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INTELLIGENZA

Post n°98 pubblicato il 16 Ottobre 2011 da veuve_cliquot

Leonardo da Vinci: Autoritratto

Secondo uno studio di due ricercatori inglesi, più bassa è l’intelligenza di una persona misurata secondo i test, maggiore è il rischio che queste persone abbiano una vita più breve, contraendo più facilmente malattie degenerative, e andando incontro a suicidi o incidenti. Da decenni vengono fatti studi per trovare quali siano i fattori che influenzano la lunghezza della vita, ed è stato riscontrato che un fattore predittivo indipendente sia proprio il punteggio ottenuto da giovane nei test di intelligenza.

Precedenti ricerche avevano stabilito che la gente meno istruita, chi svolge lavori manuali, chi percepisce redditi più bassi si ammala di più e tende a morire prima sia per malattia che per incidenti, suicidi o omicidi. E’ facile quindi pensare che i giovani intelligenti arrivando a livelli di istruzione più alti, imparino meglio come difendere la loro salute e quindi vivano più a lungo. Ma anche eliminando questi fattori dallo studio, i ricercatori hanno sempre trovato che la probabilità di vita aumenta in queste persone.

Tutti ormai sappiamo che non esiste un solo tipo di intelligenza: c’è chi brilla nelle materie scientifiche ma è debole nel ragionamento verbale, ma si è anche visto che sottoponendo i soggetti a un’ampia gamma di abilità mentali diverse, colui che riesce brillantemente in un tipo di test in genere riesce abbastanza bene anche negli altri. Questa viene chiamata intelligenza generale ed è questa che influenza la lunghezza della vita.

Per quel che riguarda le morti per omicidio o incidenti, i ricercatori ritengono che chi ha punteggi più bassi nei test di intelligenza, avendo condizioni socioeconomiche peggiori, vive in quartieri più poveri e più pericolosi andando quindi incontro a rischi maggiori. Essi inoltre avrebebro una percezione del rischio molto bassa mentre invece le persone con una maggiore intelligenza potrebbero essere più consapevoli dei rischi cui possono andare incontro e quindi evitano certe situazioni coscientemente. Infine un’ultima possibilità potrebbe essere legata al ragionamento e all’espressione verbale: le persone con minore intelligenza potrebbero essere meno brave a risolvere i contrasti con il ragionamento e le parole, passando quindi all’aggressione fisica spesso non accompagnata dalla valutazione del rischio che un simile atteggiamento può determinare.

Invece riguardo alla possibilità di ammalarsi, le persone con minor punteggio nei test di intelligenza hanno più probabilità ad andare incontro a obesità, alcolismo, malattie cardiovascolari o malattie degenerative (diabete, ipertensione, aterosclerosi, ictus). Questi eventi potrebbero essere anch’essi legati a fattori sociali come una minor conoscenza che certi stili di vita si possono associare alla malattia (fumo, alcol, cibo), e a una visione limitata dei rischi che lo stile di vita può determinare.

Ed è qui che la società potrebbe agire: insegnando a tutti, a prescindere dai test di intelligenza buoni o cattivi, quale sia lo stile di vita corretto per mantenere la salute, facendo capire che il fattore chiave per vivere a lungo non è l’intelligenza ma agire e prendere decisioni da "persona intelligente". Ed è qualche cosa che dovrebbe iniziare già dalle prime classi che il bambino frequenta insegnandogli cosa sia corretto mangiare, facendogli vedere quali siano i rischi del fumo, dell’alcol, della velocità e soprattutto insegnandogli che le divergenze possono essere anche risolte con la testa e non solo con le mani.

Insegnare ai bambini e ai ragazzi che non dobbiamo diventare succubi dei geni che ereditiamo e che codificano la nostra intelligenza, ma far sì che la cultura ribalti quello che l’indeterminabilità della nostra nascita ci dà.

 

 

 
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