Io, Libertario

BYE BYE KART


  Una volta amavo il kart. Lo amavo da bambino, quando grattavo i jeans di mio padre per farmi pagare un noleggio, meglio se due tempi. Lo amavo da ragazzo, quando mi precipitavo a vedere le gare e divoravo le cassette dei 125 cc con sopra l’amico Ivanovich il Terribile. Lo amavo da grande, quando organizzavo le garette in ufficio sapendo che me la sarei giocata sempre con il solito smanettone-hondista-avvelenato. Lo amavo quando mi misi in testa, alle spalle una discreta storia nell’organizzazione di tornei di calcetto, di creare Legakart e dare da divertirsi ad una banda di simpaticissimi appassionati (e tutti piloti migliori del sottoscritto). Lo amavo perché mi ci dedicavo notte e giorno, facevo tutto da solo perché non avevo la benché minima idea di come avrei dovuto gestire quel business, di quali erano i competitor, di come funzionavano i kartodromi e la gente che ci lavora, di cosa vogliono i piloti… e di mille altre cose. Ma funzionò, con tanti problemini e problemoni e problemucci da mandarmi fuori di testa, da tenermi lontano da mio figlio fino alle due di notte, da farmi stare incollato al sito per sistemare la gallery e rispondere al forum, da farmi puzzare di grasso e benzina per giorni per stare lì, vicino ai ragazzi, e cambiare questo kart, e spostare quell’altro, e dare il via e dare lo stop. Ma era bello! Altro che… se era bello. Quell’avventura, Legakart, finì nel luglio del 2005, quando uno sparuto gruppetto di piloti andò a Misano Adriatico a sfidarsi su meravigliosi mezzi con cambio a due rapporti. Cenarono tutti insieme, una bella foto ingrandita avrebbe sancito quel momento e, per me, colora ancora oggi la scrivania dell’ufficio come il ricordo di un giorno memorabile. Poi venne l’idea di fare le cose in grande: pensai di potermi permettere un collaboratore, povero lui, davvero, non sapete quanto mi dispiace; povero lui perché si trovò uno di fronte (Io) che non aveva la testa per creare quella macchina, ma che ormai aveva acceso il motore e doveva guidare. Non importa se a fari spenti nella notte per vedere se, poi, è tanto difficile morire… Uno che di mestiere, comunque, faceva altro. Faceva le scommesse. L’idea del campionato nazionale, dei comitati regionali, degli sponsor, delle gare da gestire, del sito super tecnologico. Fu l’inizio della fine. Organizzai, male perché non ero più solo, la Winter Series, altro capitolo sfortunato in cui per la prima volta non ho saputo reggere il peso di un impegno. Sputtanandomi, diciamolo, agli occhi dello sponsor principale e dei (pochi) partecipanti. Dovevo saperlo che qualcosa si era rotto. I piloti non erano più i 48 della prima edizione pazza, fatta stramba ma forse genuina e senza dubbio eccitante, a cui si sommavano altri 15 sciamannati che aderivano qua e là come wild card. Erano moltI meno. E sarebbero diventati ancora meno se non mi fossi accorto dell’errore. Arrivò Top Race, ecco qua. Un campionato che non inizierà mai, almeno credo. Arrivò la speranza di uno sponsor forte che poi fallì miseramente prima ancora di emettere la prima fattura. Arrivò il disastro di non poter onorare per tempo gli impegni con la Sparco e di rimetterci la faccia con un grande manager. L’errore era pensare che ci fosse del business sotto una passione, che ci fosse la consapevolezza delle idee in chi pratica quello sport al di là del volante, delle gomme e del motore-che-non-va-mai-anche-se-vinci. Che ci fosse lo spirito giusto per continuare a vivere momenti indimenticabili come Misano. E invece i piloti sono delle serpi velenose. Come i calciatori cercano il massimo al minimo. E poi si organizzano. Ti combattono. Ti scoraggiano. La lotta tra i piloti, che per quattro amici ce ne sono dodici acerrimi nemici, è anche lotta fuori dalla pista, nelle mail, nelle telefonate, nei forum, nei sotterfugi, nelle dietrologie. Il kart sembra La grande rapina al treno dove tutti fanno tutto sperando di strappare un pezzo di refurtiva all’altro. Che tristezza. Il kart non mi piace più. Non lo amo più. Leggo di me in forum e giornalini, di me come di un desaparecido che ha deciso di colpo di sparire ma certo… sono sparito perché me l’hanno chiesto, perché non si lavora tra dieci ristoranti se bisogna sfamare venti persone. Perché non si lavora tra dieci ristoranti se tutti i cuochi decidono di organizzarsi in proprio. Se non c’è il cuoco non c’è nemmeno il ristorante. Ma vale anche il contrario, e vedremo se questo mondo funziona proprio così. Io intanto li saluto, tutti i miei ex amici del go-kart, anche quelli che hanno pagato di meno, quelli che hanno pagato in venti rate, quelli che hanno voluto il casco in più, quelli che hanno avuto le tute per il team e se le sono tenute, quelli che hanno avuto le wild-card gratis, quelli che si sono conosciuti conoscendo me e che non hanno resistito al ludibrio accecante della gloria. Quelli che sono passati da un team all’altro, quelli che hanno sputato nel piatto dove hanno mangiato, quelli che se le sono dette di tutti i colori, quelli che parlano da amici con chi ieri era nemico e domani lo tornerà. Sono piloti, la gloria è quello che cercano. Io mi tengo le mie foto. E i ricordi. Tanto basta.