Creato da da999 il 27/07/2005
racconti di un lungo camminare
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cadeil sipario. Cade la tensione. Cado io. Di schianto. I bar gira. Mi trovo. A terra. Le gambe sollevate. Due angeli. Uno per parte. Una bionda e una rossa. Il naso graffiato. Piano verso un letto. E dormire. Dormire dormire. Sembra che tutto un mese di fatica si sia concentrato in un solo momento. E dormire ancora. E brodo di pollo e gli ultimi sguardi.
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e domani arriva. Dopo una notte corta. Nebbia. Quaranta e più. Oggi. Non puoi più rimandare. Non la vedi ma la senti chiamare. La città. E cammini le gambe pesanti. Ma cerchi la fatica voi arrivare stanco. Sentire. Qualcuno aiuta. Il cielo pieno di nuvole. Il vento rende fresco il camminare. E i dolori e le mani e i sorrisi. E poi la vedi. Piccola ancora lontana. Fa un pò paura. Entri. È grande. La attraversi piano. La assapori. E pensi di sentire nando martellini e il suo campioni dal mondo. E poi la piazza e il silenzio e nessun martellini. E l'impresa diventa piccola. Piccola normale facile e meravigliosa. Tua. E di mille altri. Quattro parole a chi di dovere. E peperoni verdi fritti.
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si balla. Il valzer degli addii. Parole dette e non dette. Sguardi sorrisi e lacrime. Intorno il profumo degli eucalipti. Giochi. E altre parole. Sincere. Sui muri nomi e date. E poi una canzone. Ascoltata. Cantata. E parole. Difficili. E paura. Di arrivare. Domani.
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la notte. Lunga. Tra vino e musica e parole. Sotto l'albero due trentenni a parlare dalla vita. A scoprire di essere simili. Poi l'alba. La testa pesante. Acetisalicilico e alcali effervescenti per levare il peso. Scivola piano questo nuovo giorno. Tra pini e eucalipti. Nebbia intorno. E gambe pesanti. E sorrisi.
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un petalo di rosa. Un mi mancherai amico, sussurrato. Un gesto di affetto tra gli aculei. E poi irene diciassette anni e vuole averne di più. Rimasti pochi. Li vedo da dietro gli ultimi moschettieri. Camminare con lo stesso passo. Sicuro. Uno in fianco all' altro. Irene, raquel, nando, pablo, felice. Io dietro a guardarli. Sono belli. È il giorno delle confessioni. Dalle parole piccole. Dei gesti piccoli. Il sole tra le nuvole delle terre dell'ovest. Asciuga due giorni di nebbia grondante. E tutto va piano. E stanotte il paese in festa. E la musica e la saudade. E adriano tre volte a braccia alzate.
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sulle terre dell'ovest il cielo è basso e grigio. Verde intorno. Sembra che il tempo abbia un suo ritmo qui. Lento. Più lento. E poi c'è chi si sente quasi arrivato e gli prende la paura e torna. Senza arrivare. E chi ha un pò paura. E chi ha voglia di dormire. E chi guarda e sorride. E i pensieri sono leggeri nelle terre dell'ovest. E quasi piove.
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notte insonne. Prima dell'ultima onda. La giornata è ripida e aspra come la salita. Notte da occhi umidi. Ibuprofene in corpo. La meta vicina. Troppo. O troppo lontana. Stanchezza. Fatica. Mollare il colpo. E poi si fa giorno. E davanti la montagna. Odore di bruciato. Asfalto. Calore. In cima voglia di gridare il suo nome. Forte da perdere la voce. Perché sentano fino in capo al modo. E poi ancora la salita. Gli scatti del pirata. Il respiro pesante. La cima avvolta dal bianco. Un chilometro infinito. E il vento freddo che spazza le colline di domani. E sonno.
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arrivano e passano veloci. Gli istanti. Le persone. Le nuvole. Sorge. Il cielo si incendia. Di giallo e rosso. E passano veloci. Camminano. Cercano un pezzo di cuore. Perso. Cercano il loro. O un pezzo di ricambio. E passano veloci. Freddo. Caldo. Dolore. Stanchezza. La musica mi porta. Il piede brucia. E ancora passano veloci. E le montagne davanti.
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salire è diverso. I punti di vista aumentano. Non vedi solo dove arrivi. Ma dove arriverci domani. Xavier ha suonato. Noi in silenzio ad ascoltarlo prima della notte. Sulle montagne altri giganti per don chiscotte. Intorno verde e viola. È meglio pensare a matita. C'è la gomma. E poi un mucchio di sassi. E la croce e tutto appeso. Ora anche un foglio con i miei giorni peggiori. E poi la corsa per lasciare il sole alle spalle. E il vento nel patio.
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gli ultimi sconnessi sussulti dell'altopiano sono coperti di quercie. Saltano. Si preparano e formare la grande onda. Poi è solo discesa. Le montagne sono grandi oggi. La luna è rimasta fino a tardi sembrava stesse a guadare. Il sole. Sono stati li uno da una parte e l'altra dall' altra. Uno caldo e l'altra fredda. Laura è stanca. piange. Qualcuno ha bisogno di una foglia di quercia.
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sono più grandi oggi. Più vicine e più grandi. Le montagne. I muri sono pieni di lettere e parole. Alcune fresche altre scrostate. Bellissime. Qualcuno dovrebbe salvarle. Ancora le freccie gialle. Ancora mi stupisce come siano in grado di guidare migliaia di persone. Perdendone un numero ragionevole. Un uno logo fatto di colore e mille forme. Un nuovo simbolo accanto alla conchiglia. Vorrei avere un idea il giorno. Anche fossero sogni impossibili. E poi ti siedi su una panchina. E qualcuno ti offre un panino. Prima ancora di sapere chi sei. Fernando è cileno e porta uno zaino piccolo piccolo. Laura sorride. È catalana. È stanca morta e sorride. E poi l'amaro svanisce.
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cambiano le persone. Cambia il tempo. I sussulti dell'altopiano si fanno più intensi in frequenza ma non in ampiezza. Quasi si stia preparando per diventare le montagne che si vedono lontane. Lontane due giorni. La cattedrale appare da dietro la curva. Gotica e bella. Anche questa città vive nascosta in una valle. Si vede solo alla fine all'improvviso. Fa quasi freddo. In bocca qualcosa di amaro.
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fa freddo. Da mettersi la giacca rossa. Josè mi saluta e mi chiama garibaldi. Non sa quanto mi faccia piacere. Quasi non serve la luce stamattina. Tutto è avvolto dalla luce della luna piena. Stà li anche quando il sole sale dall'altra parte. Si guardano per un po'. Stanno li. Dritti. Il loro tronco esile e rigido. Le foglie mosse dal vento gelato. Stanno li. Uno ogni dieci metri. Tremila settecento in tutto. Da grandi faranno ombra a chi cammina. Insalata di agrumi e peperoni. Ne ho voglia. E penso a domenico. Mi ha insegnato a farla. Magari mi guarda. E soffia il fresco per rendere il camminare meno pesante. Domenico sa di arancia e salsiccia cruda spalmata sul pane. Mi piace domenico. E poi ancora alberi.
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Riposo. nella citta' che porta un nome quasi cinese.
sulla citta' la luce filtra tra le nuvole accende i graffiti grezzi sulle pareti. la citta' e' povera pochi negozi quasi vuoti di persone e di cose, ferramenta, tanti, case abbandonate pure.
riposo, sento la stanchezza. quella che si sente in testa.
e domani ancora l'altopiano.
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l'altopiano sussulta. Il suo montono piatto andare è interrotto dal sollevarsi di piccole colline. Ognuna con a valle il suo paese. Qualche segno è rimasto. La caviglia fa male. Il ginoccho geme. L'altopiano è li per ricordare i limiti. Perché non vengano forzati. Sotto un cielo atlantico. Cammino poco. Prendo fiato. Magari al tramonto qualche passo ancora.
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lo stavo aspettando. Un pò lo temevo un pò lo aspettavo. Come un antico nemico. Un conto da chiudere. È arrivato quando ha voluto. Nel mezzo del giorno. Il sole a picco. Mi ha provato. Ma credo di avere vinto questa volta. Poi gli ungheresi in carrozza. E l'acqua gelata a ridare forza. Domani è la metà. Quindici albe mi hanno accompagnato. Altre quindici ancora da vedere. Le persone intorno cambiano nuovi compagni. E i vecchi che continuano a riservare sorprese. Il ritmo cambia. cambiano le giornate. lunghe.
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l'altopiano cambia colore quando le nuvole corrono veloci i raggi di sole disegnano netti i profili degli alberi. Il vento tra le foglie canta una canzone tutta sua. E poi arriva la pioggia. Arriva forte. E se ne va veloce. E cambia l'odore della terra.
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sull'altopiono le cose cambiano. Cambiano le persone. Cambiano i tempi. Sembra di appese entrati in un campo magnetico. Si sente forte l'attrazione verso santiago. Perché santiago. Cosa passata per la testa di chi ha inventato la leggenda? Perché portare migliaia di persone ai limiti del mondo allora noto?Perché portarli alla fine del mondo? Fa caldo sull'altopiano. Ai vorrebbe un soffio di vento.
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si respirano vento e polvere sull'altopiano. Intorno una distesa infinita. La polvere secca la gola il vento rende il sole meno nemico. Sembra di vederli nino che ha paura di tirare uno calcio di rigore, sancho panza e don chisciotte che cavalcano alla volta dei mostruosi mulini, cirano che combatte con il cuore rivolto a rossana e la nuvola di bandiere. Sembrano li sull'altopiano. È arrivata la stanchezza. Le gambe si son fatte più pesanti. Il paese forse non esiste. Appare nella sua conca solo quando viene evocato. Lontani tono su tono girano lente le pale dei generatori eolici. Silenzio.
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anche oggi le stelle. Giorno di saluti. Le zie che ci hanno e che abbiamo accompagnato fino a qui hanno per ora finito la loro avventura. Tornano. Buona strada zie. A volte mi sembra di stare facendo un grande a bucato. All'inizio un grande cesto pieno di vestiti di colori e sporcizie diverse. Bisogna spargerli sul pavimento e dividerli. Con pazienza fare tutti i lavaggi. Poi sperare di avere un bel giorno di sole e vento. Stenderli uno ad uno e guardarli mentre ognuno ricomincia a brillare del proprio colore. C'è odore di incenso. E musica. Questa notte ho sognato violoncelli. Ancora buona strada zie.
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Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 07:48
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 06:49
Inviato da: volandfarm
il 25/03/2009 alle 06:41
Inviato da: ctthsoe
il 25/03/2009 alle 05:23
Inviato da: lottergs
il 25/03/2009 alle 04:45