La parola...

Anna


Questo racconto partecipa al gioco letterario “Come eravamo”Clic clac clic clac clic clac. Il rumore ritmico rimbomba quasi assordante nel silenzio della stanza. Una stanza arredata anni ’50: tavolo ovale con piano in marmo rosa, sedie a schienale alto con la struttura in legno e la seduta imbottita in stoffa damascata ancora ricoperta dal robusto cellophane trasparente; qualche quadro alle pareti; il buffet con lo specchio a destra di chi guarda dalla porta; il controbuffet a vetrina a sinistra. Di fronte, sotto la finestra, uno scrittoio in arte povera, una poltroncina in vilpelle rossa per sedersi allo scrittoio; a destra una lampada liberty e al centro dello scrittoio una Olivetti nera, di quelle coi tasti duri. Il clic clac viene dai tasti della Olivetti, pigiati con rapidità dal cavalier De Santis, seduto sulla poltroncina in vilpelle. Il cavalier De Santis, di mestiere ragioniere, ha sempre avuto una grande passione per la scrittura, e sulla sua Olivetti ha scritto storie, novelle, lettere. Piccola letteratura casalinga, nulla di famoso, pensieri da condividere con la Olivetti e con la sua signora. Anche stasera sta scrivendo qualcosa. Quasi alla ricerca di ispirazione, alza gli occhi, infila le mani nella sua giacca da camera a quadri e guarda fuori dalla finestra; è una serata di un tardo novembre, un novembre caldo e sereno, per niente autunnale. Dalla sua finestra si vede la torre dell'orologio, illuminata, che scandisce l'ora: sono le 19, 30. Gli occhi tornano in casa. A sinistra della Olivetti una cornice in argento, con la foto di una bella signora sorridente. Il cavalier De Santis la guarda e il mento gli trema, ma non è una cosa da uomo piangere, non da uomo della sua generazione, per cui riprende a scrivere con maggior impeto. Anna cara, sono 3 giorni che mi hai lasciato solo. I ragazzi sono tornati alle loro case, stasera, gliel'ho chiesto io, i loro figli li aspettano. Solo, qui, stasera, mi guardo intorno e sento ancora più forte la solitudine. Ancora di più mentre scrivo perché so che non avrò a chi far leggere queste parole. Eppure dentro di me, quando non mi vince il dolore, sento che non mi hai lasciato. Se mi guardo intorno trovo te, dappertutto. Nelle tazzine di porcellana messe nell'angolo del buffet, nei bicchieri di cristallo lucidissimi nella vetrina. Ci sei, sei qui tra le tue cose, eppure non riesco a sentirti. Come vorrei invece avere un segno che non mi hai lasciato s… Il cavaliere non riesce a concludere la parola, perché un tin tin gli ferma la mano: le tazzine e i bicchieri dietro di lui! Tintinnano! Si gira, il cavaliere, verso il buffet e il controbuffet ma tutto è fermo. Un'illusione…la troppa voglia di ritrovare Anna… il cavalier De Santis dà uno sguardo fuori dalla finestra: la torre dell'orologio dice 19,32. Scuote la testa, il cavaliere. Il mento trema di nuovo, forse per se stesso stavolta, per la sua stessa fragilità. Di nuovo guarda fuori verso il cielo  rabbuiato eppure stranamente luminoso, stasera ...le 19,33 alla torre... riprende a scrivere da dove si è interrotto. ..solo. Mi è sembrato perfino che stessi dietro di me, poco fa , che volessi offrirmi il solito caffè o il goccino di nocino fatto da te, e servito nei tuoi preziosi bic.... Tin tin tin tin tin tin…sempre più forte il tintinnio delle tazzine e dei bicchieri e la pesante Olivetti che improvvisamente scivola a sinistra verso la foto! Il cavaliere con un moto tra lo spaventato, l'incredulo e il felice si alza di scatto girandosi verso il buffet: ‘Anna!’ Fu l'ultima parola del cavalier De Santis. L'orologio della torre si fermò alle 19,34. Settimo grado della scala Richter, scrissero i giornali i giorni successivi. Era il 23 novembre 1980. Ad Avellino.