La Specola

VECCHI


Rembrandt: Ritratto della madreQualche giorno fa è comparsa sui giornali la notizia della scoperta a Roma di un ospizio-lager dove dieci anziani con disturbi mentali (dall’Alzheimer alla schizofrenia alla demenza senile) venivano maltrattati e vivevano in un ambiente con carenze igienico-sanitarie inconcepibili per qualsiasi società che si ritenga civile. Ma quello che faceva maggiormente notare l’articolo era la reazione dei parenti quando la polizia li ha avvisati di andare a riprendere questi anziani: nessuno li voleva più indietro. Brutta espressione, ricorda piuttosto un pacco postale che viene rinviato al mittente. La cosa che trovo orribile è che nessuno di questi parenti si sia reso conto delle condizioni in cui versavano questi anziani nella “casa di riposo” per cui pagavano 1200 euro al mese: vuol dire che li avevano abbandonati senza andarli mai a trovare. Ma il fatto che non li volessero riprendere a casa non lo trovo così immorale. E’ facile giudicare senza rendersi conto delle situazioni familiari.Tutti gioiamo dei progressi della medicina che ha allungato la vita: non si muore, per lo meno nei paesi più sviluppati, di malattie infettive, si curano l’80% dei tumori, agli infarti si sopravvive. Ma la medicina è assolutamente impotente davanti alla degenerazione del tessuto cerebrale che questo allungamento della vita ci ha regalato. Ma questi anziani, per lo Stato, sono solo pensioni, per la maggior parte minime, che deve erogare. E questo davanti a una struttura di società mononucleare che vive in appartamenti piccoli e appena sufficienti a quella famiglia, e spesso con entrambi i coniugi che lavorano. Lo Stato ci dice solo che la vita si è allungata e che quindi deve aumentare l’età in cui si va in pensione, ma la maniera in cui si è allungata la vita, allo Stato interessa poco: che sia un brillante 90enne che ancora riesce a vivere da solo o un malato di Alzheimer, a lui non interessa. A lui interessa solo che deve erogargli una pensione: che poi sia sufficiente per l’anziano in buone condizioni psicofisiche o assolutamente insufficiente per chi deve essere seguito minuto per minuto, non è affar suo. E spesso le famiglie si ritrovano a dover gestire questi anziani, difficili da un punto di vista psicologico ma spesso ingestibili da un punto di vista finanziario. Per lasciare nella sua casa un anziano con questi problemi (che sarebbe la cosa migliore), servono almeno due badanti, e quanti si possono permettere almeno 2500 euro al mese, senza considerare le spese di vitto e le altre spese che la gestione di una casa determina? E i posti che lo stato mette a disposizione nelle proprie strutture, sono assolutamente insufficienti, e quindi tutto ricade sulla famiglia. Conosco famiglie che con sacrifici immani e con grande affetto riescono a fa sì che i loro anziani siano ben curati e seguiti, ma non credo che questo problema debba essere esclusivamente risolto dalle famiglie. E’ un problema che lo stato si deve porre davanti a una situazione che diventa sempre più difficile sia per l’allungamento della vita, sia per l’aumento dell’età pensionabile: andando in pensione prima era possibile anche badare agli anziani: adesso si andrà in pensione quando avremo bisogno noi di essere seguiti. E la crisi attuale, non facilita la situazione. In Italia credo ancora che la famiglia sia un valore per tutti e che gli anziani abbandonati siano veramente una minima percentuale, ma è un problema che nel tempo crescerà sempre più e si arriverà al punto che anche la famiglia più affettuosa si ritroverà nell’impossibilità di poter gestire questi anziani. E’ questo un problema sociale, un problema che tutta la società deve affrontare e cominciare a pensarci già da ora, non quando la situazione sarà a livelli di guardia ormai ingestibili. Invece quello che si vede è una sempre maggiore riduzione dei soldi che vengono erogati per il welfare, pensioni che si ridurranno sempre più negli anni futuri, nessuna politica di sviluppo e di programmazione per i prossimi decenni riguardo alla vecchiaia.E quando assisto a quelle interminabili discussioni tra bioeticisti laici e cattolici sui problemi di inizio e fine vita,  vorrei che si soffermassero un po’ di più su quello che c’è tra questo inizio e questa fine, su come sia necessario, per quella che si chiama società civile, pensare che non solo la nascita e la morte sono importanti, ma è importante anche vivere e morire dignitosamente. E non è un problema che lo Stato può scaricare sulla singola famiglia. In tutte le carte sui diritti dell’uomo o nelle encicliche è scritto che la vita è un valore non negoziabile. Ma credo che nemmeno la dignità della vita sia un valore negoziabile.