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La Puta

Post n°142 pubblicato il 08 Febbraio 2006 da distico
Foto di distico

Ieri l’ho fatto.Non credevo che ci sarei mai riuscito.

Dopo diverse sere in cui ero tentato, ieri sera ho preso il telefono, ho cercato in rubrica il numero è l’ho chiamata.

-Hai tempo per me? Vorrei venirti a trovare-

- Quando?-

-Anche adesso, se hai tempo, sono qui vicino a casa tua-

-Va bene, ti aspetto-

In cinque minuti sono davanti il portone, ultimo piano, la porta è socchiusa.

La casa è davvero bella, anche se non ci sono mobili, quelli che ci sono si vede che sono rimediati. Stanno mangiando, due cinesi, qualcosa di incomprensibile per noi occidentali, mi accompagna in camera da letto, dove in mezzo alla stanza c’è una rete matrimoniale, accanto comodino una sedia.

Nemmeno un armadio.

Una stufa elettrica rende sopportabile il freddo polare della città.

Si spoglia in fretta.

L’italiano lo parla malissimo.

Mi chiede di pagare prima.

-Certo-

Si porta la mano alla bocca, -Bocca o solo..?- dice spostando la mano all’inguine

-No, niente bocca, andrà bene così-

 

Cinetica funzionale.

Mugolii meccanici, Gesti automatici, Posizioni robotizzate.

Nemmeno un contatto.

Non riesco neanche a venire.

Dopo quaranta minuti, le chiedo di smettere.

Poverina.

Quasi si sentisse in colpa, le prova tutte, mi prende per un malato dicendomi –Sempre così?-

No, non è mai così.

 

Iato, frattura, faglia.

Da tutto ciò che ero.

Da ciò che sarò.

Dai profumi che porterò.

Dai baci di cui mi vestirò.

Dalla pelle di cui mi coprirò.

 

Equilibrio vo cercando.

E allora che io sappia dove si cade.

Così che il vuoto non faccia più paura,

Che la smetta di attirarmi giù, come in ipnosi.

Magia della reattanza.

 

Saluto ed esco

Non ho più freddo

Anche se un senso di assoluto niente mi assale.
Che ho fatto? Chi sono? Io che lo facevo solo per amore o per dovere.

Un porco è vero, ma ho sempre guardato in faccia chi scopavo.

Entro nel primo bar che trovo, il caldo è quasi insopportabile, i due dietro al bancone sono in maniche corte, fuori è zero gradi.

-Un Assenzio, per favore-

 

-Ciao Valerio-

-Carissima, ci sei pure tu Giorgio! ed anche il piccolo Miro. Dio mio quant’è bello, com’è cambiato,  ma quanto tempo ha?  ti sento sai che oramai scorazzi col tuo girello per tutta casa-

- Quasi un anno-

Intanto spilucca una patatina dell’aperitivo data dalla madre

-Cavolo come passa il tempo, un anno-

Penso alla mia piccola Giulia e a suo padre che va a puttane una domenica sera qualunque.

Riprendo la conversazione, chiacchiere Vane, del tempo che passa, su quest’inverno che proprio non vuole passare.

Non so perché ho l’immagine del film “Il senso di Smilla per la Neve”, il libro non l’ho letto, ma ho l’immagine di una distesa infinita di ghiaccio.

Mi alzo, vado in bagno, mi lavo le mani, la bocca, non mi sento sporco, solamente vuoto, infinitamente vuoto.

Cammino per la strada deserta.

Vuoto, mi immergo nel vuoto di una città vuota.

 
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