ushuaia

appunti di viaggio- fotografie -


"...viaggiano i viandanti, viaggiano i perdenti, i più adatti ai mutamenti, viaggia sua santità, viaggiano su nuove, sempre nuove, crudeltà..."(C.S.I. - In viaggio)prologo - 13 agosto - seraè quasi mezzanotte, siamo già a letto.come sempre siamo pronti, le corse dell'ultima ora sono per noi una favola che qualcun altro si racconta. bastano i passaporti, i biglietti, qualche soldo e le carte di credito. le valigie, beh, chiamarle valigie è un pò eccessivo, quelle sono pronte in mezz'ora, e quello che resta a casa non è mai troppo rilevante.no, non manca niente. compreso qualche pensiero. speriamo che stia su, e che non balli troppo. e se balla, purchè sia un volo piacevole.viaggiare è un modo per conoscere il mondo, ma anche e soprattutto per conoscere se stessi, per capire quanto si è capaci di aprirsi al necessariamente diverso.viaggiare in compagnia significa cercare di conoscere l'altro e di capire quanto siamo in grado di relazionarci con lui/lei. è un'arma a doppio taglio, perchè la condivisione di esperienze che possono non essere sempre piacevoli può rafforzare, ma anche distruggere, amicizie e famiglie.non è notte di pensieri brutti, ma di piacevoli attese.meglio dormire, la sveglia sarà impietosamente mattutina, e sarà bene che ci alziamo.14 agosto- l'aeroporto è pieno delle solite facce da aeroporto. l'atmosfera è di tranquilla attesa, ma ho sempre pensato che quei volti, in realtà, trasudano l'ansia dell'attesa di una qualche notizia non piacevole. ci sono persone che viaggiano in aereo più o meno con la stessa facilità e serenità con cui soffierebbero sulle candeline di una torta di compleanno. ma i più, e si vede, in cuor loro si dicono che è l'ultima volta che si cacciano come dei dementi su una cosa che pesa più dell'aria e che solo dei dementi potevano inventare.- l'impiegata del check-in è gentile, sul volo in coincidenza ci assegna due posti di fianco ad una delle uscite d'emergenza: vorrà dire che se saremo fortunati da non doverla usare, passeremo le ore di volo con le gambe distese.non ci dice che il nostro aereo è sconsideratamente in ritardo, ma questo lo sappiamo già.così come sappiamo che la coincidenza, ad Amsterdam, ci aspetterà comunque.quello che non sappiamo, e che neanche lei ci dice, e che purtroppo scopriremo di lì a poco, è che la nostra agente di viaggio ci ha detto una cazzata mostruosa, e che il terminal di arrivo dell'aereo ad Amsterdam è lontano anni luce da quello di partenza dell'altro volo.- è piccolo l'aereo, cazzo se è piccolo. un fokker... ma la fokker non era stata cancellata dall'universo orbe terraqueo dopo la morte del barone rosso?il comandante si spreca pure a dirci che quei 3/4 d'ora di ritardo non li recuperiamo; grazie al cazzo, 'sto coso deve ringraziare la madonnina di pompei se sta su, figurarsi recuperare il ritardo.- siamo al terminal. e corri, anzi, corriamo. sei pazzi scatenati scesi da quel trabiccolo si fiondano per qualche centinaio di metri di corridoi, in mezzo a gente che guarda le vetrine dei duty-free, altri che scrutano i tabelloni, altri che stazionano lì, proprio in mezzo, come se il posto che stanno occupando in questo momento sia una sorta di piccolo scoglio in mezzo all'oceano sul quale qualsiasi scelta di movimento corrisponde ad una precisa scelta di vita... e spostatevi, porca troia!- tra le cose che adesso, a bordo, sappiamo, facciamo un pò d'ordine.metà aereo ci ha guardato con sdegno, anche se l'arrivo col fiatone non è stata colpa nostra, e anche se la nostra salita a meno di un quarto d'ora dalla partenza non ha impedito un decollo in perfetto orario - un anno fa ryan air ci ha lasciato a terra a stanstedt perchè eravamo al check-in solo quaranta minuti prima della partenza.la seconda cosa che impariamo è che noi siamo saliti perchè l'aereo doveva aspettarci, ma le nostre valigie sono ad Amsterdam ed arriveranno con questo volo, ma domani.la terza è che all'imbarco ci hanno cambiato i posti, e solo grazie ad una ragazza che ci lascia il suo io e la marinaia non viaggiamo a mezzo aereo di distanza.la quarta che il personale è gentile, ma va di fretta.la quinta che il viaggio è lungo, e che palle.- tra poco arriveremo, sotto di noi un paesaggio di boschi, fiumi, ma mentre scendiamo si vedono anche villette, piscine, autostrade, un pò di traffico.mi volto verso l'altro lato dell'aereo, la vedo in lontananza, inconfondibile, e già dall'alto la mente percepisce incosciamente qualcosa di sbagliato, una mancanza, all'orizzonte.è quasi buio e piove, l'aereo ondeggia nell'aria, quasi una danza, il signore di fianco a me, con i suoi racconti, il giro nell'est europeo, la sua casa a due ore di strada, le sue origini italiane - e ha un cognome quasi uguale al mio - mi distoglie dai cattivi pensieri.- per la prima volta un poliziotto di dogana non mi perquisisce. passaporto, carta verde per il visto, impronte digitali, fotografia. finito, sei dentro.ottanta, novanta, cento anni fa, poco lontano da qui, una specie di pinza ti alzava le palpebre alla ricerca di un possibile glaucoma, che magari avevi contratto viaggiando per giorni nella terza, infima classe di una nave da disperati - e se ce l'avevi tornavi irrimediabilmente da dove eri venuto.ora, pochi minuti e... e gli stessi sei esauriti che correvano come degli scemi ad Amsterdam si ritrovano al luggage claim desk della KLM. mostriamo il passaporto, indichiamo volo e albergo. domani ve le portiamo. sì, domani...- comincia a piovere più forte. fuori dall'aeroporto siamo due bimbi felici che non vedono l'ora di arrivare in città. venti volte chiediamo dove è la fermata del pullman, venti volte ci perdiamo. ne proviamo un paio, alla fine una coppia di ragazzi con un bibino che c'ha due occhioni grandi così ci indica qual è quello giusto.- al port authority terminal la mia marinaia mi chiede se è il caso di prendere un taxi. secondo me no, in fondo tra la 42ma ovest, dove siamo, e la 48ma est, dov'è il nostro albergo, non c'è una distanza così grande.a times square cominciano a farle male i piedi, belli comodi in un paio di sandali aperti con tacco, ideali per viaggiare...al rockfeller center comincia a maledirmi, ma ormai siamo davvero arrivati.- il sorriso contagioso di lorraine, splendida donnona di colore alla reception, e la meravigliosa suite che per una serie di coincidenze ci è toccata, riportano il buon umore.vorremmo uscire, in fondo sono le nove di sera. ma in italia sono le tre, siamo svegli da più di venti ore con un viaggio oceanico in mezzo, la tv manda le prime immagini in diretta da pechino, gare del mattino. e questo significa che è ora di nanna.- ultima cosa. domani vediamo walter. dovevamo incontrarci a giugno da me o da lui a roma. instead, we have a date here at rockfeller plaza, manhattan, new york. suona bene!15 agosto- il palazzo dell'onu è proprio dietro l'angolo, abbiamo un pò di tempo prima di incontrare gli amici, andiamo a dargli un'occhiata.il confronto con una delle trump towers - sì, quel trump, il miliardario vecchio imbacucchito che da vecchio imbacucchito si è sposato la playmate ivana - dicevo, di fronte a questo gioiello di vetro e acciaio nero, il palazzo dell'onu, piccolo dono di rockfeller, sembra una palazzina dello iacp.il signor lego - deve esistere un signor lego - lo avrebbe fatto più divertente e, trattandosi di un luogo che racconta storie, lingue e culture diverse, l'avrebbe riempito di colori. invece, si perde nella sua marmorea fissità, grigio come i burocrati corrotti che lo frequentano.- qui tra le vetrine è sorprendente scoprire che il ritmo di vita impossibilmente frenetico è sostenuto con apparente tranquillità dalle persone - è sorprendente scoprire che noi non ci sentiamo sopraffatti o travolti da tanta frenesia.- sono lì, davanti alla statua dorata.mentre li raggiungiamo penso che se mai ho idealizzato un tipo di persona che incarni perfettamente il senso di pace col mondo, walter da molti anni è la rappresentazione fisica di quell'idea. persona di estrema gentilezza e rara finezza, un modo quasi aristocratico, nobile nel senso nobile del termine, di dimostrare vero affetto, il tutto con un concreto pragmatismo e con sempre piena coscienza di sè, della situazione immediata e degli sviluppi a lungo termine. insomma, un mito.- mi vengono i lacrimoni, qui sul ponte di brooklyn. non per il ponte, che è comunque emozionante, anche se mostra i segni del tempo. no, vedo tutte queste persone che corrono, vanno in bicicletta, siamo sulla parte pedonale, ognuno ha la sua corsia, sotto c'è la carrabile, più sotto l'east river. fa caldo, non da impazzire, ma è umido, tanto. e loro corrono.- di là dal ponte ti volti verso downtown, e cominciano le magie.non c'è bisogno di copperfield, i grattacieli spariscono, inghiottiti da altri grattacieli.persino l'empire non si vede - distante, lassù, a middletown, dolce gentiluomo isolato nella 'sua' quinta strada.l'occhio e la mente continuano a registrare una mancanza, immagine impressa nella mente di un bambino che racconta di una cartolina più piena - ma l'occhio e la mente, quaggiù, sotto questo ponte, in questo piccolo ristorantino arabo, ancora non possono dirti cosa manca.- la frenesia finisce in questa fila al 350, 5th avenue. un'ora tra controlli di sicurezza, biglietteria ed ingresso all'ascensore, ti racconta della pazienza che ti avvolge mentre stai per salire su quello che fino all'inizio degli anni '70 era il grattacielo più alto del mondo, il simbolo dell'impero - e sulle targhe, puoi trovare indifferentemente la scritta 'new york state' o 'empire state'.all'80mo piano, dove si prende il secondo ascensore, ci sono lavori di ristrutturazione. beh, non ci si crede, ma lassù... è piccolo!ancora più piccolo e ristretto è il terrazzo all'86mo, da dove domini l'intero skyline di manhattan.inizi il giro guardando verso uptown, harlem, central park e i palazzi ad ovest, lì abita woody allen e meg ryan, e poi più ad est, il palazzo dell'onu, il ponte di brooklyn.salti dall'altra parte, lo hudson e i suoi tunnel, il lincoln e l'holland, newark dove sei arrivato e il new jersey coi suoi parchi.e poi downtown, e li vedi tutti, e spingi lo sguardo verso ellis island e la statua della libertà, poi qui in basso, là in mezzo c'è wall street e da qualche parte la chiesa di saint paul, e li rivedi tutti, e la mente ti restituisce qualcosa, ti dice che il motivo per cui ora sei nel punto più alto della città sta lì davanti a te, tra te e battery park, in quel buco che non dovrebbe esserci.un buco che abbaglia, che apre il cassettino della memoria nella tua testa, che ti racconta di migliaia di vite perse in una mattina di cielo sereno come quello di oggi.- ci siamo raccontati tanto, con walter e sua moglie, ora è pomeriggio inoltrato, tempo di lasciarci per un pò, ci ritroveremo a cena.- delmonico, broad street. un posto veramente bello, e se ti affacci alla finestra puoi vedere il new york stock exchange. wall street. ceniamo a base di t-bone e patate al forno e birra e funghi grigliati e chiacchiere e progetti. il cameriere passa a riempirci i bicchieri d'acqua non appena sono vuoti. siccome mi da fastidio, smetto di bere, così non passa più.luci soffuse, atmosfera ovattata, è una bella serata per un appuntamento con un amico 'fuori porta'.- le nostre strade si dividono definitivamente tra wall street e ground zero.i due tassisti ci attendono un momento mentre ci abbracciamo per il saluto finale.da domani, per loro è la california, noi ci fermiamo ancora.16 agosto- alla fine le valigie sono arrivate, nello stesso momento in cui mi sto incazzando al telefono con il customer service della KLM.può sembrare poco, ma iniziare la giornata con una maglietta ed un paio di mutande pulite fa la sua porca differenza.- fuori c'è l'incredibile. arriviamo all'angolo con park avenue, ci sono transenne che chiudono l'incrocio, la striscia gialla della polizia - sì, quella che potete vedere nei film tipo csi.guardando verso nord, in direzione di central park, la scena all'angolo successivo è la stessa, e ancora e ancora.verso sud l'helmsley building chiude l'orizzonte che altrimenti si estenderebbe fino a downtown, ma gli incroci sono uguali, transenne e striscie gialle e... persone che corrono, a piedi, in bicicletta, sui pattini, spingendo carrozzine, da sole o in compagnia.succede che il sabato mattina, d'estate, il cuore di manhattan si apre alla voglia di stare bene, di smettere di correre per produrre e basta, e si regala il sogno di una metropoli sovraffollata dove per una mattina sono le macchine a cedere il passo all'uomo.verrebbe voglia di tornare in albergo, mettersi le scarpe da ginnastica e venire qui, a correre in mezzo ai grattacieli, ma guardare queste persone così vive, così vitali, è uno spettacolo imperdibile, appagante in sè, mentre ci incamminiamo verso sud.- a madison siamo andati giù.se c'è un posto che somiglia all'inferno quanto a calore, quello è la metropolitana di ny.walter me ne aveva parlato: nelle carrozze l'aria condizionata è così spinta che in certi momenti hai bisogno di coprirti; ma i condizionatori scaricano caldo e umidità in galleria e nelle stazioni. dai 22/25 gradi piano strada ai 40 e passa in stazione ai 15/16 nelle carrozze. questi son pazzi.- i ragazzi francesi davanti a noi sono in fila da mezz'ora e solo ora capiscono che dovevano fare il biglietto prima della coda per il battello.la famiglia polacca dietro di noi tenta di passarci davanti.una ragazza spagnola mangia un gelato, un bimbo nero fa i capricci.ogni viso ti racconta un pezzo di mondo, in coda per il battello per liberty ed ellis island.- al largo di downtown il profilo di manhattan sembra il sorriso di un bambino a cui sia appena caduto un dentino da latte. solo che qui i denti sono due, belli grandi, e nessun topino metterà il soldino al posto del dentino. e c'è poco da sorridere.- a dachau i tedeschi raccontano quel pezzo di olocausto in maniera teutonica, rigida, senza alcuna misericordia verso se stessi.la verità nuda e cruda è forse il loro modo di cercare una redenzione da qualcosa che redenzione non può avere.a ellis island gli americani - i newyorkesi - ti narrano l'immigrazione come lo farebbero in un film hollywoodiano.sono stati cattivi il giusto, e giusti tanto, e anche umani, e in fondo, perchè no, pieni di comprensione per quei disgraziati di terza classe - gli unici dirottati dal porto a quest'isola - che venivano a cercare qua la loro america.percepisci una storia fatta di verità intere, di mezze favole, qualche sopruso - tanti - e qualche immenso gesto di solidarietà - tanti. ne usciresti con un'immagine positiva, edificante, se solo non avessero voluto a tutti i costi mostrarti un'epopea da conquista del west, melensa e, alla lunga, nauseabonda.- stiamo per uscire a cena.lorraine, we got two problems...wow, two problems? go on...the first, no cell phone line, I need an internet point...easy, go on...the second is a little bit more complicate... well, next monday evening we should need a flight to toronto, a room in a hotel and a car to rent... can you help us?...oh!... anything else, dear?... ok, internet, there's fedex kinko's right, just on the next corner, 47th and 3rd... the rest, let me take a look, I'll tell you something tomorrow eve...- tra le cose incredibili di questa città c'è questo meraviglioso ristorantino spagnolo a due passi dall'onu. non è solo il cibo, che è ottimo, è la scoperta che anche qua dentro, come in questa città, le persone che hanno voglia di aiutarti si sprecano, in una corsa alla gentilezza che molto spesso travalica la mera cortesia di facciata.poco da dire, al di là degli stereotipi new york emana calore.