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L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana di dieci passi. E allora a cosa serve l'utopia ? A questo: serve per continuare a camminare.

 

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ADESSO LA MIA MACCHINA È COSÌ

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LA MIA MACCHINA... FINO AL 26 GENNAIO 2007

immagineIn realtà, è una foto presa in rete, raffigurante una macchina dello stesso modello e colore. 
 

LA MACCHINA CHE AVEVO...

18 novembre 2004, un cretinetti alla guida di una Golf ci si è andato a schiantare contro, sfasciandola completamente. Per quanto potesse essere bella, era del 1992. L'assicurazione del deficiente mi ha risarcito con pochi spiccioli, quanto mi è bastato per prendere una vecchia Passat SW, sempre del 1992 (senza riscaldamento), con la quale mi sono mosso fino al 26 gennaio.immagineimmagine
 

IL MITICO ESORCISTA DI DANIELE CALURI

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« Esercito nelle città e p...

Acqua minerale o del rubinetto?

Post n°397 pubblicato il 07 Settembre 2008 da kleombroto

La voce ormai ha fatto il giro del mondo. In un grande magazzino londinese hanno messo in vendita delle bombolette con una strana etichetta: ARIA PURA DI MONTAGNA. «Respirate a pieni polmoni senza temere lo smog» recita uno slogan ad effetto. Vi pare assurdo acquistare dell'aria? Eppure è già successo con l'acqua. In quei contenitori di Pet, che faticosamente ci portiamo a casa, è racchiusa una ricchezza naturale, un bene comune, che arriva a costare oltre un euro al litro. Ce l'hanno data a bere per decenni, fino a convincerci che le bollicine fanno addirittura ringiovanire.

Qualcosa di analogo è accaduto anche ai nostri acquedotti, ormai controllati da società per azioni, sia pubbliche sia private, ma la sostanza non cambia. Sfruttando abilmente una legge del 1994 e del 2000, comuni e Province hanno ceduto le loro quote azionarie a un gestore unico, a un'azienda privata o addirittura a una multinazionale. Sono sicuro che molti di voi non hanno mai avuto sentore che qualcuno stava per svendere un bene comune a finanzieri senza scrupoli, mentre le bollette lievitavano per soddisfare gli obiettivi di bilancio dei venditori d'acqua.

Tra il 1997 e il 2003 gli acquedotti trasformati in società per azioni passano da 56 a 71. La corsa alla privatizzazione sembra inarrestabile e il servizio idrico è ormai un'industria come tante che produce utili e dividendi per grandi e piccoli azionisti. Gruppi stranieri come Suez, Veolia Water e Saur ma anche società italiane del livello di Italgas (Eni), Enel, Edison ed ex società pubbliche, le cosiddette vecchie municipalizzate della portata di Acea di Roma, Hera di Bologna, Amga di Genova o ex enti come l'Acquedotto Pugliese S.p.A. sono in gioco per accaparrarsi l'affare migliore. Apparentemente è una guerra di tutti contro tutti, in realtà prevale una sorta di cartello, le società «collaborano» e si spartiscono le risorse idriche del Paese.

Dodici gruppi dominano la scena del mercato dell'acqua in Italia, veri e propri colossi finanziari, quotati in Borsa, alimentati da miliardi di metri cubi d'acqua. Società che sfuggono al controllo democratico dei cittadini, che continuano a eleggere gli amministratori locali ma non hanno alcun potere diretto sui consigli d'amministrazione delle nuove aziende che offrono servizi essenziali che vanno dall'acqua all'energia, dai trasporti ai cimiteri. Aziende sempre più imponenti e con un grande potere anche sulla politica. In questo libro troverete il filo d'oro che lega acqua e denaro. Scoprirete chi va conquistando i nostri acquedotti, quanto ci è costato finora e quanto ancora dovremo sborsare per garantire i profitti dei signori dell'oro blu.

Insieme viaggeremo tra dighe incompiute, servizi idrici inefficienti o inaccessibili, come accade ad Agrigento o a Caltanissetta. Sullo sfondo c'è sempre il cartello dell'oro blu, un pugno di imprese che vorrebbe mettere le mani sulle risorse idriche del pianeta. Sveleremo i disegni di chi sta tentando di venderci l'idea che la sete nel mondo si può combattere grazie all'apporto delle multinazionali. Scopriremo i progetti che maturano nel Forum mondiale dell'acqua, dove ogni tre anni governanti e rappresentanti dei signori dell'acqua mettono a punto le loro strategie finanziarie, mentre 30.000 uomini, donne e bambini ogni giorno muoiono a causa della mancanza di acqua potabile e di servizi igienici. Uno scenario di sete e di morte che coinvolge 2 miliardi e 400.000 persone: sono i poveri del mondo che vivono nelle sterminate bidonville, dove non ci sono rubinetti né fontanelle e le fognature scorrono a cielo aperto.

Di fronte all'emergenza idrica che colpisce il pianeta, l'unica risposta possibile non può essere affidare gli acquedotti alle compagnie private. Ma quali soluzioni possono darsi alla grande sete senza dover essere costretti ad affidarsi agli strumenti del mercato e alla conseguente logica del profitto? La storia che raccontiamo dimostra che delle alternative esistono. All'inizio del Novecento, dopo l'ondata di privatizzazioni avvenuta nel XIX secolo, Gran Bretagna e Italia sottrassero gli acquedotti alle aziende private per restituirli ai comuni, dopo decenni di bollette esose che escludevano larghe fasce della popolazione ed epidemie causate dalla cattiva manutenzione. Oggi, dopo le vivaci proteste che qui raccontiamo per la prima volta, l'Italia sembra essere in mezzo al guado, stretta fra le multinazionali che premono per la liberalizzazione e un possibile quanto ambiguo ritorno alla gestione comunale. Mentre l'acqua del rubinetto diventa sempre più salata...

Tratto da "Acqua SpA: dall'oro nero all'oro blu" di Giuseppe Altamore, Mondadori Editore

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