dare ascolto, salì dalla mamma, tutta sola. - Come va che sei qui?

- Ho saputo che eravate inferma, e sono venuto a trovarvi.

La madre, facendosi forza e sedendo sul letto dice: - Oh, è nulla! va' pure sotto; va' qui dai miei vicini adesso: ti chiamerò più tardi.

- Vado subito, ma prima voglio abbracciarvi. Salta rapido sul letto, abbraccia fortemente la mamma, la bacia ed esce.

È appena uscito che cessano completamente i dolori della madre con esito felicissimo. Arriva poco dopo il pa­dre con il dottore, che non trova più nulla da fare (erano le 5 pomeridiane).

Intanto le vicine, mentre si davano mille premure at­torno a Lei, le trovarono al collo un nastro cui era attac­cato un pezzo di seta piegato e cucito come un abitino.

Sorprese, interrogarono come avesse quell'abitino. Ed essa, che non se n'era accorta prima, esclamò:

- Ora comprendo perché mio figlio Domenico, prima di lasciarmi, mi volle abbracciare; e comprendo perché, appena egli mi ha lasciata, io fui felicemente libera e guarita. Questo abitino mi fu certamente messo al collo da lui mentre mi abbracciava: non ne avevo mai avuto uno si­mile a questo.

Domenico tornato a Torino, si presentò a Don Bosco per ringraziarlo del permesso avuto ed aggiunse:

- Mia madre è bell'e guarita: l'ha fatta guarire la Madonna che le ho messo al collo.

Quando poi mio fratello lasciò definitivamente l'Ora­torio e venne a Mondonio perché molto ammalato, prima di morire chiamò la mamma:

- Vi ricordate, mamma, quando sono venuto a tro­varvi mentre eravate gravemente ammalata? E che ho la­sciato al vostro collo un abitino? È questo che vi ha fatta guarire. Vi raccomando di conservarlo con ogni cura, e di imprestarlo quando saprete che qualche vostra cono­scente si trova in condizioni pericolose come foste voi in quel tempo; perché come ha salvato voi, così salverà le al­tre. Vi raccomando però d'imprestarlo gratuitamente, senza cercare il vostro interesse.

Mia madre, finché visse, tenne sempre indosso quel­la cara reliquia, che era stata la sua salvezza».

  IL SANTO DELLE MAMME E DELLE CULLE

 Per premiare e rivelare la santità dei suoi grandi ami­ci, i Santi, Dio suole operare delle meraviglie per mezzo di essi.

Senza dubbio Domenico Savio è un grande amico di Dio, per i prodigi da lui compiuti in vita e specialmente dopo la morte.

Salga quindi la preghiera ardente di tutte le mamme a lui, che è il Santo da Dio suscitato proprio per loro, per confortarle nella loro difficile missione.

 

 

Il prezioso abitino che Domenico mise al collo di sua madre continua oggi la sua efficacia mediante l'interces­sione del piccolo Santo, in favore delle Mamme e delle Culle. In tutte le nazioni della terra tante donne ricorrono con fiducia viva al loro piccolo grande Protettore.

 
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