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Post N° 10


TREVISO CITTA' APERTA! L’immagine di Treviso è profondamentecambiata negli ultimi anni: la cittàospitale e gentile del passato sembra,da tempo, solo un ricordo. Ora apparerancorosa e chiusa, al pari di altriluoghi della sua provincia. La responsabilitàdi questo mutamento di percezioneè innanzitutto del ceto politicolocale, che governa altresì molti centridella Marca. Un ceto che ha preso inostaggio il "marchio" trevigiano; cosìcome ha fatto con le tradizioni popolarie religiose, distorcendone significatoe messaggio. Un ceto che, attraversoclamorose prese di posizione, ha forgiatoall’esterno un’immagine negativadella città, e alimentato all’internocontrapposizioni durissime con chinon si allinea o dissente politicamente.Un ceto, non meno parte della "casta"politica di altri, che alla parola"comune", contrappone una visioneproprietaria della città, sintetizzata daespressioni come: i "miei" cittadini, la"mia" polizia locale. Dimentico che leistituzioni hanno come esclusivi "proprietari"i cittadini e non viceversa.Nel mirino di questa claustrofobicaconcezione del mondo sono finiti divolta in volta gli immigrati e i loro figli,i musulmani, i preti dissenzienti, gli intellettuali,le donne, i comitati dei cittadini,i partigiani, gli omosessuali, gli"sbandati"; ma anche cani, alberi,panchine, lanterne, biciclette. Un consiglierecomunale trevigiano poi a ravvedersimetodi da SS contro gli immigrati,gli stessi che con il loro lavoro contribuisconoa tenere in piedi il sistemaproduttivo e badano ai nostri anziani.Le posizioni di sindaci, ex-sindaci eprosindaci, sono troppo note per dareloro ulteriore spazio. Ma non si trattasolo delle posizioni di questo o quell’esponenteistituzionale, peraltro destinatia passare. Si tratta di una culturapolitica che, purtroppo, va oltre le sortidi questo o quel personaggio e allaquale bisogna porre un argine primache la società trevigiana scivoli versoderive che potrebbero avere approdiincontrollati, in particolare tra i piùgiovani. Una cultura politica che si nutredi parole durissime, minimizzate irresponsabilmenteda qualcuno come"posizioni folcloristiche". Parole, invece,tanto più gravi perché pronunciateda esponenti istituzionali, ai quali dovrebbeessere chiesto, per la caricache rivestono, un senso di responsabilitàmaggiore degli altri.Parole che generano profondo imbarazzo.E’ noto, purtroppo, a chiviaggia per l’Italia e nel mondo, permotivi professionali, di studio o per tutrevisocittaperta.net (costretto) ha persino invocatowww.| info@trevisocittaperta.net 1rismo, come Treviso sia oggi riconosciuta,e bollata dall’esterno, comeuna sorta di culla dell’inciviltà, a prescinderedal suo decoro esteriore. Nellepresentazioni di circostanza direche si è di Treviso, o di qualche centrodella Marca divenuto noto alle cronachenazionali sull’onda di dichiarazionio provvedimenti che mai si sarebbemesso in conto di ascoltare o vedere,è ormai accompagnato da un’immediatapresa distanze da chi governalocalmente. Una sensazione spiacevole,mai provata in passato. "Treviso?,no grazie" sta diventando un infelicema diffuso slogan. Un marchio negativopotenzialmente dannoso, nel tempo,persino per il turismo e l’economia.Pensare che nell’era della comunicazioneglobale "detti e fatti" trevigianirestino all’interno della Marca o delleMura è pura illusione. Ne parlano letv, grandi giornali nazionali e internazionalicome l’International Herald Tribuneo Le Monde. Persino Al Jazeeraha puntato i suoi fari su Treviso. Siti eblog in Internet sono pieni di commentinegativi. Nella frequentatissima You-Tube si possono vedere, sotto forma diridicoleggiante rap, video che non mostranocerto il volto migliore della trevigianità.Nelle biblioteche delle universitàeuropee sono ormai diffusi articolie saggi nei quali città e provinciaappaiono luoghi in cui prosperano razzismoe xenofobia.Sappiamo che Treviso e la Marcanon sono solo questo. La società trevigianaè caratterizzata dalla generosità,che si esprime nelle mille iniziativedi volontariato, cattolico e laico, nellarete di cooperative sociali. Una realtàche ha dato vita a un tessuto produttivooperoso, che ha buone scuole,strutture sportive senza eguali, fondazioniculturali di tutto rispetto, che haprodotto energie artistiche ed intellettualiche ci sono invidiate altrove,ostracizzate e spesso costrette all’esilioculturale. Larga parte di questa societànon discrimina le persone inbase alla religione, alla sessualità, alcolore della pelle. Non pensa che impedirealle persone di pregare sia unaconquista di civiltà. Non si riconoscein battaglie ideologiche che inneggianoa contrapposizioni frontali. Nonesulta per la tristemente nota longapatrimonio collettivo sia oscurato dauna nuova fama che non piace a noicome a molti?E’ tempo che quanti non si riconosconoin questa pessima immaginefacciano sapere, con ogni mezzo, chenon condividono affatto questa tristerappresentazione della trevigianità.Ombra. E’ giusto che questo positivowww.trevisocittaperta.net | info@trevisocittaperta.net 2