Newroz 2006

Prime notizie dal Kurdistan


Torniamo tra i caldi scenari del kurdistan turco con lo spirito di sempre. Torniamo per osservare, incrociare sguardi, portare solidarietà o semplicemente ascoltare parole. Ancora una volta ci muoveremo tra la folla del Newroz in programma per il 21 marzo. Ma non c’è nessuna certezza sulla nostra destinazione per celebrare il “nuovo giorno”: che significherà anche quest’anno l’inizio della primavera tra i colori “proibiti” di questo popolo oppresso,  ma anche la richiesta di una nuova politica fatta di distensione e dialogo per giungere ad una soluzione pacifica e democratica della questione curda. Cominciamo il nostro viaggio da Mardin. Le tensioni che da mesi ormai si sono riaccese nel territorio curdo, gli scontri tra l’esercito turco e i guerriglieri del pkk rifugiati sui monti del Kurdistan irakeno, fanno respirare non solo aria di incertezza, ma di nuovo aria di guerra, di morte e distruzione tra il popolo curdo.   Di questo ha parlato H.O., che a Mardin è alla guida del partito filocurdo della società democratica (Dtp). Ci accoglie nella sede centrale, al primo piano di uno dei palazzoni che disegnano il profilo di quella parte di città sviluppata all’ombra delle antiche costruzioni che dominano la collina. <Avremmo voluto festeggiare il Newroz per 5 giorni – spiega –: abbiamo fatto domanda agli amministratori della città ma non ci è stato concesso (Mardin è governata dall’Akp - il partito moderato islamico attualmente al governo in Turchia sotto la guida di Erdogan). Ci è stato imposto di modificare il nome della festività, perché contiene la lettera w non contemplata dall’alfabeto turco. Non abbiamo accettato, e ora stiamo organizzando la festa solo per il 21 marzo>. Il Newroz 2008 è dedicato alla soluzione democratica della questione curda. <Si parlerà di trovare una soluzione pacifica, proponendo un amistia bipartisan  – ha proseguito il presidente -  e la richiesta politica sarà molto avrà una grande importanza nell’ambito dei festeggiamenti. A questa urgenza si somma poi la richiesta che siano applicate condizioni più umane alla detenzione di Ocalan ancora in isolamento nel carcere di Imrali>.   H.O. Parla del Newroz imminente, ma parla anche di rinnovate e sempre più gravi oppressioni nei confronti del popolo curdo. <Solo nella regione di Mardin, negli ultimi due mesi sono stati 125 gli attivisti del Dtp arrestati. Di questi, 64 sono ancora in prigione. Avevano partecipato alle manifestazioni di febbraio – dice  - per l’anniversario dell’incarcerazione di Ocalan. Ma tra le altre cose che non vanno giù al governo ci sono le azioni volte a far cessare gli attacchi in Iraq>. A questo si somma la sostanziale mancanza di libertà di espressione in Turchia, per cui anche una parola curda spesa in un discorso ufficiale, un aggettivo troppo azzardato o una lettera “fuori posto”, possono far scattare le manette. Lo stesso presidente, da due mesi alla guida del partito, dice di essere stato interrogato tre volte. <L’ultimo interrogatorio è stato questa mattina – racconta con tono pacato, giacca e cravatta, mentre sorseggia il suo tè sotto il simbolo del Dtp – come ogni volta riguardava le parole pronunciate o il significato politico di discorsi pubblici o comizi>.  E’ indaffarato a causa dei preparativi del Newroz e ci lascia per rispondere alle domande di Roj Tv che sul tema gli ha richiesto un’intervista.   Nella sue parole c’era la serietà e l’amarezza per una soluzione che sembra sempre più lontana. Parla dei villaggi distrutti nella guerra civile che si è abbattuta sulle regioni della turchia orentale nel corso degli anni ’90. Nella regione di Mardin se ne contano circa 350. Parla  poi dei profughi e degli sfollati che sono andati ad ingrossare nel tempo le file dei diseredati a Mardin, come in ogni altra città dell’est. <Ora c’è una nuova oppressione> ha spiegato riferendosi agli scontri sul confine iraqueno. <Qualcuno tra gli abitanti di quei villaggi distrutti è tornato a vivere nella propria casa – aggiunge -: si tratta in gran parte di anziani che non riescono a rifarsi una vita nelle grandi città. Tornano firmando un documento approntato dal governo in cui dichiarano che i villaggi non sono stati incendiati, devastati e minati dall’esercito turco, bensì dai guerriglieri del pkk. Non è la verità – conclude – ma sono costretti a farlo. Il governo non vuole rischiare che si appellino alla Corte europea e che ottengano un risarcimento>.  Ha infine parlato di un’Europa impegnata, ma che mostra <una doppia faccia>. <Riteniamo il lavoro di associazioni e ong, di grande valore. Ma se parliamo invece dei governi europei – ha detto – non esprimono una posizione netta sulla questione della violazione dei diritti in Turchia, che per la soluzione dei nostri problemi sarebbe preziosa, nè una volontà di supportare un percorso di pace per risolvere la questione curda>.  E i diritti che chiede il popolo curdo sono sempre gli stessi: banali, essenziali, irrinunciabili. Ad illustrarli è uno fra i membri del Dtp. E lo fa con una semplicità disarmante: <Chiediamo soltanto di poter vivere liberi sulla nostra terra – ha detto – chiediamo solo quei diritti fondamentali che spettano ad ogni popolo: il diritto di parlare la propria lingua, il diritto alla vita, alla salute, ad un rifugio, ad istruire i figli nelle scuole secondo la propria cultura>.   Lasciamo la parte più moderna di Mardin e la sede del Dtp per inoltrarci tra le piccole strade che si intrecciano “nella città di pietra” conservata sulla collina. Storia e cultura, nuovi e antichi drammi si confondono così in una sensazione diffusa mentre lo sguardo può perdersi invece lungo una pianura irreale che si allunga oltre i minareti e le mura della città per giungere fino al confine siriano. Domani, nuovamente a Mardin, incontreremo i responsabili dell’Ihd (associazione dei diritti umani).  Non ho presentato la delegazione di quest’anno. Sarà fatto nei prossimi giorni. Purtroppo si sente la mancanza di Marco (piccolo) che nei convenevoli era molto più bravo (di me)!E' possibile vedere le prime fotografie del Kurdistan sulle pagine di Jambo.