Vertigine

Viaggio della speranza


 
 Sono arrivati nel cuore della notte. Stanchi, affamati e maleodoranti. Uno la fotocopia dell'altro: capelli scuri, pelle bruciata dal sole, sguardo perso. Solo uno con gli occhi celesti, trasparenti come il mare. Sono arrivati a bordo di un pullman granturismo, e viene da pensare che ci sono parole che a volte diventano delle enormi prese di giro. Granturismo, altro che!! Trenta, tutti uomini, giovani, qualcuno minorenne. Chissà a quale immagine avranno associato Firenze. Avranno pensato a grandi piazze, a strade invase dal traffico, a vetrine piene di ogni bendiddio, a belle case. Arrivati, hanno trovato quelle campagne e quelle colline che i fiorentini guardano dal basso, sospirando nei giorni afosi di luglio. Una casa grande, in pietra e travi, immersa in un giardino, circondata da ulivi e gerani in boccio, da rose rampicanti e piante di ramerino. Davanti un panorama che abbraccia tutta la piana, da Firenze fin dopo Prato, in lontananza Pistoia e oltre le cime dell'Abetone. Poliziotti e militari in divisa, con le mascherine igieniche a proteggere i volti, anche quelli sfiniti da una lunga notte d'attesa. Alle prime ore della sera i telefonini avevano cominciato a squillare impazziti: “La nave sta arrivando a Livorno”, “Si è fermata lontano dalla costa, attracca tra due ore”, “Nessun segnale, dovrebbe arrivare alle 10”, “Anzi no, alle 11”, “Li portano a dormire in centro a Firenze”, “Prima in questura per l'identificazione”, “In questura domani, vanno direttamente nei centri di accoglienza”. Notizie una dietro l'altra, la prossima a smentire la precedente in un delirio di informazioni difficili da selezionare. Io e il mio collega, travolti dagli eventi, abbiamo deciso di non lasciare il posto e sacrificare tutte le ore di sonno necessarie ad assistere all'arrivo. Alle 2.00, dopo dodici ore di navigazione e due di pullman per loro e quasi cinque di attesa per noi, i profughi sono arrivati. I loro volti si sono concretizzati ad un passo da noi. Fino ad allora, quegli occhi e quel gesticolare della mani lo avevamo visto solo in tv, in quella tv che ci ha mostrato Lampedusa come la terra della speranza e insieme dell'invasione incontrollata. Marad ha 17 anni, piange da due settimane perché chiede inutilmente di poter ricongiungersi al padre che vive e lavora a Nizza e non vede da sei anni. Non è possibile, glielo hanno spiegato tutti. La Francia respinge, e solo con il permesso di soggiorno temporaneo che il governo italiano starebbe predisponendo sarà libero di passare le Alpi e riabbracciare il babbo. Con quel documento non ci saranno respingimenti che tengano, ma occorre aspettare ancora. Lamen ha 28 anni, non ha notizie di suo figlio da più di 10 giorni, il suo telefonino non dà segni di vita dopo essersi bagnato. Come loro altri, con storie di una vita sfortunata che vorrebbero rimettere in carreggiata. Chissà.