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Post n°33 pubblicato il 23 Novembre 2014 da vanille_noire
Approvavo certe scelte del destino. Le reputavo fisiologiche. Mi ritrovavo a giustificarle, accettarle: come decorso naturale di malattia a volte, e di guarigione, liberazione in altre. Al destino, attribuivo meriti o al contrario responsabilità. Metodo estremamente comodo per dissolvermi dubbi, togliermi dall'impasse. Il fatto strano si esprimeva nel non vederci alcunché di passivo. In effetti, tempo prima, prima di far scomodare il destino avevo già odorato, per conto mio. Vivevo di dettagli, di virgole, di puntini di sospensione. Pesavo i grammi di silenzi, la temperatura dei congedi. Misuravo il tempo dei baci, il coinvolgimento nel rimanere l'uno nell'altra. Partivo dal particolare, quasi sempre, da quello che mi piaceva o, al contario, da quello che più mi infastidiva. Da lì, l'inizio della mia realtà, quella che poi a poco a poco si palesava, prendeva forma.
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