UOMO e AMBIENTE

Post N° 151


Fu in questo periodo che qualcuno pensò di produrre i primi almanacchi anche per chi non viveva a corte; anche se possono sembrare metodologie ormai scomparse dalla notte dei tempi, tuttora alcune persone vi credono (basta pensare alle previsioni riportate sul calendario di Frate Indovino). L’idea alla base è legare i fenomeni atmosferici ai fenomeni celesti: movimento degli astri celesti, fasi della luna, eclissi, congiunzioni, etc. come nell’astrologia questi sono legati agli accadimenti umani. A partire dal ‘500 si diffusero migliaia di testi di previsioni per tutto l’anno detti i “prognostica”, erano in latino e seguivano le regole dell’astrologia, il più popolare fu “la pratica contadina” pubblicato in tedesco e tradotto in varie lingue. Gli almanacchi successivi del ‘700 ed ‘800 divennero tascabili e sempre più diffusi riportando oltre alle previsioni del tempo anche quelle di maree, eventi astronomici e sulle feste religiose. Beniamino Franklin dal 1732 pubblicò il “Poor Richard’s Almanac” per 25 anni con la guida del tempo annuale. Le fortune degli almanacchi erano alterne a seconda del risultato delle previsioni, comunque raggiungevano tirature di diecimila copie.    Nel 1838 Patrick Murphy predisse sul “Weather Almanac” che il 20 gennaio si sarebbe verificata la temperatura più bassa dell’inverno; fu il giorno più rigido del secolo e l’opera fu ristampata decine di volte e per decenni quell’ inverno fu ricordato come “l’inverno di Murphy”. Opere analoghe saranno successivamente pubblicate in Germania, Russia e anche in Giappone, India e Stati Uniti. Nel ‘600 in Francia sembra fosse molto di moda parlare ed occuparsi del tempo coniando proverbi, in Inghilterra invece una legge del 1677 puniva con il rogo chiunque “faccia venire la pioggia o profetizzi il tempo”. La legge fu definitivamente abrogata nel 1959.