vangelo e strada

Parla potabile!


Manuale semiseriodi annuncio biblico popolare    /5PERICOPI, EZIOLOGIE E MACCHERONIVisti i precedenti [vedi post 28], la tentazione più grande fu quella di usare un linguaggio elementare.In fin dei conti lo era sempre stata.Perché dire “pericope”, se posso dire “passo biblico”?Perché parlare di “eziologia” se posso parlare di ricerca della causa di un fenomeno?“Parla come mangi!”, mi ripetevano cori di vocine interiori.Volevo o no avere un linguaggio semplice?Allora bando ai paroloni, alle espressioni tecniche, ai neologismi.Non nascondo che i primi esiti di questa scelta somigliavano ai dialoghi sull’isola di Robinson Crusoe.E non mi riferisco agli stentati discorsi dell’indigeno Venerdì, bensì alle chiacchiere del pappagallo al quale Crusoe insegnò a parlare…Era dunque giusto restare di quell’avviso?E mentre io, affranta, mi dibattevo nel dilemma, la risposta si stava incamminando per raggiungermi a domicilio (per così dire).E si stava incamminando… in autobus.Vi spiego.All’epoca dei fatti ero a Napoli.Tra i progetti culturali proposti ai nostri vivacissimi ragazzi del Centro, se ne stava approntando uno sull’origine della città.I ragazzi erano invitati a studiare le piazze, le vie, i monumenti delle loro strade per poi presentarli al resto del gruppo durante un’uscita collettiva.Nelle aule del Centro, durante l’attività culturale, li sentivo familiarizzare con concetti nuovi, con parole inedite.Ma la luce necessaria la trovai sull’autobus R3.Ero salita di corsa.Avevo fatto più tardi del previsto e si stava facendo buio.L’autobus non era poi così pieno. Tranne i posti a sedere (ma a quelli pare si acceda per abbonamento “poltrona”, come nei teatri).Mentre raggiungevo un punto di stabilità, notai un gruppetto di ragazzini.Non mi parve di conoscerne nessuno.Almeno non quelli che erano rivolti con il viso dalla mia parte.L’autobus passò accanto alla fontana di Partenope, in piazza Sannazzaro.Una voce familiare si levò nel coretto dei ragazzini.Uno dei nostri eroi del Centro aveva preso la parola.«Quella è la statua di Partenope!», disse sicuro di sé.E poi aggiunse rivolto ad un suo compagno perplesso:«Tu ‘o ssàye cherè stà Partenope?»[tu lo sai che cosa è questa Partenope]Quello tacque.«È la sirena che fondò Napoli sbarcando sull’isolotto di Megaride, secondo un antico mito. Il mito è una leggenda, un fatto inventato per spiegare una certa cosa», continuò lui con un orgoglio pari a quello del progettista della fontana e dello scultore messi insieme.Quella sicurezza, quell’orgoglio, quelle parole mi diedero la luce che cercavo.Capii che semplicità di linguaggio non voleva dire povertà di parole.Mi sentii confermata nella intuizioni e nelle convinzioni:ero chiamata a dare alla mia bella gente le parole per far sì che germogliassero i pensieri.Come aquiloni dai fili inceppati negli alberi, infatti, i loro pensieri non potevano prendere il volo.Dovevo inerpicarmi lungo i rami nei quali si erano impigliati quegli spaghi, sbrogliarli pazientemente e liberarli per veder riempire il mio cielo delle loro idee, colorate e vivaci, espressive e sorprendenti.Non temere, dunque, di dire una parola nuova!Ma spiegala subito!Spiegala sempre!Finché per te diventa normale ripetere il concetto con tre sinonimi di seguito, almeno uno dei quali sia già noto a chi ti ascolta.Quando nel tuo cielo vedrai librarsi il primo aquilone, il cuore ti si fermerà in gola per l’emozione. Annamaria Corallo FdC