1 destino

Qualche pagina spesso insegna


Caro Dio, mi chiamo Oscar, ho dieci anni, ho appiccato il fuoco al gatto, al cane, alla casa (credo persino di aver arrostito i pesci rossi) ed è la prima lettera che ti mando perché finora, a causa dei miei studi, non ho avuto tempo. Ti avverto subito: detesto scrivere. Bisogna davvero che ci sia obbligato. Perché scrivere è soltanto una bugia che abbellisce la realtà. Una cosa da adulti. La prova? Per esempio, prendi l’inizio della mia lettera: «Mi chiamo Oscar, ho dieci anni, ho appiccato il fuoco al gatto, al cane, alla casa (credo persino di aver arrostito i pesci rossi) ed è la prima lettera che ti mando perché finora, a causa dei miei studi, non ho avuto tempo». Avrei potuto esordire dicendo: «Mi chiamano Testa d’uovo, dimostro sette anni, vivo all’ospedale a causa del cancro e non ti ho mai rivolto la parola perché non credo nemmeno che tu esista». Ma se ti scrivo una roba del genere, fa un brutto effetto e ti interesseresti meno a me. E io ho bisogno che t’interessi. Inoltre mi farebbe comodo che tu avessi il tempo di farmi due o tre piaceri. Inizia così il libro appena terminato di leggere.Oscar e la dama in rosa di un autore francese anche se il cognome Schmitttutto sa meno che di baguette e moulin rouge.E' lo stesso autore di Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano.Mi è capitato tra le mani per caso,in una delle tante sere in cui ho fatto incetta di libri che poi accatasto in un angolo in attesa di leggerli quando la noia o l'ispirazione mi vengono a trovare.Il piccolo principe di Saint Exupéry è un bambino venuto da un altro mondo per insegnarci che cos’è la vita, l’Oscar di  Schmitt è un bambino che sta per andare all’altro mondo e ci insegna che cos’è la morte.Questo breve romanzo si svolge durante gli ultimi tredici giorni di vita di un bambino di dieci anni malato di leucemia, Oscar appunto, e la dama in rosa del titolo è un’anziana volontaria dell’ospedale, in camice rosa, che rappresenta per il bambino l’unico interlocutore in grado di dare un significato alla fase finale della sua vita, perché sia i genitori, annichiliti dal dolore, sia i medici, delusi dalla loro stessa impotenza, evitano di parlare sinceramente con lui, impedendo ogni spontaneità di rapporto. Nonna Rosa, come la chiama Oscar, gli propone un gioco: fingere che ognuno dei pochi giorni di vita che gli restano duri dieci anni. Ogni decennio vissuto presenterà gioie e dolori che Oscar potrà offrire a Dio in una lettera quotidiana, in cui gli chiederà di soddisfare un desiderio. Oscar non è stato allevato religiosamente, e inizia questo dialogo con diffidenza e impaccio, ma a poco a poco, indirizzato dalla affettuosa vecchietta, scopre un nuovo modo di vedere se stesso e gli altri, e un nuovo modo di comunicare, che cambierà per sempre la vita di chi si troverà vicino a lui in quegli ultimi giorni aperti sull’infinito.Senz'altro non è un libro allegro,ma allo stesso tempo sa essere un ottimo spunto di riflessione.Una favola commovente e dolcissima.