ushuaia

penombra


marcelo mi ha accompagnato a casa anche stasera, in silenzio, quel silenzio che sta mettendo una barriera quasi impenetrabile tra lui e il mondo. ho provato a rubare un suo sguardo, un'alzata di ciglia, una scintilla negli occhi. non un sorriso, per carità, in questa solida penombra della sera australe non c'è spazio per un raggio di luce.ci saranno momenti migliori, adesso sappiamo che ci saranno davvero. è l'unica speranza di consolazione, e il resto è solo attesa.non ce l'ho fatta a rientrare, per far cosa, poi.ho continuato verso la locanda di azùl, folla, fumo, vociare di astanti, racconti di continui esorcismi. la tentazione di mischiarmi a loro, a questa che è la mia gente, da sempre o forse da prima ancora,  una malattia che ti porti nel sangue e che dal sangue ti cava tutte le malattie.azùl che dimentica che c'è un mondo che ha inventato il mondo, azùl che non ha mai voluto fili nella sua locanda, e allora niente telefono, niente tv, niente luce. da qui a puerto montt, solo i bifolchi nell'immensa pianura spazzata dai venti gelidi del sud riescono a vivere con la spiritualità di un lume a petrolio. i bifolchi e azùl.sì, è stata forte la tentazione di entrare in quel calore, di farsi coccolare dagli amici, di aspettare dentro che il buio fuori diventi più buio - per quanto può diventare nera una notte di inizio primavera alla fin del mundo. forte il desiderio di aspettare che vadano tutti a casa e fermarsi a fissare quel lume, nell'illusione che il petrolio si consumi prima che il sonno consumi me.e invece ho passeggiato fino al porto. una sigaretta e poi un'altra, il bavero del giaccone alzato e la faccia rugosa di marcelo nella testa.dieci giorni fa una telefonata, era il tempo giusto, la aspettavo con trepidazione, ma anche con serenità.- allora, vieni?tutto normale, tutto scontato, non erano previste altre parole - siamo pratici, non è una questione di riservatezza, il telefono, per chi ce l'ha, costa molto da queste parti - e non era previsto il mio rifiuto. ma non era previsto neanche quel tono di voce, quella sollecitudine.lusita ha fatto il possibile, il primo treno, il primo volo, lo scalo a roma per raccogliere la marinaia, la coincidenza a buenos aires.andava tutto bene, ma all'areoporto c'era rafael, il fratello di marcelo. a mia memoria, qualcosa che non era mai accaduto in passato.mentre ci portava in ospedale ci ha raccontato dei problemi di martina, le difficoltà del parto, l'emorragia, julio catatonico, l'impossibilità di respirare. julio grave, martina in coma. per essere un momento di gioia, marcelo stava perdendo moglie e figlio.nei libri - nella pessima letteratura - i pessimi scrittori abusano di espressioni ridondanti per raccontare momenti critici, o tragici. nella realtà la vita ti fa fare una bella altalena tra risate, ricordi, speranze e disperazioni.non ho visto piangere marcelo in tutti questi giorni. ma neanche bere, fumare. dormire. il suo viso non era una maschera impietrita, e non ha smesso di volermi bene così come non mi ha impedito di volergliene. solo per un momento, quando mi ha visto, i suoi occhi mi hanno chiesto di non dargli ciò che sapeva non gli avrei dato, di non trattarlo con pietà. credo che mi avrebbe ricacciato sull'aereo nello stesso istante in cui l'avessi fatto.l'ho visto però mangiare, come sempre. quanto basta per riempire lo stomaco, e per tranquillizzarci un pò, me e la marinaia.come dice la bibbia, e fu sera e fu mattina: primo giorno. e il secondo. e poi e poi, fino all'ottavo, ieri, oltre le fatiche del creatore che smise il travaglio al sesto.julio è andato progressivamente migliorando, la crisi superata agevolmente, e finalmente ha deciso di fare quello che fanno tutti i suoi coetanei: poppa, dorme e va di corpo.martina è uscita dal coma, è ancora molto sofferente, il volto cinereo, smagrito, gli occhi infossati, i capelli sciolti sul cuscino, le labbra schiuse in un continuo sussurro che sa di grazie alla vita che ha deciso di tenerla con sè. si è svegliata sorridendo, e da ieri non ha mai smesso di farlo.passeggio con questi pensieri, illudendomi di aver convinto marcelo ad andare a dormire a casa, stasera. me l'ha promesso, ma non glielo rinfaccerò quando domattina lo andrò a svegliare con una carezza, addormentato a bocca aperta sulla poltrona di fianco al letto di martina.arrivo sul molo, un sasso cade in acqua.guardo meglio, non è un sasso, è la mia sigaretta. mi chiedo cosa ci facesse una sigaretta tra le mie mani, ho smesso tre anni fa.butto il pacchetto pieno e chiudo la cerniera del giaccone fino al mento. mentre cammino verso la penombra scarto una caramella alla liquerizia. laggiù, dove troverò la luce, non voglio che la mia marinaia senta puzza di fumo.