Caffè Letterario

il riccio...


Un caldo e splendido sole, stamattina, inonda di luce la campagna romana. Dopo la pioggia di ieri che, pare, renda felici e disposti a buoni pensieri alcune schiere di malinconici, una bella giornata si prospetta per le prossime ore, almeno fino alle prime ore del pomeriggio, stando alle previsioni meteorologiche. Maggie ha capito le mie intenzioni e comincia a fare la ruffiana, perché la porti con me a passeggio. Il vero problema è eludere l'attenzione degli altri tre cani: la gelosia non conosce regole, né confini. Così faccio finta di togliere le foglie secche dagli alberi, posti dietro casa. In questa operazione Maggie mi segue sempre, mentre gli altri tre preferiscono stendersi al sole davanti al cancello principale.L'inganno ci permette di guadagnare l'uscita dal cancelletto posto sul retro e andare via senza il solito concerto di protesta degli altri tre. Dopo un breve tratto su strada asfaltata, riprendiamo il sentiero di campagna che divide due vigneti che hanno appena offerto i loro frutti a mani esperte che li santificheranno tramutandoli in vino.Procediamo, io e Maggie,come usano procedere tutti in circostanze simili: ognuno con i propri pensieri. Oziosamente inseguo,nell'intimo, idee su alcune delle quali mi soffermo con un sorriso, da altre scappo come se dovessi salvare mia moglie dal fuoco, su un'altra ancora mi soffermo a valutare i pro e i contro, pur sapendo,in cuor mio, di desiderare che accada così come io vorrei. Intanto,Maggie, che si era allontanata per conto suo, come fa sempre, ritorna verso di me. Credo che abbia qualcosa in bocca, ma, sulle prime, non riesco a distinguere bene. Noto che, ogni tanto, lascia cadere quella cosa per riprenderla subito dopo. Poi riesco, finalmente, a realizzare cosa ha predato. E' un riccio e mi chiedo come diavolo faccia a tenerlo tra i denti senza pungersi il “tartufone”. Cerco di convincerla a mollare la presa, ma non mi ascolta e mi persuado che, in certi casi, padrone e cane parlano due lingue completamente diverse. Per fortuna, porto sempre con me, quando esco con lei, dei biscottini per cani. Ne tiro fuori due e glieli faccio vedere. Non resiste alla tentazione e molla il riccio. Ne approfitto, mentre li sgranocchia, per allontanare con il piede il riccio e intanto penso se, stamattina uscendo dalla sua tana, gli sia passato per la testa, anche lontanamente, di incrociare il suo destino con quello di un suo potenziale assassino e del suo salvatore. Maggie, intanto, ha finito di mangiare i biscotti e mi guarda come per dirmi: il dolce mi sta benissimo, ma il secondo dove l'hai messo? Gliene do un altro per ottenere la sua comprensione e rassegnazione incondizionate. Riprendiamo il cammino. In fondo al viottolo si vede la masseria di sora Pina, dove si trova dell'ottimo vino e pecorino. Sulla destra una casa colonica diroccata e in pieno abbandono. Dicono che appartenesse ad un'onesta e umile famiglia di contadini veneti. Poi, i figli hanno studiato,come i figli dei figli, e se ne sono andati a fare gli ingegneri a Milano. E' ora di tornare. Ripassando sul posto, dov'era il riccio ,noto che non c'è più. Segno che gli ho salvato la pelle. Guardo Maggie, le accarezzo il muso e le sorrido.