Dike

Post N° 231


REFERENDUM ELETTORALE, UNA PISTOLA SEMI SCARICA? Con un atto che non ha precedenti nella storia della Repubblica italiana un giudice costituzionale, Romano Vaccarella, ha rassegnato le proprie dimissioni dalla Corte Costituzionale; dimissioni sulle quali si pronuncerà oggi la Corte, riunita in via straordinaria.In una lettera inviata al Presidente della Consulta, al Presidente della Repubblica ed ai presidenti delle due Camere, Vaccarella ha spiegato le motivazioni della sua decisione: “La stampa ha dato notizia delle dichiarazioni rese da alcuni ministri e da un sottosegretario in materia di ammissibilità dei referendum elettorali dalle quali si evince la considerazione in cui costoro tengono la Corte. Nell’indifferente silenzio delle nostre istituzioni e in assenza di smentite non posso che rassegnare le mie dimissioni a tutela della mia dignità personale”.All’origine delle dimissioni di Vaccarella vi sarebbero, dunque, alcune dichiarazioni rilasciate ai media da tre Ministri e da un Sottosegretario del governo Prodi su un presunto orientamento anti referendum elettorale da parte della Corte Costituzionale; dichiarazioni che, a detta del giudice, danno l’idea di una Consulta “serva del potere esecutivo”; dichiarazioni non subitamente smentite dai diretti interessati e seguite da un “indifferente silenzio delle nostre istituzioni”.La vicenda trae origine da un articolo comparso sul Corriere della sera del 26 aprile scorso, dal titolo decisamente eloquente: “I piccoli tifano Consulta: fermerà il referendum”.In esso si rinvengono dichiarazioni di vari esponenti politici del governo Prodi sul tema del referendum sulla legge elettorale.Il giornalista riporta, in primis, una dichiarazione profetica del Ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio: "Guardate bene, dico ai giudici: non fate passare un sistema anti-democratico"; e un’altra, altrettanto profetica, del ministro della Giustizia, Clemente Mastella:“Secondo quello che mi hanno detto, nel referendum ci sono molti margini di incostituzionalità. Insomma, ci sono delle speranze". L’articolo del Corriere prosegue riferendo un episodio accaduto poco tempo prima a palazzo Chigi, durante l'incontro tra il governo e i dirigenti dell'Udc sulla riforma del sistema di voto e, precisamente, di un colloquio tra  il Ministro Vannino Chiti e il segretario dell’Udc Cesa, in cui Chiti avrebbe detto a Cesa: “... E comunque c'è sempre la Consulta… Beh, ci sono molti aspetti di 'incostituzionalità nel quesito”L’articolo del Corriere riferisce, inoltre, di un altro episodio accaduto poco tempo dopo in Transatlantico, in cui il sottosegretario alle Riforme, Paolo Naccarato, dopo aver definito la consultazione referendaria come “una pistola semi-scarica”, avrebbe anche aggiunto: “Ricordati che la Consulta ha sempre tenuto conto degli orientamenti po­litici…la Corte è un organo storicamente sensibile agli appelli di altri orga­ni politici e istituzionali…".Le dichiarazioni divinatorie dei ministri Scanio, Mastella e Chiti e del sottosegretario Naccarato, che sono all’origine delle dimissioni del giudice costituzionale, paiono auspicare pressioni politico-istituzionali del potere politico sulla Corte Costituzionale  in merito al quesito referendario. Ma ciò che più ha indignato il giudice Vaccarella, fino a spingerlo alle dimissioni, è il fatto  che le dichiarazioni dei politici riferite dalla stampa non sono state repentinamente smentite dagli interessati.E il “silenzio indifferente” di cui parla il giudice diventa un pesante atto di accusa nei confronti dell’esecutivo.Solo dopo che si è diffusa la notizia delle dimissioni del giudice sono giunte le dichiarazioni di solidarietà di circostanza delle principali cariche dello Stato,  e del presidente del Consiglio, Prodi, che si limitato a ribadire l'assoluta indipendenza della Corte costituzionale in materia di ammissibilità dei quesiti referendari.I promotori del referendum elettorale, colti di sorpresa dal gesto del giudice, definiscono la vicenda “grave” e “al limite della crisi istituzionale”, ma  dichiarano ciò non fermerà il loro lavoro di raccogliere firme a sostegno del referendum. Compito non proprio semplice, visto che proprio ieri in Piazza san Giovanni, a Roma, alcuni pacifinti nostrani hanno preso a sprangate un tavolino del Firma day. Nella vicenda Vaccarella è intervenuto anche il saggio ministro delle Infrastrutture, Di Pietro, che ha consigliato al giudice di limitarsi ad osservare la partita "dall'alto" degli spalti”;  proprio come ha fatto lui quando si giocava la partita politica dell’indulto, del quale è solo stato solo un semplice spettatore, nonostante fosse un giocatore titolare. Non oso pensare cosa sarebbe successo se le dichiarazioni che hanno portato alle dimissioni di un giudice della Consulta fossero state proferite da tre ministri e un sottosegretario del governo Berlusconi. Lascio alla vostra fantasia immaginare l’epilogo mediatico che avrebbe avuto la vicenda.Il caso Vaccarella è un caso politico che getta pesanti ombre sull’autonomia e l’indipendenza della Consulta e su di esso il Governo dovrebbe fare luce quanto prima, se non altro per tranquillizzare i cittadini che l’interesse ideologico non prevarrà sull’interesse nazionale e per fugare ogni dubbio che l’esecutivo stia tentando di controllare tutto: dalla finanza fino alla Corte Costituzionale.