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Mannaggia 'a morte...


Ogni tanto (e verrebbe voglia di aggiungere "purtroppo", perché non si è mai allegri quando qualcuno ci lascia) su queste pagine devo dare un estremo saluto. Oggi tocca al grandissimo Dino Risi. Un maestro del cinema italiano, autore di film indimenticabili, forse troppo sbrigativamente catalogato dai critici come uno dei padri, se non il padre assoluto, della commedia all'italiana. La cosa lo seccava un po', perché aveva fatto anche altro. Per me, prima ancora di sapere come si chiamava, quando ero piccolo, era soprattutto il regista del film che mi fece pensare al rapporto tra cinema e territorio, a quella sottile linea che unisce la strada, vera e reale, che percorriamo per recarci ogni giorno al lavoro, o per andare al mare, alla dimensione, sì immaginaria, ma magica al punto da sembrarci reale anch'essa, del racconto cinematografico. Avrò avuto cinque anni, quando sentii mia madre e mia nonna che parlavano di questo film: "Il sorpasso", un culto per moltissimi della mia generazione, o che hanno qualche anno di più di me. Non era, allora, il viaggio "on the road" lungo la via Aurelia, da Roma a Castiglioncello, a colpire il mio immaginario, né tantomeno le figure di Bruno Cortona (Vittorio Gassman), del timido Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant) o la malizia della sedicenne Catherine Spaak nei panni di Lilly Cortona, ma il precipitare della Lancia Aurelia oltre il parapetto, con la Torre di Calafuria sullo sfondo. Il cinema, per la prima volta, parlava di Livorno, dei "miei" luoghi. Probabilmente fu quella la scintilla che, anni dopo, dette fuoco alla mia voglia di occuparmi dei film girati nella mia città natale. Ripercorrendo la sua biografia, poi, ho scoperto che Risi era diventato regista quasi per caso, accettando, più per scherzo che per necessità, la proposta di fare da aiuto ad Alberto Lattuada nelle riprese di "Piccolo mondo antico". Mi piace pensare che la conclusione del "Sorpasso", girata proprio nello stesso luogo in cui fu ripresa la scena finale di "Senza pietà" (diretto da Lattuada una quindicina d'anni prima) sia una sorta di citazione-omaggio. Una Lancia Aurelia (anzi, era un peccato distruggere una macchina così, venne usata una vecchia Siata recuperata in qualche sfasciacarrozze) che precipita giù per quegli scogli dove era andato a schiantarsi un autocarro militare, triste fine della storia d'amore tra il sergente nero Jerry e l'italiana Angela... Stavo guardando "Profumo di donna", poco fa, su Raiuno, e ho colto al volo una battuta che mi era scappata fino ad oggi. A un colonnello, seduto a tavola a Napoli, Risi fa parlare del cuoco livornese della caserma dove si mangiava un baccalà ottimo. Non ho a portata di mano "Il buio e il mare" di Arpino, ma penso proprio che quella del cuoco livornese sia un'aggiunta di Risi, o di Maccari. E a Livorno, non so per quale motivo, Risi girò anche una scena della "Moglie del prete", quella ambientata nella scuola dove Mastroianni insegna. Era all'Istituto dei Salesiani, sul viale Risorgimento.E' triste quando un grande maestro del cinema se ne va. Aveva ragione lui, altro che commedia all'italiana...