La Specola

INVIDIA


T. Gericault: L'invidia Il giorno della pubblicazione dei redditi dei ministri del nostro governo, il sito che li pubblicava è rimasto bloccato per l’eccessivo numero di accessi in poche ore. Che il reddito dei nostri ministri interessasse a così tanta gente, c’era da aspettarselo, ma le ragioni per questa curiosità, sinceramente, non le capisco. Dal tipo di lavoro o di incarichi che avevano prima di diventare ministri, credo che nessuno pensasse guadagnassero poche migliaia di euro al mese. Invece per me la notizia più eccezionale è stato scoprire quanto guadagna il ministro della giustizia. E ho provato una grande ammirazione per questa persona: che un avvocato DONNA riuscisse a guadagnare così tanto vuol dire che è un bravissimo avvocato (o bravissima avvocatessa?).Invidia e ammirazione, i due piatti della stessa bilancia. O si invidia o si ammira. Io ho sempre avuto una certa propensione ad ammirare chi ritenevo migliore di me, ma mi rendo conto che è molto più facile invidiare che non ammirare. La religione cattolica ha messo l’invidia tra i vizi capitali, eppure è l’unico vizio che non dà piacere, che si ritorce verso chi lo prova. Per gli psicologi, più che un vizio è un tentativo di autodifesa del proprio essere quando esso viene minacciato dal confronto con gli altri. Se la conoscenza di se stessi deriva dal confronto con gli altri, l’invidia è quel meccanismo di difesa che protegge quando vedi che gli altri sono migliori di te, che hanno avuto più successo, più fortuna, più di ciò che tu non hai avuto. Non hai avuto o non sei riuscito ad ottenere con le tue forze? Ma questa domanda è dura da affrontare e allora è meglio invidiare che riconoscersi incapaci: si cerca in tal modo di salvaguardare se stessi demolendo l’altro.E in un mondo dove uguaglianza e successo sono i due parametri su cui si regge ormai la nostra società, ecco che l’invidia diventa un sentimento che non conosce classi sociali. Se ci è stato insegnato che siamo tutti uguali, perché l’altro ha più di me? E si invidiano le cose più assurde, dalla bellezza fisica (su cui né chi ce l’ha, né chi non ce l’ha, ha particolari meriti o colpe), alla famiglia in cui è si nasce (disgraziatamente non possiamo sceglierci i genitori), alla posizione sociale. Ma chi invidia pensa mai che colui che ha raggiunto quella posizione forse ha lottato e penato molto più di chi non l’ha raggiunta? Si dice spesso: quello è stato fortunato e lo si invidia per questa fortuna che è capitata a lui e non a noi. Ma dietro tante fortune, quanto impegno, lotta, abnegazione, sacrifici ci sono?In un mondo che ha fatto dell’uguaglianza il proprio vessillo, il rendersi conto che non siamo tutti uguali ha degli effetti devastanti. E la fabbrica dei desideri che crea la pubblicità, fomenta l’invidia verso ciò che vediamo e noi non riusciamo a possedere, ma altri, sìL’unica possibilità per combattere l’invidia è riuscire a fare autocritica, convincendoci che se non siamo diventati come colui che invidiamo, probabilmente non avevamo le sue stesse capacità o forse il nostro nastro di partenza era messo molto più indietro del loro. Rinuncia non come sconfitta ma come razionale accettazione dei propri limiti. Ma è un esercizio estremamente difficile in una società che pubblicizza solo il successo, la bellezza, la gioventù, il potere, dove non c’è limite ai desideri. E allora non ci resta altro che invidiare. Ma anche ammirare. Si può sempre scegliere, questa è la grande fortuna che hanno gli esseri umani, avere la possibilità di scegliere. Scegliere di invidiare continuando a soffrire, a rodersi dentro inutilmente oppure ammirare magari cercando di emulare chi si ammira?