vangelo e strada

Parla potabile!


Manuale semiseriodi annuncio biblico popolare   /4LA DECISIONE IRREMOVIBILEAvevo 6 anni quando presi la decisione.Ed ero irremovibile.Non avrei mai fatto l’insegnante.Mai.Avevo affrontato, con mia sorella, le prime classi elementari in una scuola di suore dai metodi pedagogici quantomeno discutibili, come sapevano esserlo solo certi ambienti educativi(g)retti da certe religiose.Per me poteva bastare.A nulla valse l’ottima esperienza delle restanti classi elementari con la maestra Giacinta, né il fatto che mia madre fosse una delle insegnanti più apprezzate del suo plesso scolastico.No. Io non avrei mai fatto l’insegnante.Ed ero irremovibile.Ebbi pure conferma della validità del mio tenace proposito frequentando le scuole medie.Lì anzi perfezionai la tesi:non avrei mai fatto l’insegnante in generale,ma, meno che meno quella di religione.Raramente avevo visto bistrattare insegnanti come avevo visto fare con quelli di religione.Li compativo.E mi persuadevo:io non avrei mai fatto l’insegnante, di religione.E sono stata irremovibile.Fino ai 30 anni suonati.Poi la sorpresa.«Visto che hai studiato teologia per tutti questi anni, ora potrai finalmente avere la tua cattedra di religione al nostro liceo di Palermo».Quando si dice: “la telepatia dei superiori”!Finalmente!(Era il caso di dirlo…).Finalmente insegnante. Di religione.(Appunto…).Non piansi, sia chiaro. Non subito almeno.E neanche svenni.Niente.Bisognava darsi un tono davanti a quella Sorella tanto lieta di comunicarmi la nuova attività che per me aveva pensato il Consiglio Provinciale al completo.Sorrisi (una banale contrazione nervosa), abbassai il capo (un malore improvviso) e tacqui (afasia post-trauma).A conti fatti sembrò quasi un sì.Nell’affascinante terra di Sicilia mi attendeva una delle esperienze più intense e feconde della mia attività apostolica.Rinnovata prova della mia teoria secondo la quale gli errori degli altri non sono l’ultima parola: un grosso impegno crocifiggente può fare miracoli.Insegnando nel liceo di Palermo imparai la regola che vi presento oggi [vedi post 20].E scusate la lungaggine introduttiva.Facendo di necessità virtù, avevo strutturato le lezioni di religione come un corso di teologia. Con tanto di prove scritte e valutazioni.Da qualche settimana, in II A, parlavo dell’ambiente storico di Gesù e, in particolar modo, dei gruppi religiosi del suo tempo, comunemente definiti “sette”. Ma senza alcuna accezione peggiorativa. “Sette” in quanto gruppi ben definiti. Le sette giudaiche erano 4: i farisei, gli zeloti, gli esseni e i sadducei.Lezioni, dispense, appunti. E venne il giorno della prova scritta.«Buongiorno, ragazzi!»«Buongiorno, professoressa!»«Non chiamatemi professoressa, ragazzi! Lo sapete che non mi piace»«Va bene, professoressa!».Appunto.Passammo dunque alla prova scritta. Era meglio.Traccia, fogli, penne. Gran silenzio. Tutti con la testa sul foglio. Io che contemplavo il silente spettacolo dalla cattedra. Raramente mi sedevo lì. Amavo far lezione passeggiando, come i filosofi antichi, come Gesù… (E che ve lo dico a fare!?).D’un tratto una tipetta frizzante, e poco dedita all’arte dello studio, giunse pensierosa alla cattedra, con il foglio sgualcito del suo compito tra le mani.«Professoressa!»«Dimmi!»«Delle sette giudaiche, io mi ricordo i farisei…»«Bene. Scrivi pure!»Tornò al posto.Probabilmente stava scopiazzando dalle mie dispense. Chiusi un occhio.Con l’altro la vidi tornare dopo pochi minuti.«Dimmi!», sorrisi benevola.«Professoressa, delle sette giudaiche io mi ricordo anche gli zelati»«Zeloti, cara, zeloti!»Bene.Stava scopiazzando. Ne ero certa. Chiusi anche l’altro occhio.Ma dovetti ben presto riaprirli entrambi quando tornò per la terza e poi la quarta volta, aggiornandomi sulle sette giudaiche che “ricordava”.«Bene!», annuii nuovamente entrambe le volte.Non tornò al suo posto. Fremeva.La guardai con aria interrogativa.«Ma io… io… non ne ricordo più!»(Chiaro! Ne ce ne erano più!)Annuii con aria ammiccante.Non capì.«Sono queste!» dissi a mezza voce, con l’aria complice di chi vuole dare una dritta.«Ma queste… ma queste…!»«Cosa, cara?», sibilai.«Ma queste sono quattro, non sette!»Il mondo si fermò intorno a me.Vidi anche una mosca paralizzarsi in volo e restare a mezz’aria. Credo.Mi voltai lentamente verso la ragazza.Magari era solo un brutto sogno, un incubo;magari non c’era davvero…Magari!Era lì.Con l’aria di chi vuol conto e ragione.Ci misi un po’ a riprendermi.Fu dura!Quella volta imparai che le parole andavano spiegate anche quando erano chiare;che andavano spiegate fino a quando non diventavano trasparenti.Solo allora si poteva cominciare a rispiegarle… Annamaria Corallo FdC