UOMO e AMBIENTE

Post N° 142


Gli ultimi meteorologi non matematici “I momenti più belli vivono e svaniscono Prima che sia dato loro un nome;Come le nubi più rosa nel cielo seralePer prime impallidiscono e scompaiono”.            Mary Russell Mitford, 1811  “…Perciò il mio canto alato ringrazia l’uomo che ha distinto nube da nube”.          J.W.Goethe Nel 1735 B. Franklin realizza i primi studi sull’elettricità dell’aria, nel 1783 Lavoiser e nel 1800 Dalton effettuano i primi studi sulla composizione dell’aria. Affianco a queste figure scientifiche erano ancora presenti pensatori in grado di arrivare a ciò che l’uomo non aveva fatto per secoli, senza dover ricorrere ad una descrizione matematica.  Per secoli l’uomo aveva osservato ed era rimasto affascinato dalle nuvole: tutte simile e mai nessuna uguale all’altra. L’affascinante sfida di riuscire a classificare qualcosa che fino ad allora sembrava il regno della soggettività ed arbitrio fu raccolta con successo da Luke Howard, un giovane meteorologo dilettante che visse in Inghilterra a cavallo tra ‘700 ed ‘800. Nel 1802 assurse a fama mondiale avendo dato per primo il nome alle nuvole, determinando ancor più il distacco tra l’antica meteorologia filosofica-astrologia e la scienza moderna. Nello stesso periodo altri proposero scale simili (tra cui il famoso Lamarck), ma alla fine la classificazione di Howard divenne la più diffusa, anche grazie ad autorevoli sostenitori come lo stesso Goethe che appassionato di meteorologia pubblicò nel 1820 una lode a tale intuizione dal titolo “La forma delle nubi secondo Howard”.