una poesia al giorno

Il lungo addio


In un’altra nazione, in un’altra galassia lontana lontana, in un altro tempo, un gruppo di persone responsabili e mature andrebbero dal Cesare in agonia politica e gli direbbero: ” ’scolta qui, Cesare, il tempo degli scherzi e delle battute, del vino e delle rose è finito.
Sedici anni possono bastare. Tu prendi su i tuoi soldi e la tua corte di nani e odalische, fai un bel discorso al Paese a reti unificate, tiri fuori la scusa che vuoi, la salute, l’età, la famiglia, gli hobby, la collezione di francobolli, la coltivazione dei capelli e nobilmente ti ritiri a vivere in uno dei tuoi campicelli. Noi ti garantiamo in cambio che non sarai incriminato, processato, mandato in galera, che potrai contare i tuoi soldini e tuffartici dentro come Paperone, insomma una vecchiaia tranquilla, componendo canzoni da Festival di Villa Arzill e ingaggiando ghost writer per scrivere memorie che venderebbero a casse e arricchirebbero la casa editrice della tua bambina. Farebbe bene a te e alla nazione e invece di passare alla storia come una iattura che ha trascinato giù il tempio con sè pur di resistere un altro giorno al potere, saresti ricordato come un nobile senatore romano che si è sacrificato per il bene della amata Patria, senza neppure doversi tagliare le vene nella vasca da bagno”. Il guaio è che nell’Italia spappolata e fradicia di oggi non c’è nessun grande vecchio, nessun padre della Patria, nessuno alto magistrato, nessun potere forte, neppure una Chiesa o un Papa, nessuno con sufficiente autorità morale super partes per fare un discorso del genere o per garantire l’immunità in cambio dell’abdicazione, come fecero gli americani con Nixon nel 1974. C’è Bruno Vespa che organizza inutili cenette da basso impero televisivo e questo misura lo stato di devastazione e di miseria civile dell’Italia 2010. Non ci saranno sconti sul crepuscolo dei semidei e sul lungo addio al fallimento. Pagheremo caro, pagheremo tutto.