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ADRAI, cioè avere identici lato "A" e lato "B"


Questa č roba da non sapere se incazzarsi o vergognarsi. Una cosa č certa: dentro la RAI ci sono migliaia di persone che vengono pagate una miseria e, per l'ADRAI, il problema č semplicemente il fatto che a personaggi tipo Bonolis non vengono dati abbastanza soldi. Allora mi permetto di ricordare che una delle cose che maggiormente contano č la capacitā e la professionalitā della forza-lavoro e che, da anni, un po' tutte le produzioni della Radiotelevisione Italiana funzionano in massima parte grazie al lavoro di precari, assunti con contratto a tempo determinato, pagati una miseria e per nove mesi l'anno. Altro che tetto, nel caso loro! E, se da parte di queste persone, c'č la paura che determinati personaggi "passino alla concorrenza", io direi che sarebbe proprio il caso di lasciarli andare. Vogliamo renderci conto che ci sono anche i telespettatori che si sono rotti i coglioni di "rimboccare le coperte ai gufi", nell'attesa che inizi un programma interessante su una rete del servizio pubblico? Mediaset vuole i Pupo, i Bonolis, gli Inzinna, i Carloconti e via banalizzando? Ma che se li prenda tutti! Dateci Dario Fo, Marco Paolini, Serena Dandini e Vergassola in prima serata! RAI: ADRAI, APPELLO DIRIGENTI CONTRO TETTO A COMPENSI''Il testo del Ddl finanziaria licenziato dalla Commissione Bilancio per l'esame dell'aula del Senato contiene, all'art. 91, una norma che se approvata porrebbe la Rai nell'impossibilita' di continuare a svolgere il servizio radiotelevisivo in condizioni competitive rispetto a tutti gli altri operatori televisivi''. Lo sottolinea Franco Di Loreto, presidente dell'Adrai, l'associazione dei dirigenti Rai.   ''La previsione di un tetto ai compensi che una azienda pubblica non quotata in Borsa come la Rai - aggiunge - puo' corrispondere ai protagonisti del mondo televisivo provocherebbe, dal 1mo gennaio prossimo, il loro passaggio in blocco sotto le bandiere della concorrenza. E' evidente infatti  che l'imposizione di un vincolo di questo tipo ai rapporti con le star, gli artisti, gli anchormen che caratterizzano il prodotto tv, avrebbe l'effetto di provocarne un impoverimento del tutto incompatibile con i valori in gioco nel mondo televisivo''.   ''Gia' oggi la Rai - continua il presidente Adrai - pratica compensi e tariffe sensibilmente piu' contenuti rispetto a quelli adottati non solo da Mediaset ma  in qualche caso anche dalla Sette e da Sky. In ogni caso i dirigenti Rai non possono non ribadire che la Rai e' innanzitutto tutto un'azienda che opera in un mercato fortemente competitivo ormai da anni e anni e che dopo il successo di Sky non e' piu' configurabile come un duopolio. Imporre dall'esterno vincoli cosi' drastici avrebbe l'effetto di paralizzare l'operativita' e l'intera produzione del servizio pubblico radiotelevisivo, con prevedibili effetti drammatici su tutto l'ampio settore dell'indotto''.  ''In definitiva  a giudizio dei dirigenti Rai si creerebbe una distorsione del mercato, - attraverso una norma di assai dubbia costituzionalita', oltre che, chiaramente in conflitto con lo Statuto dei lavoratori -  che recherebbe un vantaggio insperato ai concorrenti privati'', secondo Di Loreto. Aggiunge anche che ''per continuare a svolgere il  servizio pubblico, anche se non e'  quotata in Borsa, la Rai opera in condizioni del tutto  analoghe a Eni, a Enel, o a Finmeccanica, alle quali il nuovo vincolo non si applicherebbe. I dirigenti della Rai sono convinti che un simile effetto destabilizzante nei confronti dell'azienda pubblica e di fortissima depressione dell'intero sistema televisivo non corrisponda alle intenzioni di chi ha proposto l'emendamento all  art. 91 della legge finanziaria''.   ''I dirigenti della Rai rivolgono quindi un appello a eliminare una norma che avrebbe prevedibili conseguenze sulla produzione e quindi sull occupazione nel sistema radiotelevisivo, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa dell azienda. Su questi temi l'ADRAI ha chiesto un incontro urgente ai capi dei gruppi parlamentari del Senato e al Presidente della commissione parlamentare di vigilanza''.