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DESIDERIO DELL'EGO E DESIDERIO DEL SE'

Post n°17 pubblicato il 01 Aprile 2009 da vera732

Vi sono due tipi di desiderio; entrambi si avverano in proporzione alla loro forza: alcuni in maniera diretta, altri inversa.
Sono due i consigli che siamo soliti dare e ricevere riguardo ai desideri: il primo recita che volere è potere, l’altro che l’eccesso di aspettativa è il peggior freno al realizzarsi delle nostre aspirazioni.
Ma come avviene questo e come è possibile che entrambe le affermazioni siano vere? Eppure la nostra esperienza diretta ci insegna che il fenomeno si verifica esattamente in questo modo: alcune volte le nostre speranze vengono esaudite quanto più le alimentiamo, altre volte dobbiamo allentare la presa del desiderio per poterle vedere appagate.
Ma ci sarà pure una regola che ci può indurre a comprendere quale delle due massime è opportuno mettere in pratica!
I desideri che rispondono direttamente alla potenza della nostra aspettativa sono i desideri che provengono dal sé, mentre gli altri, quelli che per realizzarsi necessitano di una certa dose di distacco da parte nostra, sono i figli dell’ego.
Intendiamo per sé il cuore: lo spirito, la parte libera e selvaggia che vive in ciascuno di noi, la nostra vera essenza, IL CENTRO; mentre parlando di ego intendiamo la testa: la mente, quella parte di noi che è frutto della metamorfosi occorsa in anni di educazione, di formazione, di strutturazione artificiale, di “programmazione”, LA PERIFERIA.
I desideri del cuore sono ciò a cui realmente il nostro spirito anela, a cui siamo davvero chiamati per poter realizzare il nostro destino, per poter trovare la strada, per riuscire a vedere le bricioline di pane; mentre quelli della testa sono ciò che la nostra mente reputa valido per l’idea che il mondo ci ha rifilato di noi stessi, che ci è stato inculcato: dai genitori, dagli insegnanti, dagli amici, dal partner, dalla morale corrente, dal costume, dalla tendenza, dai mass media, dalle nostre paure e dalle nostre sconfitte.
In altre parole i desideri del sé sono quel che realmente agogniamo, i desideri dell’ego sono quello che altri ci hanno fatto credere di dover desiderare.
Appartenenti alla prima categoria sono le speranze genuine che provocano piacere al semplice pensiero, che non provocano frustrazione per esserne mancanti o carenti, ma gratitudine per aver compreso di averne bisogno e che, una volta soddisfatte, procurano una gradevole sensazione di compimento che scalda il cuore; della seconda sono invece quelle aspirazioni cui tendiamo con ansia e paura, che provocano senso di incompletezza e di inadeguatezza e che, una volta appagate, non soddisfano mai pienamente la nostra aspettativa, ma al contrario tendono a lasciare intatta la nostra sensazione iniziale di disagio, rivelando al nostro istinto primevo tutta la loro vacuità ed inutilità.
I desideri del sé provengono dal centro di noi stessi e dunque rispondono pienamente alla potenza della nostra aspettativa: più ravviviamo la fiamma della passione e quindi portiamo la nostra attenzione verso il centro, più la loro realizzazione sarà attratta da tale fiamma; i desideri dell’ego invece necessiteranno di un certo disinteresse affinché il loro coronamento sia avvicinabile, infatti si tratta di transazioni spirituali che avvengono alla periferia del nostro essere, l’unico modo per appressarci alla periferia è appunto il distacco dal centro e quindi emotivo, solo allora questo tipo di realizzazione sarà reso possibile.
Tutto sommato però, tenendo conto delle premesse precedenti, sembra che questo tipo di percorso non ci porti a concludere un affare poi così vantaggioso; il distacco emotivo, oltre ad essere piuttosto faticoso, riduce notevolmente l’impatto favorevole della vittoria sulla nostra psiche, il rischio che corriamo ogni volta, con le probabilità al 99%, è quello di avere sperimentato un cammino durissimo e pagato un prezzo molto elevato, solo per ritrovarci poi tra le mani un bel pugno di mosche.
Una soluzione molto più fruttuosa potrebbe essere quella di spostare il punto di origine del desiderio stesso.
Possiamo prendere come esempio il desiderio classico della prosperità che ognuno di noi ha espresso almeno una volta nel corso della propria vita. La ricchezza, al contrario di quello di cui è convinta la maggior parte della gente (che in cuor suo tra l’altro non riesce a smettere di desiderarla), non possiede in sé alcuna connotazione negativa, si tratta di una condizione completamente neutra. Negativo può essere il punto di partenza di una tale aspirazione, in altre parole la sua motivazione. Desiderare di impinguare le proprie finanze come palliativo ad un  vuoto esistenziale o come possibile veicolo di fuga dalle quotidiane difficoltà, è un classico desiderio periferico; aspirare a delle risorse finanziarie come strumento per poter raggiungere i propri obiettivi vitali può essere invece un’aspirazione proveniente dal centro.

 

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