usernamepa

iran due anni galera per aver mostrato capelli


Inna Shevchenko e Pauline Hillier, il cui libro Anatomia dell'oppressione presto arriverà in Italia, analizzano il fondamentalismo religioso sottolineando come tutte le religioni rivelate usino il corpo delle donne come indicatore della loro visione relazionale tra i generi, sancendo e istituzionalizzando la disparità di potere proprio attraverso il dress code nello spazio pubblico, a partire dai capelli: È la testa delle donne che riceve il primo forte schiaffo. Per controllare la testa delle donne le religioni non trascurano nessun aspetto: se nei loro occhi brilla l'intelligenza esigono che li abbassino, se nei loro sorrisi si leggono la gioia e la soddisfazione loro le reprimono, se fra i loro capelli soffia il vento della libertà e dell'indipendenza li devono nascondere, se nei loro cervelli si formano pensieri loro li formattano, se la loro bocca esprime la loro opinione loro la imbavagliano e se le loro orecchie registrano il sapere, loro le tappano. Brandito come scelta di libertà contro la dissolutezza dei costumi occidentali, contro l'occidente tout court o come conferma dell'appartenenza identitaria al paese e alla religione d'origine il velo è oggetto di un dibattito per nulla pacifico anche dentro ai movimenti delle donne in Italia e in Europa, spesso dimenticando o sottovalutando che l'ossessione per la necessità di controllo sul corpo femminile, insieme al richiamo alla modestia', sono tra i segnali iniziali e più nitidi di ogni processo totalitario. In Europa, quindi, si tratterrebbe di indossare ciò si vuole, mentre nel resto del mondo sarebbe una delle tante limitazioni per le donne, come il diritto allo studio, il divieto di accedere ai servizi sanitari quando sono forniti da personale maschile, o la libertà di movimento, diritti fondamentali negati alle donne e alle ragazze'